quello che ci spetta
[titolo originale: "in which crass voluntarily blow their own"]
tratto dalla presentazione di "best before 1984", tradotto e pubblicato su a/rivista anarchica n. 140, ottobre 1986


il sogno è finito: lo disse john lennon, lo dicono ora i crass. con la pubblicazione del loro ultimo disco ufficiale "best before 1984"
[da consumarsi preferibilmente entro il 1984] i crass hanno deciso di interrompere un'attività che dura da oltre sette anni. in questo scritto, intitolato "in which crass voluntarily blow their own" [quello che ci spetta] sono raccontate alcune tra le avventure e le disavventure di questa lunga vita in comune, che giorno dopo giorno li ha portati allo scioglimento.

quando nel 1976 il vomito punk schizzò per la prima volta sulle pagine dei giornali col messaggio "fatelo da soli", noi, che in diversi modi e per diversi anni non avevamo fatto nient'altro che quello, abbiamo creduto ingenuamente che i vari signori rotten, strummer e compagni intendessero lo stesso. finalmente non eravamo più soli. l'idea di divenire un gruppo musicale non ci era mai venuta seriamente: semplicemente, è successo. in pratica, chiunque era libero di unirsi al gruppo: le prove erano riunioni agitate che invariabilmente degradavano a poco più che festini di ubriachi. steve e penny iniziarono a scrivere canzoni e a suonare assieme nel primo '77, ma fu solo nell'estate di quell'anno che si riuscì a recuperare, a prendere in prestito o rubare un'attrezzatura tecnica sufficiente a poterci realmente definire un gruppo musicale, i crass. siamo riusciti in breve a mettere assieme un repertorio di cinque pezzi, e ci siamo avviati sulla strada della gloria e del successo armati dei nostri strumenti e di una grossa quantità di alcolici, allora davvero necessari per tirare avanti.

abbiamo partecipato ad un mucchio di concerti e manifestazioni, dimostrazioni caotiche di inadeguatezza ed indipendenza. siamo stati cacciati, boicottati, persino banditi dall'allora leggendario roxy club: ci dissero che volevano solo ragazzi a posto. pensavano che le chitarre ed i microfoni fossero solo degli stupidi giocattoli? fu così che ci si rese conto che i nostri colleghi punks, i vari pistols, clash etc. altro non erano che dei fantocci che si illudevano di derubare le grosse etichette discografiche, mentre in realtà era la gente ad essere derubata.
non aiutavano altri se non sé stessi, dando vita ad un'altra moda facile: portando una boccata d'ossigeno rivitalizzante alla king's road modaiola di londra, rivendicavano l'inizio di una rivoluzione. era la solita vecchia storia: eravamo ancora da soli.
una sera, tra i fumi dell'alcool, abbiamo deciso che la nostra missione sarebbe stata la creazione di una reale alternativa allo sfruttamento dell'industria musicale. volevamo riuscire a creare un qualche cosa che desse invece che togliere e, soprattutto, volevamo che durasse a lungo. troppe promesse venivano fatte dai palcoscenici dei concerti, per essere poi dimenticate per la strada. durante l'inverno lungo e solitario tra il 1977 e il '78 abbiamo suonato regolarmente al white lion di putney a londra con gli uk subs. il pubblico era costituito essenzialmente da noi quando suonavano i subs, e dai subs quando eravamo noi a suonare. qualche volta la situazione era scoraggiante, ma di solito ci si divertiva: l'entusiasmo inesauribile di charley harper era di conforto nei momenti tristi. la sua fiducia assoluta nel punk come musica popolare era assai più rivoluzionaria di quanto mclaren e soci avessero mai potuto immaginare. con la nostra testardaggine smascheravamo i ciarlatani punk per quello che erano: un trucco dell'industria musicale.
i nostri concerti continuavano ad essere selvaggi e caotici: avevamo ancora troppa paura per salire su un palco senza la pancia piena di alcool e generalmente si era in uno stato tale che non era raro ritrovarsi a suonare contemporaneamente canzoni diverse. nonostante il casino ci si divertiva enormemente. nessuno che venisse a seccarti con storie assurde sui tuoi stivali di cuoio, o che si lamentasse se mettevi latte nel tè. nessuno che volesse sapere come mai anarchia e pace potessero coesistere, nessuno che venisse a romperci i coglioni con lunghi monologhi su bakunin, che a quel tempo noi si immaginava fosse probabilmente una marca di vodka... le idee erano aperte: stavamo creando collettivamente la nostra vita.
erano anni gloriosi quelli, prima che le alternative libere che stavamo creando divenissero solo un mucchio di regole bigotte, prima che ciò che stavamo definendo come “il vero punk” si rivelasse soltanto uno squallido ghetto.

abbiamo partecipato persino ad un concerto organizzato da rock against racism, l'unico concerto per cui siamo stati pagati. quando abbiamo detto agli organizzatori che non volevamo i soldi, che li potevano tenere per la causa, ci è stato risposto che “quella era la causa”. non abbiamo mai più suonato per loro. e mentre i ciarlatani si dirigevano in massa negli stati uniti, a respirare un po' di quell'aria che a loro faceva così bene, il nostro isolamento ci rendeva più duri. fu così che abbiamo deciso di smetterla definitivamente con l'alcool e di prenderci più sul serio. abbiamo deciso di vestirci di nero per protestare contro il pavoneggiarsi narcisistico della moda punk, abbiamo iniziato a utilizzare video e filmati durante i nostri spettacoli, ci siamo dedicati alla stampa di volantini per spiegare le nostre posizioni e pubblicato un giornale, "international anthem" [inno internazionale].
è stato allora che abbiamo disegnato lo striscione che attacchiamo tuttora sul palco dietro di noi ai concerti. ci siamo posti infine l'obiettivo di tirare avanti a tutti i costi almeno sino alla fine dell'allora mitico 1984...

nell'estate del 1978 pete stennet, proprietario della compianta etichetta discografica small wonder, ascoltò uno dei nostri demotapes e gli piacque. prese contatto con noi: voleva pubblicare un singolo ma non riusciva a decidersi su quali pezzi utilizzare. abbiamo registrato allora tutte le canzoni che avevamo scritto sino ad allora, realizzando il primo singolo in assoluto che contenesse così tante canzoni. il titolo del disco era "the feeding of the 5,000" [doppio senso difficilmente traducibile: il riferimento è anche alla parabola della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ndt], perché cinquemila era il numero minimo delle copie che si potevano stampare. quattromilanovecento in più di quelle che pensavamo di riuscire a vendere...
adesso manca poco a che “the feeding of the 5,000” diventi disco d'oro, ma non pensiamo che questo evento avrà molta risonanza nella stampa musicale specializzata...
con il nostro repertorio al completo inciso su disco, confezionato in un'allora altamente innovativa copertina in bianco e nero, i giornalisti delle testate musicali furono in grado di dare inizio a quel fuoco continuo di stroncature ed attacchi che ci segue tuttora.

la stampa musicale detestò il nostro disco e soprattutto detestò noi, ma le recensioni disgustate provocarono un effetto contrario. non è esagerato dire che siamo stati uno dei gruppi musicali più importanti nella storia del rock inglese: sebbene la nostra influenza a livello musicale sia stata minima, l'impatto che abbiamo avuto su di un vasto strato sociale è stato enorme. fin dall'inizio i mass media hanno fatto di tutto per ignorarci, e solo quando si sono dovuti arrendere all'evidenza sono stati costretti a darci, pur se riluttanti, un po' di credito.
è tutto molto semplice: se non stai al loro gioco, che è lo sfruttamento commerciale, non accetteranno il tuo. l'industria musicale non solo compera i gruppi, ma paga anche la stampa: i truffatori sono molto più diffusi e potenti di quanto possiamo immaginare. comunque, visto che costituivamo una minaccia al suo controllo, fu il nemico a compiere il primo passo verso di noi. il signor padrone tentò di comprarci con del vino scadente ed un'offerta di cinquantamila sterline se ci fossimo uniti al pacchetto di gruppi capitanato da jimmy pursey [chitarrista e cantante del gruppo punk sham 69, esplicitamente impegnato a sinistra, ndt]. ci tenne in modo particolare ad informarci che la sua agenzia era in grado di commercializzare il rock rivoluzionario, e sottolineò che non ce l'avremmo mai fatta a sfondare senza il suo aiuto. questa fu la prima di molte offerte che abbiamo sempre respinto. non ce ne siamo mai pentiti e, guarda caso, non abbiamo mai più sentito parlare di jimmy pursey...

quando, nella primavera del 1979, siamo riusciti a pubblicare "the feeding of the 5,000" il primo brano della prima facciata era stato sostituito da silenzio sotto il titolo di "the sound of free speech" [il suono della libertà di parola]. allo stabilimento dove veniva stampato il disco avevano deciso che “asylum” [asilo], primo brano della prima facciata, era troppo blasfemo per i loro, e quindi vostri, gusti. ecco la vera faccia della censura nel cosiddetto mondo libero!
siamo riusciti comunque a trovare, dopo qualche tempo, uno stabilimento disposto a stampare “asylum”: abbiamo registrato nuovamente il pezzo e lo abbiamo pubblicato assieme a “shaved women” [donne rasate] stampando in casa le copertine ed imponendo un prezzo di vendita irrisorio, 45 pence. è stato così che ci siamo subito e completamente rovinati la vita...
appena pubblicato, “asylum” ci procurò dei grossi problemi. alcune denunce per blasfemia ed oscenità portarono ad ispezioni della polizia nei negozi di dischi di tutto il paese, e a una visita a casa nostra di alcuni agenti della buoncostume di scotland yard [la precedente denuncia per blasfemia intentata in inghilterra, la prima nel secolo scorso, venne scatenata nel 1977 dalla pubblicazione della poesia “l'amore che osa pronunciare il suo nome” di james kirkup sulla rivista quindicinale gay news; il testo della poesia, scampato alla distruzione, venne diffuso dal living theatre, ndt].

dopo un pomeriggio piacevole trascorso bevendo tè in compagnia dei guardiani della morale pubblica, la minaccia di un processo è rimasta a pesare sulle nostre teste per quasi un anno. alla fine siamo stati scagionati dalle accuse, ma ci avvisarono che, nonostante fossimo formalmente “liberi”, sarebbe stato assai meglio per noi se non avessimo mai più ritentata una simile avventura. la natura stessa della nostra “libertà” ci ha invece imposto di andare avanti: si è messa in moto così quella continua serie di vessazioni da parte della polizia nei nostri confronti che dura a tutt'oggi.
è stato all'incirca in quel periodo che per la prima ed unica volta sono state trasmesse delle nostre canzoni alla radio nazionale da john peel. da allora, la nostra reputazione di bestemmiatori ed eretici ci ha precluso qualsiasi spazio nelle trasmissioni radiotelevisive inglesi: siamo finiti nella lista nera della bbc. sembra infatti che dissentire pubblicamente su un argomento come la guerra nelle falklands sia un fatto assolutamente inaccettabile da un pubblico che intasava il centralino della bbc con telefonate di protesta.

per smentire pubblicamente le voci messe in giro dalla stampa, secondo cui a seconda delle occasioni non eravamo che dei fanatici estremisti di destra oppure di sinistra, abbiamo deciso di attaccare sul palco dei concerti, di fianco al nostro striscione, una bandiera con il simbolo dell'anarchia. a quel tempo, l'a cerchiata era un simbolo raramente visto al di fuori di una ristretta cerchia di persone interessate ad una letteratura anarchica ben precisa e generalmente noiosa: di lì a pochi mesi l'a cerchiata era dappertutto, giubbotti, distintivi, muri di tutta la nazione. in pochi anni, quel simbolo si è diffuso in tutto il mondo. johnny rotten potrà anche aver dichiarato di essere un anarchico, ma siamo stati noi quelli che da soli sono riusciti a fare dell'anarchia un movimento popolare di milioni di persone [il riferimento è alla prima strofa di “anarchy in the uk” dei sex pistols: "sono un anticristo / sono un anarchico", ndt].
in quel periodo, essendoci resi conto che il cnd [campaign for nuclear desarmament, comitato per il disarmo nucleare, ndt] esisteva ancora, sebbene in maniera frustrata e sotterranea, abbiamo deciso di sostenere la sua causa, cosa che il cnd allora era incapace di fare da solo. da allora, nonostante la derisione della stampa, ai nostri concerti abbiamo sempre appeso la bandiera pacifista. il nostro sforzo lentamente riportò il cnd in vita: abbiamo fatto conoscere l'associazione a quelle migliaia di persone che in seguito divennero la spina dorsale della sua nuova esistenza.
un settore sociale nuovo e sino a quel momento disinformato veniva così a contatto con una forma di pensiero radicale, un incontro che ha raggiunto il culmine nelle grandi manifestazioni popolari, marce per la pace e raduni che continuano tuttora. per tutto questo, l'effetto reale del nostro lavoro non dev'essere ricercato all'interno degli stretti confini del rock'n'roll, ma nelle menti rese consapevoli di migliaia di persone in tutto il mondo. dai cancelli di greenham al muro di berlino, dalle manifestazioni di stop the city ai concerti clandestini in polonia: ecco dove la nostra miscela così particolare di anarchia e pacifismo, divenuta quasi un sinonimo di punk, si è fatta conoscere.

sin dall'inizio, dal 1977, ci siamo costantemente impegnati in una guerra di graffiti sui muri del centro di londra. i nostri messaggi, da “fight war, not wars” [contro la guerra, contro le guerre] a ”stuff your sexist shit” [affanculo la tua merda sessista] sono stati i primi del genere a comparire in inghilterra, ed hanno ispirato un più vasto movimento che purtroppo è stato nei tempi più recenti messo in ombra dagli artisti hip hop, che poco hanno fatto se non confermare la natura insidiosa della cultura americana.
per celebrare il nostro successo con le bombolette spray, abbiamo deciso di intitolare il nostro secondo disco “stations of the crass” [letteralmente “le stazioni dei crass”, è un gioco di parole con “stations of the cross”, le stazioni della croce nella via crucis, ndt]. in copertina, le foto di alcuni nostri graffiti sui muri di una stazione della metropolitana londinese. "stations of the crass" è stato il primo album ad avere una copertina che si apre a manifesto. alla prima edizione era allegato anche una toppa stampata in casa.

a quel tempo, pete della small wonder cominciava già a risentire negativamente delle continue attenzioni che la polizia dedicava al suo negozio di dischi per causa nostra, quindi abbiamo cercato del denaro in prestito per pubblicare “stations of the crass” per nostro conto. il disco ottenne un successo di vendita così immediato che dopo brevissimo tempo siamo stati in grado di restituire il prestito e di pagare la piegatura delle copertine in tipografia invece che farlo noi a mano in casa.
"stations of the crass" continuava a vendere bene, e presto abbiamo preso in considerazione l'idea di pubblicare anche del materiale di altri gruppi: nacque così la crass records. il debutto fu un singolo degli zounds, il primo di oltre cento gruppi che abbiamo presentato a un pubblico che neanche lontanamente sospettava della loro esistenza.
nella primavera del 1980 abbiamo partecipato ad una serie di concerti a sostegno del fondo per la difesa di alcuni anarchici detenuti, definiti paradossalmente “persons unknown” [sconosciuti]. al loro rilascio c'è stato chiesto se ci fosse interessato contribuire alla creazione di un centro anarchico. abbiamo registrato così “bloody revolutions” [rivoluzioni sanguinarie], con “persons unknown” dei poison girls sul retro, e con gli incassi della vendita del disco abbiamo finanziato l'apertura di questo centro. per oltre un anno si trascinò una coesistenza difficile ed infelice tra gli anarchici della vecchia scuola e gli anarcopunks. si giunse al punto in cui l'attrito ideologico si fece insopportabile, ed il centro chiuse [ci si riferisce all'autonomy club di wapping, a londra. il centro anarchico, oltre che per le reali difficoltà di co-gestione, chiuse per mancanza di fondi quando il proprietario riuscì a vietare l'organizzazione di concerti nel locale: dal momento che tali iniziative costituivano l'unica fonte di introito, gli anarchici riuscirono solo per breve tempo a pagare l'affitto organizzando delle collette, ndt].
la relativa facilità con cui eravamo stati in grado di raccogliere dei fondi per il centro anarchico ci fece capire il nostro potere non solo di dare vita a nuove idee, ma anche di riuscire in qualche modo a realizzarle. veniva davvero molta gente ai nostri concerti, quindi il modo migliore di sfruttare la situazione fu il decidere che da allora in poi avremmo sempre suonato in manifestazioni a sostegno di qualcosa. in tutti gli anni della nostra attività siamo riusciti a raccogliere fondi per una grande quantità di cause differenti.

era giunto il momento di sferrare un attacco femminista. sapevamo di essere considerati un gruppo diverso da tutti gli altri, ma sentivamo anche che la componente femminile al nostro interno veniva messa in secondo piano. la stampa musicale accolse la pubblicazione di "penis envy" [l'invidia del pene] con recensioni clamorose e contraddittorie.
un giornale dichiarò addirittura che si trattava di "un disco fatto dalle uniche femministe fisicamente attraenti" e che nelle canzoni si parlava “di scelte anziché di frustrazioni”. cosa fare con quei maschietti? dalle reazioni di molti nostri fans emersero pregiudizi simili, anche se sotto punti di vista completamente diversi. alcuni volevano sapere come mai nel disco ci fossero delle registrazioni con il canto degli uccelli. ci trovavamo nel mezzo di posizioni contrastanti, e tutte comunque lontane dalle nostre.
l'ultimo brano di "penis envy", intitolato "our wedding" [il nostro matrimonio], una satira sul sentimentalismo squallido dei rotocalchi sentimentali popolari, venne proposto a loving, una rivista specializzata nello sfruttamento della solitudine giovanile, dalla creative recording and sound services. loving lo offrì fieramente alle proprie lettrici come un must per il felice giorno del matrimonio. non appena scoperto l'inganno l'intera fleet street venne scossa, e molte furono le teste che caddero alla redazione di loving...

la pubblicazione di "penis envy" confermò un sospetto che avevamo da tempo. ad una settimana dall'uscita nei negozi, il nostro disco si era piazzato al quindicesimo posto nelle classifiche di vendita. la settimana successiva, invece, del disco nessuna traccia. lo stesso era successo anche con "nagasaki nightmare" [l'incubo di nagasaki]. è chiaro che è impossibile raggiungere in pochi giorni una posizione così elevata per poi scomparire la settimana successiva: è altrettanto ovvio che se le compagnie discografiche sono in grado di pagare per far entrare i loro dischi nella hit parade, possono benissimo pagare per tenere i nostri dischi fuori dalle classifiche ufficiali...
sapevamo di non essere graditi alla emi: agli addetti dei loro uffici stampa era stato formalmente proibito qualsiasi contatto con "gente del nostro giro", così come i loro negozi hmv non accettarono mai il nostro materiale in vendita, ad eccezione di un poster. quali loschi intrighi si preparavano alle nostre spalle?

da tempo tenevamo regolarmente concerti su e giù per l'intero paese, andando in posti dove nessun altro gruppo aveva mai suonato prima: circoli di quartiere, tendoni, centri sociali, qualsiasi posto che non fossero clubs privati, discoteche o locali del circuito universitario. centinaia di persone sarebbero state disposte a seguirci in capo al mondo durante i nostri tours, per celebrare assieme il nostro senso di libertà. abbiamo condiviso la nostra musica, film, letteratura, conversazioni, cibo e tè. ovunque siamo andati abbiamo sempre trovato facce sorridenti, persone disposte a creare delle alternative al grigiore generale. non è sempre stato facile, però: c'è sempre stato qualcuno che voleva distruggere ciò che avevamo creato. abbiamo tentato di partecipare allo stonehenge festival ma siamo stati picchiati da una banda di motociclisti. alcuni nostri concerti sono stati oggetto di incursione del national front e del socialist workers party, siamo stati accolti dal r. u. c. a belfast, picchiati dal british movement al reading festival e dai red brigades a londra. molti problemi, che però non hanno mai controbilanciato la nostra gioia.
durante il 1981 abbiamo registrato "christ – the album" [cristo – il disco], che abbiamo poi pubblicato nell'estate del 1982. stavolta, però, la nostra gioia venne annientata da una grande tragedia: la gran bretagna andava alla guerra. delle stupidaggini avvenute in un'isola chiamata south georgia, un posto di cui nessuno aveva mai sentito parlare e che stava dall'altra parte del mondo, portarono a gravi scontri in un gruppo di isole chiamate falklands, un posto altrettanto sconosciuto e lontano. il primo spillo era stato conficcato nel pallone anarcopacifista, uno spillo che di lì a pochi mesi avrebbe provocato il suo scoppio.
mentre centinaia di ragazzi morivano, le nostre canzoni, proteste e dimostrazioni, i nostri volantini, parole e idee immediatamente sembrava avessero perso significato. in realtà, noi sapevamo che quanto potevamo offrire aveva un suo valore, ma in quel momento tutto sembrava stupido, inutile. la thatcher aveva voluto la guerra per propagandare la sua immagine e quella del suo partito alle successive elezioni: se lei aveva deciso per la guerra, guerra sarebbe stata, con il triste girotondo di missili e uomini politici che ne sarebbe seguito.

a rischio di essere considerati pubblicamente per i "traditori" che siamo, per vie traverse riuscimmo a pubblicare in pochi giorni un disco contenente una canzone contro la guerra delle falklands [si tratta del flexi-disc "sheepfarming in the falklands" (novembre 1982), stampato in francia ed importato in inghilterra aggirando i controlli doganali, che venne diffuso gratuitamente ed in maniera anonima (è in vinile trasparente e non presenta alcuna scritta) in centinaia di migliaia di copie, ndt].
la reazione fu immediata: la stampa ci definì puntualmente dei "traditori della patria". ricevemmo addirittura un ammonimento ufficiale da parte della camera dei comuni… dovevamo "badare a quanto stavamo facendo". le proteste contro la guerra erano virtualmente inesistenti: qualsiasi dissenso veniva zittito. quando la situazione era ormai compromessa, il movimento pacifista fu ben felice di mettersi a gridare basta alla guerra: la guerra adesso c'era per davvero. il silenzio faceva male. fu solo alla fine della guerra, quando pubblicammo il nostro disco "how does it feel to be the mother of one thousand dead?" [cosa si prova ad essere madre di mille morti?] che la situazione per noi precipitò.
la thatcher venne coinvolta in un'interpellanza alla camera dei comuni dove le vennero formalmente richieste spiegazioni sul contenuto del disco: a questo punto era inevitabile che lei e il suo partito volessero farcela pagare ad ogni costo. all'avvocato conservatore tim eggar venne affidato l'infelice compito di portare avanti la conseguente denuncia a nostro carico, ma da subito le cose per lui si misero male: il caso gli scoppiò tra le mani quando lo screditammo in diretta radiofonica di fronte agli ascoltatori durante un dibattito dal quale uscì come un perfetto idiota. i conservatori fecero immediatamente retro front dopo la sua misera figura, addirittura venne fatta circolare una nota interna nella quale venne ordinato ai membri del partito di ignorare qualsiasi provocazione da parte nostra.
subito dopo iniziammo a ricevere dei messaggi di solidarietà da parte dei membri dell'opposizione parlamentare. forse non eravamo più soli. ma cosa ci stava succedendo? ci trovavamo al centro di un'arena strana e terrorizzante. avevamo voluto rendere pubbliche le nostre idee, avevamo voluto confrontarle e discuterle, ma in quel preciso istante le nostre idee venivano esaminate, analizzate, vivisezionate da quelle ombre scure che vivono nei corridoi del potere. eggar ci aveva involontariamente procurato un sacco di pubblicità e la stampa aveva abboccato all'amo, in special modo quei giornali che si erano particolarmente distinti per l'assoluta mancanza di contributi all'informazione sulla guerra. era come se, andando a pesca di pesciolini, fossimo riusciti a catturare una balena. eravamo indecisi se lasciar perdere o andare avanti, magari in cerca di guai, fino a quando non fossimo stati stremati dallo sforzo.
era proprio questo che volevamo. la velocità con cui la guerra nelle falklands era esplosa ed il disastro causato dalla thatcher sia in inghilterra che all'estero ci hanno costretto ad agire più in fretta di quanto fosse stato necessario nel passato. per mettere a punto “christ – the album” c'era voluto così tanto tempo che alcune delle canzoni in esso contenute ispirate a rivolte popolari, agitazioni sociali e alla guerra erano divenute ormai sorpassate: brixton, toxteth, bristol e le falklands erano già in fiamme quando riuscimmo a pubblicare il disco.

alla fine del 1982, convinti che il movimento avesse bisogno di un sostegno morale, abbiamo organizzato un concerto in una discoteca occupata, il primo dopo decenni, all'adesso defunto zig zag club di londra [gli anarcopunks occuparono il rainbow theatre, allora sfitto, per organizzare un grande concerto gratuito contro la guerra, ma la polizia presto irruppe nel teatro e li cacciò via con la forza. venne occupata quindi una discoteca del centro, lo zig zag club, anch'essa allora sfitta. la polizia tentò nuovamente lo sgombero ma venne respinta da centinaia di ragazze e ragazzi seduti e stesi per terra sulla strada davanti al club. sul palco si alternarono the faction, omega tribe, sleeping dogs, lack of knowledge, the apostles, amebix, null and void, soldiers of fortune, the mob, poison girls, conflict, flux of pink indians e dirt, ndt]. con cibo gratis e birra rubata abbiamo celebrato ancora la nostra indipendenza, stavolta assieme a tanti gruppi musicali, il meglio di quello che si poteva davvero chiamare punk. insieme abbiamo dato vita ad un'esplosione di energia durata ventiquattr'ore che ha ispirato decine e decine di eventi simili in tutto il mondo. avevamo imparato la lezione: lo slogan “fatelo da soli” non è mai stato così vero e reale come quel giorno.
sotto molti aspetti la manifestazione allo zig zag club occupato portò al rafforzamento delle nostre idee e delle nostre posizioni: la nostra missione era compiuta, ma di lavoro da fare ce n'era ancora molto. abbiamo deciso quindi di affrontare ancora una volta la balena, preparando un attacco in grande stile alla thatcher e ai suoi alleati di governo.

la corsa alle elezioni del 1983 era già cominciata, e l'opposizione laburista non era certo rimasta ferma nel frattempo: con uno schifoso dietrofront sulle sue posizioni antinucleari, il partito laburista mandò in pezzi il movimento pacifista. l'album "yes sir, i will" [sissignore] è stata la nostra prima risposta strategica: si trattava di un urlo infuocato diretto ai potenti e a tutti coloro che accettano la loro autorità. il messaggio di “yes sir, i will” è chiaro e forte: non esiste alcuna autorità al di fuori di noi stessi.
mentre la nostra posizione politica si veniva progressivamente a delineare, improvvisamente abbiamo avvertito il bisogno di definire le nostre motivazioni in maniera più chiara di quanto avessimo fatto prima. i cosa, i come ed i sé della nostra rabbia avevano bisogno di una spiegazione, così come la nostra idea di “individualismo”. spesso eravamo stati accusati di fare della propaganda facile e spicciola: era giunto il momento di uscire allo scoperto. alcuni membri del gruppo hanno realizzato “acts of love” [atti d'amore], una raccolta di cinquanta poesie che costituisce un tentativo di dimostrare che l'origine della nostra rabbia è l'amore e non l'odio, e che la nostra idea di individualismo, più che da un certo egocentrismo sociale bigotto, deriva da una nostra filosofia dell'essere.

l'ambiguità dei nostri atteggiamenti cominciava a darci fastidio: era davvero possibile una rivoluzione senza spargimento di sangue? eravamo davvero realisti, o stavamo per essere distrutti dalle nostre stesse contraddizioni? è stato allora che abbiamo spedito quello che divenne il famoso nastro del caso “thatchergate” alla stampa di tutto il mondo. si trattava di una registrazione veramente ben realizzata, studiata in forma di conversazione telefonica fra reagan e la thatcher, durante la quale veniva ammessa la sua diretta responsabilità nell'affondamento dell'incrociatore argentino belgrano e sulla conseguente rappresaglia, il bombardamento della sheffield da parte dell'invincible, notizie sulle quali la thatcher aveva imposto l'assoluto silenzio stampa. e, visto che c'eravamo, abbiamo inserito nel colloquio una dichiarazione di reagan nella quale veniva presa in considerazione l'idea di un conflitto nucleare in europa nel caso fosse stata messa in pericolo la sicurezza negli stati uniti, un'ipotesi del resto non così assurda.
tutta la faccenda restò sotto silenzio per circa un anno, prima che il nastro facesse la sua comparsa in un ufficio del dipartimento di stato americano a washington. le smentite ufficiali che seguirono ci dimostrarono che il metodo che avevamo utilizzato per screditare reagan e la thatcher non era poi così diverso da quelli utilizzati dai vari servizi segreti. come mai una registrazione evidentemente contraffatta veniva presa in così seria considerazione? il dito accusatore veniva logicamente puntato sul cremlino: parecchi giornali negli stati uniti, ed il sunday times in inghilterra, riferirono ampiamente della faccenda come di un intrigo spionistico del kgb... era quella la prima volta che la stampa collegava in qualche modo la thatcher all'affondamento della belgrano.
ci sentivamo euforici, ma anche un po' impauriti: dovevamo confessare l'inganno, o aspettare ancora? la nostra indecisione venne risolta improvvisamente, allorchè un giornalista dell'observer ci contattò in relazione a “un certo nastro” su cui voleva delle informazioni. all'inizio abbiamo negato tutto, poi abbiamo deciso di riconoscere pubblicamente la responsabilità del fatto. eravamo stati davvero molto attenti nella produzione e nella distribuzione di quel nastro, proprio perché volevamo essere sicuri che nessuno venisse a sapere che era opera nostra. come il giornalista dell'observer sia venuto a sapere di noi è tuttora un mistero. fu comunque un avvertimento serio: anche i muri avevano gli orecchi... quanto era conosciuto della nostra attività? dai giorni dei graffiti del ‘77 eravamo costantemente coinvolti in attività più o meno sovversive: dalle scritte con lo spray al taglio di reticolati, sabotaggi ed altre imprese simili più o meno clamorose. se ci fossimo scoperti con la faccenda del nastro tutte le altre storie sarebbero venute a galla. ci eravamo esposti ad un grave rischio.
il telefono cominciò a squillare. i giornali di mezzo mondo si interessavano a noi, a come mai un gruppo di punks si fosse preso gioco del dipartimento di stato americano: chissà cos'altro avevamo fatto... in tutti gli anni precedenti il nostro gruppo non aveva mai concentrato su di sé una tale attenzione. il telefono squillava in continuazione. abbiamo concesso interviste ad un sacco di gente: improvvisamente eravamo in prima pagina. siamo stati ripresi da una rete televisiva americana mentre venivamo intervistati dall'agenzia di stampa sovietica. abbiamo tenuto conferenze stampa televisive in diretta negli stati uniti, e radiofoniche in inghilterra e in giappone, dando sempre le nostre opinioni da un punto di vista anarchico.
avevamo raggiunto una specie di potere politico, una nostra voce, eravamo trattati con una certa considerazione e con rispetto. ma era davvero questo ciò che volevamo? era davvero questo ciò per cui ci eravamo messi insieme tanto tempo prima? dopo sette anni di attività eravamo diventati proprio quello che all'inizio volevamo combattere. avevamo trovato sì una solida base per le nostre idee, ma qualcosa di quelle stesse idee si era come perso per la strada. dove una volta eravamo generosi ed aperti, ora eravamo cinici e chiusi. le nostre attività erano sempre state caratterizzate da un certo ottimismo, dall'allegria: ci eravamo progressivamente spinti verso la tristezza, verso una specie di cattiva militanza. eravamo divenuti amari proprio dove una volta eravamo gioiosi, pessimisti quando era l'ottimismo la nostra causa. in quei sette anni siamo stati costantemente oggetto delle attenzioni più o meno continue dello stato. ora eravamo di nuovo nel centro del mirino.

era arrivato il 1984, in maniera ancora peggiore di quella profetizzata da orwell: disoccupazione, sfratti, povertà, fame. lo stato di polizia era divenuto una realtà: se ne sarebbero accorti ben presto i minatori in sciopero. la “morte accidentale” provocata dalla polizia, trasformata ormai in esercito personale della thatcher, era divenuta un fatto normale accettato da tutti. l'equilibrio di un'intera società era appeso al filo sottile di una dittatura egoista e malvagia. la nostra situazione non era delle migliori. siamo stati trascinati in tribunale ancora una volta per una denuncia per oscenità, un processo che ci ha quasi distrutto: "abbiamo i mezzi per non farvi più parlare" – ci hanno detto [vedi nota a fine pagina, ndt].
durante l'estate di quell'anno si è tenuto il nostro ultimo concerto, una serata agitatissima a sostegno dei minatori del galles del sud in sciopero. sul palco avevamo dichiarato ancora una volta la nostra ferma intenzione di continuare a combattere per la libertà ma, nel ritornare a casa, quella sera, ci si rese conto che non potevamo più andare avanti così. il cammino che avevamo intrapreso sembrava giunto a un punto morto. avevamo bisogno di nuove strade per raggiungere i nostri obiettivi.

alcune settimane dopo quel concerto hari nana decise di lasciare il nostro gruppo per cercare la sua strada da solo. da quel giorno non abbiamo più avuto voglia di suonare. non eravamo più convinti che questo avesse un senso, visto che i nostri concerti erano diventati praticamente un'occasione di trattenimento qualsiasi. eravamo giunti a un punto vicino al nostro obiettivo, e se non ce l'avevamo fatta non era sinceramente perché non ci si era impegnati abbastanza. non c'è alcuna autorità all'infuori di noi stessi, avevamo detto. eppure, avevamo in qualche modo perso il senso di “noi stessi” divenendo “i crass”. siamo costantemente impegnati in un processo spesso doloroso di ridefinizione continua del nostro essere, del comprenderci gli uni gli altri, del curare le lesioni volontarie procurate da questo nostro impatto con la “vita pubblica”. usando una frase di john lennon, "il sogno è finito".
il movimento, da class war ai christians for peace, ha bisogno di riconquistare quella dignità perduta nel processo di discussione di problemi che sembrano creati dagli “altri”. il nostro errore è stato quello di aver definito un “nemico”: certamente esistono quelli che ostacolano il cammino verso la libertà, ma il vero nemico da cercare è dentro di noi. non ci sono i “noi” e i “loro”: ci siamo tu ed io. dobbiamo rafforzarci, rimetterci in sesto rifiutando ciò che palesemente non funziona, essendo disposti ad accettare e fare nostre idee costruttive ed atteggiamenti positivi. dobbiamo trovare un'individualità che possa realmente essere l'autorità che è. dobbiamo riuscire a guardare oltre i reticolati e gli sbarramenti della polizia, in cerca di una visione della vita che sia realmente una nostra scelta, e non un'imposizione di cinici e despoti. come un karateka si concentra non sul mattone da spezzare ma sullo spazio attorno ad esso: da questo esempio abbiamo molto da imparare. abbiamo sprecato troppo tempo, troppa energia, troppo del nostro spirito tentando di scacciare le ombre maligne della violenza e del terrore dell'era atomica dal nostro cielo. è ora di uscire fuori, alla luce. siamo terrorizzati, intrappolati dentro a metaforici cancelli: “bussate e vi sarà aperto, il regno dei cieli è dentro di voi”. sappiamo già abbastanza dei mali del mondo per aggiungere alla lista tutte le nostre ansie e frustrazioni, la nostra stanchezza fisica e mentale. se vogliamo ancora raggiungere i nostri obiettivi comuni dobbiamo essere tutti abbastanza forti per riuscire. tutti abbiamo sbagliato, tutti abbiamo avuto ragione.

queste parole non sono dette con la coda tra le gambe. sono un inizio fiero, anche se doloroso e confuso. con amore, pace e libertà, da quelli che erano i crass, e che adesso sono qualcosa di meglio.

sebbene non abbiamo più l'intenzione di fare dei concerti come gruppo, noi tutti continuiamo a lavorare in questo senso oltre che iniziare nuove attività in altri settori. dalla fine dell'estate del 1984 ci stiamo occupando della registrazione di "ten notes on a summer's day" [dieci note in un giorno d'estate], che riteniamo la nostra ultima uscita discografica ufficiale. è possibile che nel futuro si decida di pubblicare dell'altro materiale come crass, nel caso la situazione lo richieda. ciascuno di noi ora va per la propria strada: chi fa il produttore discografico e chi dipinge paesaggi, chi realizza filmati e chi si sta rimettendo in salute. continueremo a pubblicare materiale di altri gruppi sulla nostra etichetta discografica, e siamo seriamente intenzionati a iniziare l'attività di una casa editrice di libri. finché ci sarà del lavoro da fare, faremo di tutto per portarlo avanti. durante lo scorso anno mick ha continuato ad occuparsi di film e video, ed ha raccolto tutto il materiale mostrato nei nostri spettacoli nel videofilm “christ – the movie” [cristo – il film].
desideriamo infine ringraziare tutti i gruppi e le persone coi quali abbiamo condiviso questi anni di attività, in particolare modo annie anxiety, poison girls, dirt e flux of pink indians, assieme ai quali abbiamo tenuto moltissimi concerti. grazie anche a paul, a ian e agli altri tecnici del tandy's sound system. grazie a steve herman per il suo aiuto.
ci spiace per quelli che stanno ancora aspettando una risposta alle loro lettere: ci rendiamo conto che non saremo mai in grado di rispondere alle migliaia di lettere che ci sono arrivate negli ultimi mesi. se la vostra è in mezzo a queste, ci spiace davvero.

nota / in seguito alla denuncia sporta dai genitori di un minorenne di norwich, cheshire, ai primi di settembre del 1984 la polizia effettuò una perquisizione in un negozio di dischi della cittadina, spectrum records, sequestrando tutte le copie presenti in negozio e in magazzino di 17 dischi editi dalle etichette indipendenti alternative tentacles e crass records, poichè tali materiali erano ritenuti "contrari alla pubblica decenza". dopo un primo esame delle copertine e dei testi (l'attenzione della polizia si soffermò sulla parola "fuck"), venne disposto il sequestro su tutto il territorio nazionale di otto dischi pubblicati dalla crass records. seguì un processo per direttissima per "commercio di materiale pornografico e osceno" contro il proprietario del negozio, che si concluse con la sua condanna e con la conferma delle disposizioni per il sequestro dei dischi. ricorsi in appello, i crass ottennero la revisione del processo nel gennaio del 1985 (nel frattempo i distributori avevano sospeso i contratti e congelato le scorte). dichiarando che si tratta comunque di "materiali volgari e contenenti parole offensive", il giudice robin david prosciolse sette degli otto dischi dalle accuse di oscenità, mantenendo però inalterato il giudizio negativo per il disco "penis envy" dei crass, ai quali non venne neppure concesso un risarcimento per la perdita economica subita poiché ritenuti "un'associazione che opera al limite estremo della legalità". come per la pubblicistica pornografica, tuttora “penis envy” deve essere commercializzato sigillato così da impedirne al pubblico l'accesso all'interno della copertina.
 

  
1984, sciopero dei minatori: uno striscione ...intruso alla royal festival hall di londra

 


 

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