alessio lega
"dall'ultima galleria"

e poi dall'ultima galleria sembra mai più poter riaprirsi il sole
e quando luccica dal fondale sopra la rugginosa ferrovia
dalle budella della grande vedova diritto in faccia ad un muro alto
porta principe in un sussulto ti vomita addosso a genova...

io quando tornerò a genova per prima cosa col caffè di rito
nel piazzale della stazione, dal baracchino il passo addormentato
lo muoverò per riconquistare la dignità di me stesso al mondo
e il dovere di camminare a testa alta guardando il fondo

guardare in fondo, guardare il mare, guardare il punto fermo sull'abisso
vedere tutto tornare, urlare, fronte spezzata da un chiodo fisso
fronte spaccata, fronte diviso, fonte che annega al pozzo san patrizio
il mare rosso del nostro sangue plebeo che soffoca nel precipizio

quando ritorneremo a genova ritorneremo sopra la criniera
bianca dell'onda che si frange al frangiflutti che mangia la sera
e sfiora il senso del presente, della memoria che si schianta
quando genova ritornerà quella del giugno del sessanta

quando ritorneremo a genova, quando genova sarà tornata
quando torno, torno al nostro inverno la resistenza sarà dichiarata
quando in tutto quest'inferno ritroveremo i nostri sentimenti
verremo in braccio alla natura, verremo sopra i quattro elementi

chi siamo noi? ora siamo il mare, il mare nero che si scatena
che si rovescia sopra il porto, sopra al porco che lo avvelena
il mare più salato che ci avete fatto lacrimare
date un bacio ai vostri candelotti, giusto prima di affogare

chi siamo noi? ora siamo il vento che non potete più fare ostaggio
aria libera dai mulini, dalla catena di montaggio
il vento che ti spazzerà via, cancellerà l'orma dei tuoi passi
che schianterà muri e sbarre scatenandosi per marassi

chi siamo noi? ora siamo il fuoco che non avete mai domato
quello che brucia in fondo agli occhi di questo triste supermercato
quello che cortocircuita i fili dell'allarme e del divieto
mentre noi spargeremo sale sulle rovine di bolzaneto

chi siamo noi? ora siamo la notte, la luna persa dei disperati
dice il poeta: “quando cade un uomo si rialzano i mercati”
e per quest'uomo di eterna notte, per questa luce che se ne muore
aspettiamo che il sole sciolga il blocco nero che portiamo in cuore

e così torneremo a genova, così ritorneremo a genova
così libereremo genova, così saremo liberi a genova

quando ritornerò a genova dal baracchino del caffè di rito
l'antico samovar della tristezza che sta bollendomi dentro al fiato
questo dolore che mi ha tradito, l'enorme sagoma del lutto
il mio tormento che ho malcelato e queste lacrime che tengo stretto

e in una genova liberata, senza chiusura, senza sgomento
senza sott'occhio la via di fuga, senza furore, senza spavento
avrà senso cadere in ginocchio, alzare e prendersi le mani
piangere in piazza alimonda... pardon, in piazza carlo giuliani


questa canzone è un inno alla vita e un urlo contro chi ce la vuole negare. questa canzone parla di me, del mio amore per genova, del caffè che prendo ogni volta che arrivo al chiosco fuori dalla stazione di piazza principe, della lunghissima galleria che il treno attraversa prima di sbarcarci. questa è la mia canzone, e io alle 17:30 del 20 luglio 2001 ero a nemmeno -l’ho scoperto alcuni mesi dopo tornandoci- trecento metri da piazza alimonda. tutto questo è vivo, non me lo hanno ucciso né con la distanza né con i vili soldati.

alessio lega, settembre 2001




 

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