iniziative discografiche a sostegno di a/rivista anarchica

 

"les mystéres des voix vulgaires #1" lp mc cd (1990)


un avvertimento.
attenzione. questa raccolta non è destinata alla normale vendita: è un'iniziativa a sostegno del mensile anarchico e pacifista a/rivista anarchica. questa scritta, peraltro l'unica, riportata sulla copertina di ogni confezione è nelle intenzioni molto più di un semplice avvertimento ai consumatori. lo stesso, ha un significato (soprattutto politico e polemico) molto preciso il non aver pubblicato all'esterno della copertina la lista dei nomi dei partecipanti: significa voler chiarire sin dall'inizio che si è partiti da una diversa origine rispetto a una compilation musicale qualsiasi, e che diversa è stata la strada percorsa come diverse sono le intenzioni, le aspirazioni, l'obiettivo.
"voix vulgaires" è un progetto iniziato nel 1990
che affonda però le sue radici in "f/ear this!", un'altra iniziativa simile concretizzata nel 1987: nato come un'iniziativa senza confini geografici, ideologici o culturali, vuol essere, sotto la forma di una raccolta di suoni, rumori e parole, un vero e proprio viaggio sulle deviazioni della musica popolare contemporanea. un viaggio che si è scelto di fare proprio lontano dalle strade principali della cultura di massa, lontano dalle linee dei treni ad alta velocità, via dalle autostrade sempre uguali, fuori dagli itinerari pubblicizzati nei dépliant. un viaggio fatto con il cuore e con la mente, seguendo tracce invisibili o inventandone di nuove. un viaggio in cui si sono incontrate tante persone che non si conoscevano prima, e che si sono trasformate improvvisamente in compagni di viaggio e sono divenute, alla fine, amici lontani sempre presenti nei tuoi pensieri e di cui ci si preoccupa e si sente la mancanza.

sembra un normale cd, ma... "voix vulgaires" è anche una raccolta di alcuni dei nastri che la gente ci ha spedito in questi anni. non abbiamo tentato di migliorare la qualità del suono: i vari pezzi sono proprio così come li abbiamo ricevuti. sono stati scelti "per quello che dicono" più che per "come suonano": ci interessano le idee che stanno dietro alle musiche. dentro a "voix vulgaires" c'è di tutto: non c'è un disegno fisso, non sono stati usati dei criteri di selezione per genere espressivo musicale (ma tutto questo è stato spiegato l'altra volta...). c'è stata gente che si è lamentata perché la qualità delle registrazioni di "f/ear this!" e "voix vulgaires" è altalenante: a brani registrati bene sono affiancate cose registrate così così se non proprio male. è vero, e con tutta probabilità quelle stesse persone diranno lo stesso delle prossime uscite. potrei riprendere e aggiornare un vecchio discorso: critiche simili furono fatte ai crass a proposito delle loro compilation della serie "bullshit detector". anche questa, esattamente come quelle raccolte non-profit che hanno fatto la storia dell'anarchismo in musica, non è e non pretende di essere una produzione musicale di lusso. nonostante il formato tecnologico all'avanguardia, questo non è un "normale" compact disc con dentro musica da consumare. "voix vulgaires" è una testimonianza, un documento di “certe cose” (poesie, musica, rumori nella fattispecie) che la gente fa, di come e dove la fa: possono essere stanze di casa trasformate in sale prova o i palchi dei centri sociali, cantine raffazzonate o piccoli studi di registrazione.
sono i posti dove la musica si accende della scintilla giusta. nessuno si aspetta che una fanzine assomigli a riviste come vogue, quindi perché mai il suono di "voix vulgaires" dovrebbe essere come quello ultraraffinato di michael jackson o di madonna?
la musica di questa raccolta non rientra nelle definizioni di "musica alternativa" che la stampa musicale ci impone. non troverete niente di queste musiche nelle classifiche di vendita, difficilmente riuscirete a sentire qualche frammento di queste musiche attraverso le radio. nessuno di questi nomi nelle indie charts, nessuna di queste facce nei giornali specializzati o nei programmi televisivi: i musicisti che partecipano a questa iniziativa non rientrano nell'immagine del "musicista alternativo" che la televisione e la stampa ci offrono. e ancora, questo progetto è distante da quello che loro, i mass media, chiamano "controcultura". "voix vulgaires" non è la schiuma della metropoli né il grido di dolore delle giovani generazioni, non è hip né trash né pulp, non è malessere sociale né provocazione da salotto televisivo, non è emarginazione culturale né povertà obbligatoria,  non fa tendenza e non è punto di riferimento. “voix vulgaires” non è etichettabile (non offre indicazioni di uno specifico genere espressivo) né vendibile (caratteristica fondamentale: è un’iniziativa di sostegno a un giornale anarcopacifista che non esce in edicola), né commerciabile (non è distribuito nei normali negozi di dischi). "voix vulgaires", mi ripeto, ha solo l'aspetto di un normale compact disc. quella che vi proponiamo è una raccolta di suoni, parole e rumori che, a nostro parere, esprimono il vero spirito dell'alternativa musicale: protesta, indipendenza, impegno, originalità e assoluta mancanza di compromessi. non si scende a patti sulla libertà di espressione.
niente nomi in copertina: ma, allora, che cosa c'è dentro il disco? la scelta di non riportare all’esterno della confezione l'elenco dei partecipanti non vuoi essere un modo snob per darvi il brivido dell'imprevisto e tenervi un po' lontani da quello che c'è dentro al cd, ma una maniera (discutibile, se vogliamo) per focalizzare l'attenzione su "cosa" piuttosto che su "chi". s'era fatto lo stesso per "f/ear this!": nessun nome in copertina (l'apertura della busta era addirittura chiusa da un adesivo con stampata sopra l'a cerchiata), tutte le informazioni su chi, cosa, dove e quando stavano dentro il libretto allegato. abbinato a ciascun volume di "voix vulgaires" c'è appunto un libretto: parole, messaggi, i testi, qualche riferimento, le informazioni di base sui vari contributi. sono stati anche riportati (quando possibile, e quando richiesto) gli indirizzi per i contatti diretti con i musicisti e poeti partecipanti, cioè per un uso non passivo delle informazioni.

a warning.
the message printed on the cover reads: "beware! this cd is not for sale". it's a bit more than a simple advice to the customer: this cd is not for sale, so you shouldn't find it in a regular record shop being it not commercially distributed. more, we understand a clear political issue in the record cover graphic layout: there are no names of the artists contributing to the collection and no song titles written on the cover. our aim was to make these collective releases different than the average cd compilations. they are moved by different perspectives, different aspirations, and oriented to a different target. by purchasing these sound-and-poetry-and-music collections you support a/rivista anarchica, an anarchist and pacifist monthly magazine published regularily in italy since february 1971.
"voix vulgaires" (and the previous a/rivista anarchica collective benefit compilation "f/ear this!" as well, released back in 1986) is a collection of some of the many tapes that people have sent in to us over the last years. sort of a travel on the side roads of contemporary popular music, afar from the big highways of mass culture, away from the expensive fast trains and the official itineraries of tourism. we haven't attempted to smooth out the sound: the tracks are just as we received them. we selected them not so much for what they sounded like, but for what they said: we focused on the ideas that come through. "voix vulgaires" doesn't pretend to be a flash production: it's a document of what the people are doing, how they're doing it and the places (from bedrooms to social centers, bungle stages and small commercial studios) in which they're doing it.
this music will not be broadcast from any commercial radio station and it will hardly be reviewed on the music press. this music shows no official image: the musicians featured here may not fit the facile imagine of what the media tell us independent music is about. we believe the tracks on this compilation express the real alternative spirit: protest, independence, commitment, originality and lack of compromise. they don't conform to the media idea of what alternative music and popular counterculture should be, because freedom of expression is not negotiable.
 


presentazione / intervista
tratta da a/rivista anarchica n. 174 (giugno-luglio 1990)

come nasce l'idea di “voix vulgaires”?

marco - mah, mi sembra piuttosto ovvio: è una specie di continuazione del discorso iniziato quattro anni fa con “f/ear this!”. oltre allo scriverci sopra le recensioni e le segnalazioni di “musica & idee” desideravo fare qualcos'altro per la rivista. qualcosa di più pratico, un tipo di partecipazione diversa, più attiva. l'idea di lanciare una sottoscrizione sotto forma di un disco, viste le mie precedenti esperienze con rockgarage e catfood press, mi sembrava fattibile, e così ho provato. e non è andata poi così male. per “f/ear this!” ho chiesto aiuto ad amici e compagni a quel tempo coinvolti in un certo settore dell'editoria discografica indipendente, quello più bizzarro, inafferrabile ed “interventista”, se vogliamo. c'erano vittore baroni, sempre in prima linea con la trax, poi i franti e blu bus, i plasticost e particolare music, giacomo spazio e ut/comunicazioni, poi i detonazione e la loro tunnel records. per “voix vulgaires” ho fatto tutto da solo. i tempi sono un po' troppo cambiati per tutti, ed è stato praticamente impossibile ritentare la collaborazione già sperimentata con p.e.a.c.e.: detonazione e franti non ci sono più, trax ha sospeso l'attività, inisheer è in cattive acque, rockgarage e catfood press sono affogate nei crediti... ero e sono tuttora convinto ci si dovesse muovere comunque, visti soprattutto i risultati ottenuti con “f/earthis!”, positivi sotto molti aspetti, non ultimo quello di una certa soddisfazione economica. sentivo che era ora di darsi da fare ancora, e magari ritentare.

da dove hai iniziato?

marco - la formula inventata per “f/ear this!”, cioè il richiedere dei contributi gratuiti a musicisti, poeti ed artisti vari a sostegno della rivista, offrendo in cambio la massima trasparenza nella gestione del progetto, si è rivelata efficace anche per “voix vulgaires”. logicamente, questo meccanismo può funzionare solo se c'è un rapporto di particolare fiducia, un contatto diretto, personale, ecco. verso la fine di aprile dello scorso anno ho preparato una lettera circolare semipersonalizzata e l'ho spedita a molti dei musicisti ed artisti conosciuti in questi anni, o con i quali ho avuto un qualche contatto. a ciascuno, oltre ad un contributo sotto forma di nastro registrato, disegno o poesia, ho chiesto di fare da passa-parola, cioè di far sapere ad altri musicisti di questa iniziativa, o di fornirmi nomi ed indirizzi di gente potenzialmente interessata, così che potessi prendere dei contatti.

le risposte non hanno tardato...

marco - infatti: dopo tre o quattro settimane la mia cassetta delle lettere si è “letteralmente” intasata! assieme alle prime risposte, e ai primi nastri, sono arrivate segnalazioni, suggerimenti, consigli e richieste di copie di a/rivista anarchica e di “f/ear this!”. ho continuato a scrivere e spedire lettere e a ricevere materiale sino a poche settimane fa. è andata una cifra considerevole in francobolli, ma d'altra parte si è a conoscenza di questa iniziativa in mezzo mondo. sono arrivate decine e decine di messaggi di sostegno e moltissime adesioni, senza contare le promesse d'aiuto per iniziative future da parte di artisti temporaneamente impossibilitati a partecipare. per “voix vulgaires” è nata e si è messa in funzione una rete di contatti che prima non esisteva. sono circolati volantini, indirizzi, messaggi, libri, riviste, nastri e dischi dall'australia alle due americhe, dal medio ed estremo oriente al sudafrica all'europa intera. ho ricevuto messaggi di solidarietà e promesse di collaborazione da più di un personaggio per così dire famoso: terry riley, fred frith, peter gabriel, robert wyatt, john tilbury, tanto per fare qualche nome, e da moltissimi artisti poco o per niente conosciuti, ma non per questo meno interessanti. un mucchio di gente attenta, interessata a partecipare, a contribuire, a prendere contatti con altra gente ancora, disposta a scambiare esperienze, opinioni e quanto altro possibile.

ti aspettavi una risposta di simili dimensioni?

marco - sinceramente no. su “f/ear this!” è stato pubblicato quasi tutto il materiale raccolto: una trentina di pezzi per oltre un centinaio di contatti presi. per “voix vulgaires” è successo esattamente l'opposto. forse allora si era in un certo senso agli inizi, e stavolta ho cercato di evitare certi sbagli, certe valutazioni errate. penso che più di un contributo a questo disco sia giunto grazie a “f/ear this!”, nel senso che quell'iniziativa è stata interpretata sotto una luce molto positiva. anche se so, per esperienza, che non è saggio farsi delle illusioni, sapevo comunque di poter contare sulla collaborazione di qualche buon amico musicista, ma certo non potevo prevedere l'effetto passa-parola... grande parte delle offerte di collaborazione è giunta da artisti che non ho contattato direttamente, ma che ha avuto notizia di questa iniziativa da altre persone. per fare un esempio, la performer tenko, impossibilitata a partecipare, ha comunque diffuso la notizia così che almeno una dozzina di nastri sono giunti sin qui dal giappone grazie alle sue segnalazioni.

come mai ci sono meno pezzi nel disco rispetto alla cassetta e al compact disc?

marco - esclusivamente perché la cassetta e il compact disc riescono a contenere una  maggiore quantità di materiale. la pubblicazione di un album doppio sarebbe stata economicamente difficoltosa. la necessità di pubblicare una versione su cassetta si era fatta sentire anche per “f/ear this!”. il compact disc, infine, è un supporto diffusissimo, specialmente all'estero, per il quale trovo stupido avere dei pregiudizi: i vantaggi rispetto al vinile sono evidenti, e non solo in termini di qualità. non ultima, poi, una considerazione di carattere pratico: sono state vendute moltissime copie di “f/ear this!” per corrispondenza, e le spese postali per un disco sono elevate. spedire una cassetta o un compact disc costa molto meno.

e il materiale inutilizzato ?

marco - non è stato ragionevolmente possibile trovare spazio a sufficienza per tutto e per tutti. lo stesso, è stato umanamente impossibile riuscire a contattare tutti gli interessati potenziali. allora, ho deciso di fare una selezione, secondo criteri di gusto musicale e, se possibile, “politico”, assolutamente personali. se si tratta di scegliere, ho pensato che tanto valeva pubblicare, come primo passo, materiali nei quali si rispecchiasse un po' del mio gusto, dei miei orientamenti. comunque, gran parte del materiale che ho ricevuto non resterà inutilizzata a lungo. sto preparando un sequel, probabilmente un “voix vulgaires 2”, che spero di poter pubblicare entro breve. inoltre, sono in arrivo dei nastri che sarà impossibile non pubblicare. non mi sento però di dare adesso delle anticipazioni, o delle scadenze. non per conservare chissà quale segreto editoriale: solo, preferisco non fare promesse che qualche imprevisto mi costringa poi a non mantenere.

i misteri delle voci volgari: perché questo titolo?

marco - volevo prendere in giro la tendenza attuale del mercato discografico “illuminato”, tutto teso al terzomondismo, al turismo a tutti i costi. tutti quelli che cercano la musica proveniente dai paesi lontani perché sono convinti che qui non ci sia più nulla di nuovo da ascoltare. qualche anno fa, il manager di una grossa indie inglese, la 4ad, annusò l'affare e diede alle stampe un paio di dischi di cori femminili bulgari, intitolati “les mystére de voix bulgare”. ho storpiato il titolo; è stato uno sberleffo al “club mediterranée su compact disc”, per dirla con ferdinand richard. le musiche che ho raccolto provengono da paesi geograficamente lontani dall'italia, e lontani tra loro, ma si può facilmente scoprire che la lontananza culturale è minore di quanto si creda. in “voix vulgaires” sono raccolte composizioni ispirate ai sentimenti d'amore e di ribellione. la stessa agitazione muove i canadesi rhythm activism, che se la prendono con gli yuppies, e mark howell che protesta per gli sprechi della civiltà iperurbana della sua città, new york. c'è un filo invisibile che lega david moss, che stritola d'amore italo calvino, e gigi masin, che a volte sembra sfiorare così sensualmente i tasti del pianoforte come se accarezzasse una ragazza in carne ed ossa.

e tutti quegli strani animali in copertina?

marco - ho utilizzato un quadro di gian uicich, impegnato a tempo pieno sul fronte della comunicazione visiva e del design: fa il pittore, il progettista, l'architetto, lo scultore... dipinge dei quadri enormi con dentro grovigli inestricabili di strisce colorate, oppure trasforma le superfici degli oggetti in mosaici di mille colori. trovo che il suo approccio con le belle arti sia nervoso, violento, brutale. ho scelto questo suo disegno in bianco e nero perché è difficile da guardare: richiede impegno, voglia di investigare tra i segni. i contorni delle figure sembrano affilati, pericolosi. sembra che la copertina di questo disco abbia dei pungiglioni, dei denti, delle unghie.

come descrivere “voix vulgaires”?

marco - trovo ci siano due chiavi di lettura possibili per questo disco. un primo approccio potrebbe essere “globale”: considerare cioè le diverse parti come momenti di un unico discorso. una specie di monologo recitato a più voci, dove si passa dal sarcasmo alla tenerezza. proprio come può succedere mentre si discute di un argomento qualsiasi. un mezzo più semplice può essere considerare “voix vulgaires” come un disco e basta, un insieme di brani musicali in fila uno dietro l'altro, cosa che molto spesso ci si ritrova a fare quando si ascolta una compilation. possiamo fare così per commentare ciascun pezzo...

la prima “voce volgare” che si ascolta è...

marco - è quella dei rhythm activism, due compagni canadesi dei quali si è parlato recentemente proprio su queste pagine. norman nawrocki scrive dei testi assolutamente corrosivi: il suo sarcasmo è spieiato. dem stink suona la chitarra e, nel pezzo che è presente nell'album “the black flag» suona le percussioni. la registrazione è stata fatta a casa sua: se state attenti a un certo punto si sente qualcuno suonare il campanello della porta! “the black flag”, cioè la bandiera nera, è un brano strutturato come una specie di spot pubblicitario radiofonico: la bandiera nera è l'unico strumento sicuro anti-yuppies... norman e dem sono stati poche settimane fa ancora una volta in europa, un po' in vacanza, un po' per fare dei concerti. purtroppo è stato impossibile farli suonare qui in italia, speriamo si riesca a combinare qualche serata per loro l'anno prossimo.

e andré duchesne...

marco - andré è pure canadese, e vive nel quebec come norman e dem. il “giro” musicale è però diverso: sin dai primi anni settanta, compone regolarmente musiche per spettacoli teatrali e per balletto, oltre a colonne sonore di film e documentari. da un inizio musicalmente accademico, si è dedicato alla sperimentazione di nuove tecniche e ha formato alcuni gruppi storici dell'avanguardia musicale canadese, quali conventum e, più recentemente, i 4 guitaristes de l'apocalypso bar. tra i numerosi impegni, andré è coinvolto nell'organizzazione del festival di victoriaville. ha contribuito a “voix vulgaires” con due composizioni: “god economy” ed “emlak”. la prima è strutturata come un breve dramma musicale teatrale incentrato sulla guerra simbolica tra andré stesso e il dio denaro: il testo è piuttosto comico e mirabilmente intrecciato alla musica. la seconda composizione è nata per caso, qualche anno fa: riascoltando delle letture di edgar allan poe su di un nastro posto accidentalmente al contrario andré ha trascritto il testo e ci ha composto “sopra” la musica. questo brano l'ha poi inserito nella colonna sonora di “la couleur encerclée”, un film di serge gagné.

dal quebec alla svizzera: christoph gallio.

marco - christoph è un sassofonista autodidatta col quale ho una buona amicizia telefonica e postale. trovo sia un musicista di altissimo livello, e che prima o poi troveremo il suo nome accanto a qualche grande firma del jazz contemporaneo. so che in questi tempi è spesso a parigi, dove studia con steve lacy. dalla fine degli anni settanta ha collaborato con numerosi gruppi e musicisti, nelle situazioni culturali più diverse. recentemente ha collaborato con la danzatrice christine brodbeck e col gruppo day and taxi. alla fine dello scorso anno ha suonato anche in giappone, con alfred zimmerlin e matthew ostrowski: in trio con loro ha anche pubblicato i suoi due ultimi lavori. per “voix vulgaires” ha composto sei pezzi per sassofono soprano, intitolati “controlied love songs”, che trovo autentici capolavori.

quella di gigi masin è l'unica partecipazione italiana...

marco - ho avuto proposte di collaborazione da molti gruppi italiani: qualcuno ha mandato materiale di ottimo livello. gli environs, ad esempio, hanno spedito una registrazione dal vivo di “no man can find the war” ed “epitaph 1919” che fa letteralmente accapponare la pelle. c'è stato un musicista di parma, andrea bini, che ha accostato le sue musiche alle poesie di jane dolman, e il risultato è di un'emozione sconcertante. e poi i kina, che amo particolarmente, i plasticost... purtroppo, per qualcun altro ho avuto l'impressione contasse più che altro il fatto di “esserci”, di sfruttare l'occasione. è una dichiarazione un po' grave, lo ammetto, ma trovo onesto farla. conosco gigi masin da anni: lavoravamo assieme in una delle prime radio libere, prima che diventassero “emittenti private”, e so di avere a che fare con un artista molto particolare e sincero. wind è il nome del suo attuale gruppo, del quale fanno parte alessandro monti, un poeta molto sensibile, e alessandro pizzin, un musicista che apprezzo moltissimo. in “voix vulgaires” sono presenti due brani, “almanac” e “valentie”, che ho scelto dal loro demo-tape. c'è da dire che paolo boarato, che collabora tecnicamente con gigi e i wind, mi ha messo a disposizione gratuitamente tutta l'attrezzatura del suo studio per fare una prima selezione dei nastri. lo stesso, bruno romani e fabio scroccaro, coi quali sono in buoni rapporti fin dai tempi dei detonazione, hanno concesso il loro studio per il restauro di qualche registrazione e per l'editing finale del disco. bruno e fabio mi avevano aiutato anche per “f/ear this!”.

kulu hatha mamnua e peeni waali: due nomi strani e assolutamente sconosciuti...

marco - sì, si tratta di due gruppi svizzeri espressione di un nutrito giro di musicisti amici di fizzè (che non vuoi essere chiamato per nome...): kulu hatha mamnua, che in arabo significa press'a poco “il divertimento è proibito”, e peeni waali, il cui significato mi è completamente oscuro. il discorso che facevo all'inizio sulla riscoperta commerciale della musica popolare ed etnica si ricollega a quanto scrive fizzè nella presentazione della sua attività. in una sua lettera, mi ha scritto: “un mucchio di gente parla oggi di musica etnica, ma per me si tratta solo di un 'altra etichetta. non esiste la musica etnica. esistono invece delle persone in tutto il mondo che fanno musica: sono convinto che per suonare della vera worid music si debba coinvolgere questi musicisti di mondi differenti, che apparentemente hanno poco in comune, in un unico progetto. unire l'umanità quindi, piuttosto che unire solamente una comunità, fare uno sforzo per  comprendere le diverse opinioni, culture, etiche. gingillarsi con un campionatore e un pacco di dischi di musica popolare in un qualche studio sofisticato non è certo fare della worid music!”. da qualche anno, fizzè ha dato vita a un'etichetta discografica indipendente, mensch records. le uscite sono musicalmente molto diverse tra loro, tutte però molto lontane dalla facile commerciabilità. sia kulu hatha mamnua che peeni waali sono formazioni aperte, musicisti di diverse estrazioni e circuiti che collaborano con fizzè per dar vita ai suoi “progetti impossibili”: peeni waali è solo l'ultimo in ordine di tempo e vede la collaborazione incrociata di musicisti e poeti svizzeri, giamaicani e di altre nazionalità. il risultato finale deriva dalla sovrapposizione di registrazioni effettuate nei diversi paesi e in un secondo tempo montate in studio. il risultato è affascinante: nel demo-tape che fizzè mi ha spedito si può sentire la voce del grande poeta linton kwesi johnson accompagnata da un'immaginaria banda internazionale, reels irlandesi mirabilmente incastrati a basi reggae-dub, e così via.   

david moss è invece ben conosciuto...

marco - david è considerato uno dei più grandi musicisti d'avanguardia degli anni ottanta. ha uno stile unico: riesce a mettere assieme le più diverse sorgenti sonore, dagli strumenti a percussione tradizionali a pezzi di plastica e rottami trovati per strada, e sparge sopra a tutto le sue performances vocali, una vera e propria provocazione. qui si parla di estremismo musicale... la lista degli artisti che hanno avuto a che fare con lui è assai lunga e farcita di nomi famosi, da arto lindsay a david van tieghem, da bill laswell a john zorn. nel messaggio che accompagna “language linkage”, david esprime il suo innamoramento totale per italo calvino, ad un lavoro del quale la sua composizione è ispirata: “il senso del gioco e della meraviglia che pervade la musica ed il linguaggio di calvino si adatta alla perfezione con lo spirito della nuova musica rivoluzionaria. il suo scopo era quello di giungere ad una fusione fra l'intelletto, l'occhio e la mano tramite una sensazione di meraviglia: per questi ultimi dieci anni non ho fatto altro che tentare la creazione e l'esecuzione di una musica che riuscisse a trasportare l'ascoltatore in un mondo di sensazioni tangibili. questa connessione tra parola e suono trovo stabilisca una relazione tra italo calvino e me. raccontare una storia misteriosa capace dir/suonare, irradiare, spiegare vedute di mondi inaspettati: ecco lo scopo di “language linkage”…”. david ha spedito di sua iniziativa questo pezzo, dietro segnalazione di fabrizio gilardino.

un altro americano: mark howell...

marco - mark è stato a casa mia durante l'ultimo tour europeo di zero pop, con bruno meillier e bruce golden: abbiamo fatto amicizia, e ci siamo scambiati gli indirizzi. lui, a new york, è coinvolto nel circuito musicale alternativo e conosce moltissima gente. per “voix vulgaires” ha composto una canzone molto particolare intitolata “big footed man”, una canzone di protesta contro gli sprechi assurdi che si perpetrano nella sua città. mark ha spedito una lettera con una lunga spiegazione del brano, riportata per intero nel libretto allegato al disco. in essa si può leggere, tra l'altro: “si dice che avendo un furgone si possa guadagnare una cifra a manhattan riciclando la cosidetta spazzatura che i ricchi buttano via: elettrodomestici che possono essere facilmente riparati, apparecchiature elettroniche in condizioni quasi perfette, mobili quasi nuovi, e così via. nel restaurare un'abitazione, il legname viene gettato via se non si trova in condizioni perfette. di solito viene tagliato a pezzi per poterlo più facilmente sistemare nei raccoglitori d'immondizia: così facendo è piuttosto improbabile si possa recuperarlo. non è certo in questo modo che si tiene conto del suo valore: è proprio per la rarità del legno, nel senso del suo valore all'origine, che si deve considerare questo spreco un vero crimine. il diritto del denaro è qui così forte che, e succede spesso, nel caso sia posta in vendita un'abitazione completamente ristrutturata, i nuovi proprietari apportino modifiche e aggiunte, così da distruggere porte e infissi, pavimenti e tappezzeria a seconda del proprio gusto. per poi rivendere il tutto dopo breve tempo a qualcun altro, che farà lo stesso, e così via. più d'una specie di alberi è in via d'estinzione e, ai problemi della deforestazione, si aggiungono altri buchi nello strato d'ozono”. da notare, per concludere, che alle sessions di “big footed man” ha partecipato tony maimone dei pere ubu.

judas 2 e le “quattro facce di due facce”...

marco - pete è sempre enigmatico. parlo di pete wright, che dopo l'avventura con i crass non ha appeso la chitarra al chiodo, e ogni tanto da sfogo alla sua creatività musicale e poetica. judas 2 è un progetto musicale e teatrale messo in piedi da pete e da una sua amica, penny cullen: la loro “four faces of two faces” è una scatola magica piena di doppi sensi, non tutti facilmente interpretabili. c'è da dire che pete ha una vena poetica sempre piuttosto amara, sarcastica sì ma profondamente amara: è un lato del suo carattere completamente in contrasto con la sua voglia irriducibile di lottare, di protestare. due facce della stessa faccia, forse... è un po' quello che succede con i barbarie légère, che fanno il gioco degli opposti, dei paradossi. La ragione d'essere del trio è dimostrare che il rock non è necessariamente “barbaro”, che il folk non è inevitabilmente inconsistente e, soprattutto, che è possibile unire gli estremi: l'energia selvaggia del punk col folk della francia centrale, i ritmi potenti con improvvisazioni delicate, l'humour con i testi più oscuri, gli strumenti elettrici con le atmosfere da circo. il gruppo è formato da yves ranchon e guy sapin alla chitarra, e dal percussionista guigou chenevier. con guigou ci si conosce da anni: almeno quindici anni fa ho partecipato all'organizzazione di un concerto degli etron fou leloublan e degli henry cow, ed è stato in quell'occasione che ho conosciuto anche fred frith, chris cutler, lindsay cooper e ferdinand richard la prima volta. trovo che guigou sia un musicista dannatamente in gamba: è sempre disponibilissimo e disposto a suonare volentieri per rimborsi spese irrisori. ogni sua performance è una sorpresa: ho assistito a molti suoi concerti con formazioni diverse, e si è sempre trattato di serate felici. con yves e guy è stato a casa mia in occasione di un concerto di barbarie légère nella mia città, ed è stato davvero molto bello accorgersi che tante cose nell'affiatamento, nell'atteggiamento nei confronti del far musica, nella buona disposizione a conoscere e farsi conoscere, non sono cambiate poi tanto dai tempi di rock in opposition.

quello di eugene chadbourne è un altro nome eccellente...

marco - eugene è un chitarrista strabiliante, con una conoscenza enciclopedica di musica country, rock e blues: i suoi archivi musicali possono venire considerati l'arsenale della musica alternativa contemporanea. autodidatta, ha iniziato a suonare nei gruppi di rock psichedelico dei primi anni sessanta, per poi darsi alla sperimentazione. per sfuggire al vietnam è fuggito in canada, dov'è rimasto fino all'amnistia di jimmy carter. tornato negli stati uniti, si è stabilito a new york, entrando a far parte da protagonista della scena musicale d'avanguardia. tra le sue imprese più popolari è il gruppo shockabilly, uno schiaffo violentissimo sulla faccia dell'avanguardia da salotto. sciolto il gruppo, eugene ha deciso di muoversi da solo, realizzando numerosissime registrazioni pubblicate in gran parte sotto forma di cassette fatte in casa. oltre alle chitarre tradizionali, anche se adeguatamente “preparate” e modificate, l'equipaggiamento di eugene chadbourne consiste di congegni autocostruiti piuttosto bizzarri: una chitarra-rastrello, una chitarra-sturalavandini, una chitarra-wc eccetera. la canzone che ha inviato per “voix vulgaires” riporta ai tempi del watergate e di richard nixon, e si intitola “big john loved his dick”. da notare due cose: il sottile doppio senso del titolo (“dick” è sia il diminutivo di richard che un termine per indicare l'attributo sessuale maschile...), e il fatto che tra i responsabili di questa sagra del sarcasmo ci sia l'insigne elliot sharp... credo che eugene abbia intenzione di trascorrere un lungo periodo in europa con la sua famiglia: aspetto mi faccia sapere qualcosa di più preciso riguardo a un eventuale soggiorno qui in italia, perché si potrebbe combinare qualcosa di interessante. si è  detto disponibile, ad esempio, a tenere concerti, seminari, conferenze, il tutto rigorosamente nel circuito alternativo e indipendente, s'intende.

questo è tutto per quanto riguarda il disco...

marco - allegato a “voix vulgaires” c'è un libretto con dentro tutti i testi ed i commenti originali degli autori. inoltre, ci sono alcuni contributi poetici da parte di lawrence ferlinghetti, il grande poeta americano, di chris cutler, di lady june e della commediografa irlandese margaretta d'arcy. chris si è dimostrato molto interessato a dare una mano, e penso che presto o tardi invierà anche delle registrazioni. per “voix vulgaires” ha spedito tre sue poesie scritte a berlino nel novembre 1988, raccolte sotto il titolo comune di “a stitch in time”. lady june si occupa d'arte da sempre: è scrittrice, poetessa, pittrice, musicista e cantante. nel 1970 decise di fondere i suoi interessi artistici in un disco, che raccoglieva sue canzoni, poesie e disegni. il tutto con la collaborazione di brian eno e kevin ayers. instancabile viaggiatrice, ha girato il  mondo  in  lungo e  in  largo,  proponendo le sue opere in innumerevoli situazioni diverse, condividendo gli spazi con artisti del calibro di viv stanshall, lol coxhill, ron geesin, david bedford e gruppi come henry cow, gong e hatfield and the north. le tre poesie riportate nel libretto corrispondono ai testi di tre canzoni registrate nella sua casa alle baleari in compagnia di un menestrello girovago, che penso di includere nel prossimo “voix vulgaires”. margaretta d'arcy è conosciuta soprattutto per le commedie e per i libri scritti in tandem con suo marito, john arden. per aver pubblicamente contestato le leggi e la politica del governo irlandese e per aver aderito alle manifestazioni contro gli impianti nucleari di greenham common in inghilterra, è stata più volte imprigionata e perseguita. in uno dei suoi libri più recenti, “tell them everything”, raccoglie le testimonianze drammatiche di alcune detenute con le quali ha condiviso l'esperienza del carcere. nella primavera di quest'anno è stata tra le animatrici di una stazione radio clandestina, assieme ad alcune altre compagne di un collettivo femminile della sua città, galway. margaretta mi è stata presentata da john tilbury.

 


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