Cantiere biografico
degli Anarchici IN Svizzera








ultimo aggiornamento: 27/03/2024 - 11:25

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BERGAMASCO Giuseppe

Scalpellino



Castellavazzo (Italia) 17.7.1882 – Zurigo, dicembre 1974.
Sposato con Vereranda nata Anzolut.

"Ho frequentato la scuola fino a 12 anni, ripetendo tre volte la terza classe. Non che fossi un somaro o che non avessi voglia di studiare, ma non c'erano classi superiori alla terza nella scuola del mio paese e così fui ripetente per ben tre volte. Poi presi in mano lo scalpello e non lo abbandonai più fino al 1948. Nel 1897 feci per la prima volta il fagotto d'emigrante. Quindicenne, dopo l'apprendistato, raggiungevo mio padre, lui pure scalpellino in Austria, l'Impero austroungarico come si chiamava allora”.  Poi si reca in Germania: "lì a Erfurt conobbi per la prima volta l'organizzazione sindacale, furono i connazionali emigrati dalle regioni di Belluno e di Udine che mi introdussero alle questioni sociali e m'insegnaronono la solidarietà di classe... e con dei compagni fondai una sezione sindacale a Herdeke... La propaganda sindacale non era facile. Nella Prussia imperiale vigeva un regime assolutista. Ogni riunione sindacale andava annunciata con 24 ore di anticipo alla polizia...". A causa di rivendicazioni salariali viene licenziato con altri 5 compagni ed espulso. Ritorna comunque in Prussia come clandestino lavorando "nelle cave più nascoste e girando soltanto di notte".

Nel 1909 emigra in Svizzera, a St. Margrethen /SG "un centro di scalpellini e con un forte movimento sindacale". Sulla lista nera padronale, si sposta a Zurigo. Nel 1913 con la crisi edile ritorna in Germania, sempre come clandestino, poi l'anno dopo nuovamente a Zurigo.
Ritorna in Italia nel corso del I conflitto mondiale, denunciato nel bellunese nel 1920 nel corso di uno sciopero generale, come istigatore alla sommossa. Arrestato a Como per attività sovversiva in diverse città, si ritrova nelle carceri di San Vittore, Vicenza, Treviso e Belluno. Dopo un mese processato e posto in libertà provvisoria, con il ritiro del passaporto. Lavora a Ponte delle Alpi “lavoro duro, con condizioni di strozzinaggio, e una pietra ancora più dura da lavorare”.

Torna tuttavia in Svizzera nel 1923, e deve sopportare non poche angherie: minacce d'espulsione, ritiro del passaporto: "Fui uno dei tanti sorvegliati dall'OVRA per attività antifascista. Ogni volta che avevo a che fare con le autorità consolari erano grane. Il rinnovo del passaporto mi fu costantemente rifiutato, nella speranza di costringermi a rimpatriare e a passare qualche mese di confino quale 'anarchico pericoloso': una qualifica che deve far ridere chiunque mi conosca. Ho abbracciato fin dalla gioventù l'ideale anarchico, ma in quanto a essere pericoloso...". Ha difficoltà anche con la polizia degli stranieri, nonostante diversi interventi del segretario sindacale Kolb che aveva presentato un rapporto quale rifugiato politico, senza successo. Espulso dalla Svizzera si reca in Alsazia, ma ritrova difficoltà per i permessi. Raggiunge clandestinamente Zurigo e finalmente riesce ad ottenere il passaporto: "Forse il commissario dell'OVRA del Consolato era ancora sotto l'impressione del colpo di pistola sparatogli da una ex guardia regia. Anch'io l'avevo minacciato, a parole beninteso."
Nel 1931 ottiene il permesso regolare di soggiorno a Zurigo ed è raggiunto dai familiari. "Venne la crisi economica, colpì in particolare modo l'edilizia; le camicie nere non davano pace a noi emigrati antifascisti; l'Italia di Mussolini non era più il mio paese. Feci domanda e ottenni la cittadinanza svizzera, tagliai in modo netto con quella che chiamavo patria. Con maggior calma e forse minor sacrificio continuai l'azione professionale". Rimarrà attivo nella Federazione edile dell'USS. [Probabilmente è cittadino elvetico dal 1945 ???].
Nel 1948 è pensionato. Il 19-22 marzo 1953 è delegato dei Gruppi anarchici di lingua italiana in Svizzera (accanto a Domenico e Anna Bedoni e Ugo Angelini) al Congresso nazionale della FAI a Civitavecchia. In questi anni non mancheranno alcune polemiche con Sergio Angelini, figlio di Ugo, allora delegato svizzero al congresso dell'aprile 1954 della Fédération communiste libertaire di Fontenis: "Sergio Angelini non rappresenta i compagni della Svizzera. Il [suo] gruppo è composto di 4 o 5 ex-militanti troschisti [sic] e dissidenti del partito comunista. Non confondere con suo padre, essendo lui un buon compagno militando in seno al gruppo A di lingua italiana di Zurigo".
Nel settembre 1972 partecipa con la moglie al centenario dell'Internazionale antiautoritaria a St-Imier /BE, dove ritrova la vecchia guardia: Carlo Vanza di Biasca, Scaltri di Zurigo, Garavaglia...

Iscritto nel CPC di Roma (come comunista) dal 1921 al 1943 e iscritto alla Rubrica di frontiera - busta 516.

Muore per infarto.


Geboren in Castellavazzo am 17.7.1882. Er stirbt in Zürich im Dezember 1974.

Ich ging zur Schule bis 12 und habe die dritte Klasse drei Mal wiederholt. Nicht dass ich ein Esel gewesen wäre oder dass ich nicht Lust gehabt hätte, zu lernen. Aber in der Schule in meinem Dorf gab es keine höheren Klassen, so habe ich drei Mal die letzte wiederholt. Danach habe ich den Meissel in die Hand genommen und nicht mehr daraus gelassen bis 1948. 1897 habe ich zum ersten Mal meine Sachen gepackt und bin ausgewandert. Mit 15, nach der Lehre, zog ich meinem Vater nach, der ebenfalls Steinmetz war in Oesterreich, dem Austro-ungarischen Reich, wie es damals hiess.“ Dann wanderte er nach Deutschland „Dort in Erfurt lernte ich zum ersten mal die Gewerkschaftsorganisation kennen, es waren emigrierte Landsleute aus Belluno und Udine, die mich in die sozialen Fragen einführten und mir die Klassensolidarität lehrten … und mit einigen Genossen gründete ich die Gewerkschaftssektion in Herdeke … Die Gewerkschaftspropaganda war nicht einfach, im preussischen Reiche herrschte ein absolutistisches Regime. Jede Gewerkschaftsversammlung musste 24 Stunden zum voraus bei der Polizei gemeldet werden …“ Wegen Lohnforderungen wurde ihm mit anderen 5 Genossen zusammen gekündigt und ausgewiesen. Er kehrt trotzdem nach Preussen zurück und arbeitete schwarz „in den verstecktesten Gruben (CAVE) und ich bewegte mich nur nachts“.

1990 emigriert er in die Schweiz, nach St. Margreten, „einem Zentrum der Steinmetzte und mit einer starken Gewerkschaftsbewegung.“ Auf der schwarzen Liste der Arbeitgeber findet er keine Arbeit mehr und zieht nach Zürich. 1913, mit der Krise im Bausektor, kehrt er nach Deutschland zurück, wiederum heimlich, das Jahr darauf wiederum nach Zürich.

Während des ersten Weltkrieges geht er nach Italien zurück und 1920 wird er angezeigt als Anstifter des Aufstandes in Belluno während des Generalstreikes. In Como wird er wegen subversiver Aktivitäten in verschiedenen Städten verhaftet und findet sich in den Gefängnissen von San Vittore, Vicenza, Treviso und Belluno wieder. Nach einem Monat wird er verurteilt und vorläufig entlassen, unter Entzug des Passes. Er arbeitet in Ponte delle Alpi, „eine harte Arbeit, unter wucherischen Bedingungen, und ein noch härter zu bearbeitendes Gestein“.

1923 kehrt er aber in die Schweiz zurück und muss viel über sich ergehen lassen: Drohungen mit Ausschaffung, Entzug des Passes. „ich war einer der vielen durch die OVRA [italienischer Geheimdienst unter dem Faschismus] wegen antifaschistischer Tätigkeit Überwachten. Jedes Mal wenn ich mit den konsularischen Behörden zu tun hatte, gab es Probleme. Die Erneuerung des Passes wurde mir ständig verweigert, in der Hoffnung, mit zur Heimkehr zu zwingen und einige Monate als „gefährlicher Anarchist“ in der Verbannung zu verbringen: eine Bezeichnung, die alle die mich kannten, zum Lachen brachte. Ich bin seit meiner Jugend dem anarchistischen Ideal gefolgt, aber gefährlich …“ Bergamasco hat Probleme auch mit der Ausländerpolizei, trotz verschiedender Interventionen des Gewerkschaftssekretärs Kolb, der auch einen Asylantrag als politisch Verfolgter unterstützte, ohne Erfolg. Aus der Schweiz ausgewiesen zieht er ins Elsass, aber auch dort hat er Probleme mit den Aufenthaltsbewilligungen. Er erreicht daraufhin heimlich Zürich, wo es ihm endlich gelingt, wieder in den Besitz seines Passes zu kommen: „Vielleicht war der Kommissar der OVRA im Konsolat noch unter dem Schock des Pistolenschusses, den ein ehemaliges Mitglied der königlichen Wache [guardia regia] auf ihn abgegeben hatte. Auch ich hatte ihm gedroht, mit Worten, wohl verstanden.“

1931 erhält er eine ordentliche Aufenthaltsbewilligung in Zürich und kann seine Familienangehörigen nachholen. „Es kam die Wirtschaftskrise, sie traf ganz besonders die Baubranche; die schwarzen Hemden liessen uns antifaschistischen Auswanderern keine Ruhe; Mussolini’s Italien war nicht mehr mein Land. Ich beantragte die schweizerische Staatsbürgerschaft und brach mit dem, was ich Heimat genannt hatte. Ruhiger und vielleicht mit weniger Opfern führte ich die berufliche Tätigkeit weiter“, indem er in der Bauföderation des Schweizerischen Gewerkschaftsbundes aktiv blieb.

1948 wird er pensioniert.

Im März 1953 erscheint er als Delegierter (mit Domenico Bedoni, Anna Bedoni und Ugo Angelini) der italienisch-sprachigen anarchistischen Gruppen am nationalen Kongress der Federazione anarchica italiana (FAI) in Civitavecchia. Im September 1972 nimmt er zusammen mit Guido Scaltri, ebenfalls aus Zürich, an der 100-Jahr-Feier der antiautoritären Internationalen in St. Imier teil, wo er alte Genossen wie Carlo Vanza aus Biasca, Celeste Garavaglia aus St. Gallen wieder findet  und die neue Generation von Libertären kennen lernt.

(Bollettino Circolo Carlo Vanza 2009)


FONTI:

GB / Libera Stampa, Lugano 20.7.1972 (che censura la sua militanza in quanto anarchico!!!) / Ricordi di un vecchio militante, in Umanità Nova, 21.5.1966 / I Congressi della FAI / (Casellario politico centrale di Roma - non verificato) / ME:  corrispondenza CRIA - archivi CIRA di Losanna / Die Tat 4.1.1975 annuncio funerale /




CRONOLOGIA: