Cantiere biografico
degli Anarchici IN Svizzera








ultimo aggiornamento: 27/03/2024 - 11:25

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PARIN MATTHÈY Elisabeth Charlotte (Goldy)

Assistente in radiologia, labourantine, etnopsicoanalista





Graz (Austria) 30.5.1911 - Zurigo 25.4.1997.
Cittadina svizzera.
(Nata Matthèy-Guenet - sposa Paul Parin nel 1955)

Dal 1937 al 1939 è in Spagna come assistente in radiologia nelle BI (miliziana-miliziano). Poi si stabilisce in Svizzera. Tramite la Centrale sanitaria svizzera, dal 1944 al 1945 come labourantine e radiologa si reca in Jugoslavia tra i partigiani con i medici Paul Parin (futuro marito), Fritz Morgenthaler, il ticinese Elio Canevascini, Marc Oltramare, Hannes Merbeck, August Matthèy -Guenet (fratello), Guido Pidermann.
Nell'aprile 1952 con Paul Parin e Fritz Morgenthaler apre a Zurigo uno studio privato di psicoanalisi.

Stralci di un'intervista del 1986, emittente locale alternativa LORA.

"... In Austria non vi era più nulla da fare. E ho visto subito quest'opportunità, forse è lì che ancora possiamo fermare le camicie brune. Era molto chiaro, in Austria tutti sapevano che la guerra sarebbe venuta, la II guerra mondiale. Non avevo paura, era tutto straordinariamente appassionante, com'erano appassionanti le modalità di raggiungere la Spagna. In Austria tutto doveva svolgersi nella clandestinità, organizzata dalla Gioventù comunista di Vienna, e a fine marzo ricevetti un biglietto per Basilea, dove mi sarei dovuta rivolgere in un posto e chiedere del “Nero”. Così sono andata a Basilea, il “Nero” mi ha fatto proseguire mettendomi in mano un biglietto di prima classe per Parigi. Qui, tutti noi scendemmo insieme dal treno, benché in precedenza ci eravamo scrutati con diffidenza, perché non sapevamo se tra di noi ci fossero spie. Un autocarro ci trasportò nel famoso albergo Espérance nel 18. arrondissement - quello operaio. E fu straordinariamente impressionante: per tutto il giorno continuavano continuavano ad arrivare volontari per la Spagna da tutto il mondo. Era veramente sconvolgente, e tutti vennero trasferiti clandestinamente in Spagna. Io, venni trattenuta momentaneamente: ero preziosa perché in Spagna non vi erano assistenti di radiologia. Mi fecero poi proseguire con una truppa speciale, dapprima verso il sud della Francia, poi a Sète, a Montpellier, con il taxi, perché in queste regioni vi erano dei Croix-de-Feu [lega dei vecchi combattenti e dei feriti della Prima guerra, su posizioni nazionaliste] che arrestavano chiunque dava il sospetto di essere diretto in Spagna.
Finalmente giunse il momento. A Sète era ancorato un cutter e con 7 compagni - uno era l'aviatore che aveva portato in Francia l'oro spagnolo, altri erano tecnici militari canadesi, c'erano medici lituani - dopo un segnale scendemmo nella stiva e poi la nave partì. La marea era alta, mare grosso, ci siamo tutti ammalati, e non ci sentivamo per niente degli eroi, fin quando raggiungemmo la costa di Figueras. Lì, ci trasferirono nelle case matte dell'immensa fortezza sotterranea. E questa esperienza fu veramente travolgente, tanto che la augurerei veramente a tutti. C'erano volontari da tutto il mondo, perfino dal Giappone, ognuno con la sua propria storia, dopo aver superato grandi fatiche e pericoli, tutti riuniti per combattere il fascismo in Spagna.
Un avvenimento particolare stimolò la mia attenzione, quando noi fummo messi sul treno - 1000 volontari dalle caserme di Figueras, donne e uomini delle Brigate Internazionali - proprio nei giorni caldi del maggio 1937. Ci misero su treno chiuso e con le finestre chiuse. Non volevano che vedessimo a Barcellona la battaglia sulle barricate dei comunisti assieme alle truppe governative della Repubblica contro le milizie anarchiche della CNT e del POUM. Dicevano che erano battaglie dell'UGT, del Partito comunista unificato [sic! Probabilmente si tratta del Partito socialista operaio unificato, controllato dai comunisti] contro la Quinta colonna e che anarchici e poumisti avrebbero aiutati i fascisti. Il fatto che non dovessimo vedere ciò, destò la mia diffidenza e mi rese attenta.
La base delle BI e della Centrale sanitaria internazionale era situata a Albacete, una piccola città della Mancia. Giunsi nella prima settimana di maggio 1937 a Albacete, dopo lunghe vie clandestine, e tutti erano felici perché ad un tratto vi furono delle buone radiografie. All'inizio del 1938 ricevetti l'incarico di fondare il laboratorio centrale delle BI. Quando nell'autunno del '38 le truppe di Franco giunsero fino al Mediterraneo e divisero in due la Spagna repubblicana, evacuammo circa 1000 ammalati e feriti (epidemie di tifo, ecc.) da Albacete a Vieh, in Catalogna, sulle pendici del Pirenei. Quando le truppe di Franco raggiunsero Barcellona, eravamo ancora circa 30 donne della CSI – a continuare a curare i feriti gravi sulla costa nei pressi della frontiera francese; venimmo poi evacuati in Francia con l'ultimo convoglio. Centinaia di migliaia di spagnoli fuggivano con noi. Come un largo fiume, la popolazione in fuga si muoveva verso la frontiera, spinta da piccoli tank guidati da italiani, che neppure più sparavano. Poi - allez hopp - in un campo di concentramento per donne a St. Zacarie a Nord di Marsiglia, con 100 donne e bambini spagnoli. A fine aprile 1939 raggiunsi la Svizzera, paese che non conoscevo.”
“L'utopia anarchica promuove la responsabilità individuale e il pensiero autonomo, rifiuta l'adeguamento/omologazione in sé. È organizzata orizzontalmente e crea reti sociali tra individui con pari diritti. Ecco alcune esperienze di questa utopia: in Catalogna viene spesso definito un miracolo questo cambiamento rivoluzionario e totale dei rapporti di proprietà che ha funzionato circa per quasi un anno. La produzione industriale, i servizi, i trasporti e l'agricoltura avevano iniziato a funzionare sorprendentemente bene, in modo autogestito. Nel corso della guerra gli anarchici avevano creato delle cosiddette zone liberate, dove avevano iniziato a creare il loro modo di convivenza come società libertaria. Queste inventive, creatività e aiuto reciproco dovevano imporsi attraverso l'esempio e non con il potere. Il Governo repubblicano già completamente dominato dal Parito comunista ha lasciato probabilmente troppo poco tempo agli anarchici, per permettere al loro ordinamento libertario di convincere e motivare l'intera popolazione attraverso l'esempio.”
Il concetto del PC di un'organizzazione verticale della dittatura del proletariato e presa del potere è diametralmente opposto al concetto dell'unione basata sulla responsabilità individuale, la volontarietà e dell'aiuto reciproco su una forma di baratto, senza denaro quale valore di scambio alienato, al punto che i due modelli non permettevano alcun compromesso. In un secondo tempo, nel concetto comunista era contenuta una vaga estinzione dello Stato; in fondo si trattava di una richiesta anarchica di cui però oggi non se ne parla più. Gli uni non possono che respingere gli altri come caotici, gli altri rispondono che i comunisti sono affamati di potere. Nel concetto del PC ordine significa: l'avanguardia sapiente forma l'élite del potere che pensa per le masse mute e le guida. In questo modo le persone sono meglio governabili. Nel suo diario The Spanisch Cockpit, Borkenau riferisce di un colloquio con un uomo d'affari borghese/repubblicano a Barcellona nel 1936 che disse: 'I comunisti sono gli organizzatori migliori, migliori degli altri partiti. Sono i più conservatori. Dicono: prima la guerra poi eventualmente la rivoluzione, ma prima la rivoluzione borghese poi quella proletaria'.
Nell'opera in due volumi sulla Guerra di Spagna, Trotzky manifesta un cosiddetto disprezzo maschile per il rifiuto del potere da parte degli anarchici, rifiuto considerato femminile. Trotzky inveisce in questo modo: 'Non sanno combattere, le rivoluzioni sono questioni da uomo; gli anarchici sono dei parolai, pusillanimi, brontoloni, piagnucolosi, hanno solo paura, sono rammolliti fino al midollo dalla routine dei tempi di pace', ecc. Questa gentaglia effeminata, lui non la capisce. Ci fosse stato lui al posto degli anarchici, che regnavano a Barcellona al 90%, avrebbe naturalmente rafforzato il potere tramite forme di organizzazioni gerarchiche e lui avrebbe senz'altro preso il potere. Lui, l'organizzatore dell'Armata rossa, riscontra un fenomeno estraneo inquietante. Lo deve svalorizzare e se possibile annientare. La storia non gli dà ragione. La guerra di liberazione jugoslava ha dato ascolto all'esperienza spagnola, poiché era organizzata militarmente secondo principi anarchici: milizie, guerriglia, gruppi autonomi, cambiamenti rivoluzionari immediati nelle regioni liberate.
Quando giunsi in Spagna l'anarchismo stava per essere distrutto. Ma a fine 1937 ho visitato a Nord di Albacete una collettività anarchica rurale ancora perfettamente funzionante. Ero sorpresa come fosse fondata sulla volontarietà, sulla responsabilità autonoma, sull'unione solidale e sul mutuo appoggio; esattamente quello che costituiva il carattere di fondo delle BI. Ma è solo lì che ho unito l'esperienza e la teoria dell'anarchismo.

In occasione della nostra partecipazione volontaria alla guerra di liberazione jugoslava, nei combattenti ed i feriti abbiamo riscontrato nuovamente il carattere specifico liberatorio e solidale. Lì veniva realizzato il modello anarchico - guerra e rivoluzione contemporaneamente: guerriglia, organizzazione miliziana delle forze combattenti (per esempio veniva discussa ogni decisione militare), regioni liberate con distruzione del vecchio ordinamento, strutture di autogestione. Così Tito ha vinto la guerra contro la supremazia enorme delle forze militari italiane e nazionalsocialiste e delle sue armi, ampiamente superiori. Purtroppo le esperienze dopo la vittoria su Hitler, quando gli Jugoslavi iniziarono a realizzare i frutti della loro specifica rivoluzione, furono tristi. Come se avessero sanguinato troppo, e avessero poca forza per consolidare il loro modello che durante la guerra aveva dato buoni risultati, e a poco a poco si intrufolarono le tendenze per il potere.
Benché il modello dell'autogestione nell'agricoltura e nell'industria fosse ancorato nella Costituzione, il Partito (Lega dei comunisti) non abbandonò completamente le redini del potere. Quindi, l'esperimento stagna.”



Radiologieassistenti, Laborantin, Ethno-Psychoanalitikerin

Graz (Oesterreich) 30.5.1911 - Zürich 25.4.1997.

Schweizerische Staatsangehörige.
(Geborene Matthèy-Guenet - heiratet Paul Parin 1955)


Von 1937 bis 1939 ist sie in Spanien als Röntgenassistentin, in den Internationalen Brigaden. Danach lässt sie sich in der Schweiz nieder. 1944-45 reist sie als medizinische Laborantin und Radiologin nach Jugoslawien, wo sie zusammen mit den Aerzten Paul Parin, Fritz Morgenthaler, dem Tessiner Elio Canevascini, Marc Oltramare, Hannes Merbeck, August Matthèy -Guenet (Bruder), Guido Pidermann die Partisanen medizinisch unterstützt. Im April 1952 eröffnet sie mit Paul Parin und Fritz Morgenthaler in Zürich eine Privatpraxis für Psychonalyse.


Auszüge aus einem Interview aus dem Jahre 1986 gegenüber dem alternativen Lokalsender LORA:

"... In Oesterreich war gar nichts mehr zu machen. Und ich sah sofort: Das ist die Chance, vielleicht können wir dort noch die braunen Massen aufhalten. Es war ganz klar, in Österreich wußte man, daß der Krieg kommt, der 2. Weltkrieg. Also, ich hatte keine Angst, und es war außerordentlich spannend. Es war spannend, wie ich nach Spanien kam. In Österreich mußte alles klandestin geschehen. Es wurde von der Kommunistischen Jugend Wien organisiert, da bekam ich Ende März eine Fahrkarte nach Basel, und dort sollte ich mich in einem Lokal bei "dem Schwarzen" melden. Dann bin ich also nach Basel gegangen; "der Schwarze" hat mich dann weitergeleitet, mir eine Zugkarte erster Klasse Schnellzug in die Hand gedrückt, und so kam ich nach Paris. In Paris stiegen wir, die im Zug waren und die wir uns gegenseitig mißtrauisch beschauten, weil man ja nicht wußte, ob ein Spitzel dabei war, alle aus. Wir wurden mit Camions in das berühmte Hotel Esperance im 18. Bezirk, im Arbeiterbezirk, gebracht. Und das war nun außerordentlich eindrucksvoll: Den ganzen Tag kamen dort Freiwillige für Spanien von der ganzen Welt an. Das war so umwerfend. Die wurden dann weitergeschleust. Ich wurde aufgespart, weil es keinen Röntgenassistenten in Spanien gab, so war ich also wertvoll. Ich wurde dann mit einer Spezialtruppe nach Spanien geschleust, nach Südfrankreich zuerst, dann nach Sète, dann wieder nach Montpellier, mit dem Taxi, weil unten in Südfrankreich die croix feu [Bund ehemaliger Soldaten und Verwundeter aus dem zweiten Weltkrieg, nationalistisch] waren, die damals jeden, der verdächtig war, nach Spanien zu gehen, sofort verhaften ließen.

Endlich war es so weit. In Sète lag ein Kutter an der Reling, und ich bin mit den sieben Genossen - der eine war der Fliegende, der das spanische Gold nach Frankreich gebracht hatte, und andere waren Militärexperten aus Kanada, und dann waren noch litauische Ärzte dabei - also mit denen sind wir dann nach einem Signal in den Bauch dieses Schiffes gesprungen, und dann hat das Schiff abgelegt. Dann war hoher Seegang, wir wurden alle furchtbar krank und waren überhaupt nicht heldenhaft, bis wir dann eben in Figueras an die Küste kamen. Dort wurden wir in die Kasematten der riesigen unterirdischen Festung gebracht. Und das war nun wiederum dieses unglaublich umwerfende Erlebnis, was ich wirklich jedem wünschen würde. Aus der ganzen Welt, selbst aus Japan, waren Freiwillige da, jeder mit seiner eigenen Geschichte und großen Strapazen und Gefahren, und kamen dort zusammen, alle, um gegen den Faschismus in Spanien zu kämpfen.
Ein Ereignis stimulierte meine Wachsamkeit. Als wir - die tausend Freiwilligen aus den Kasernen von Figueras - in den Zug gesetzt wurden, wir Frauen und Männer der Interbrigaden, waren es gerade die heißen Mai-Tage 1937. Wir wurden in einen verschlossenen Zug gesetzt, mit verschlossenen Fenstern. So fuhren wir nach Barcelona. Wir sollten den Barrikaden-Kampf der Kommunisten zusammen mit den republikanischen Regierungstruppen gegen die anarchistischen Milizen der CNT und der trotzkistischen POUM nicht sehen. Man sagte, das seien Kämpfe der UGT, der Kommunistischen Vereinigten Arbeiterpartei, mit der Fünften Kolonne; die würden den Faschisten helfen. Warum wir das nicht sehen sollten, machte mich mißtrauisch und hellhörig.

In Albacete, einer kleinen Stadt in der Mancha (Zentralspanien), war die Basis der Internationalen Brigaden und der CSI, der Centrale Sanitaire Internationale. Nach langen klandestinen Schleichwegen kam ich Anfang Mai 1937 nach Albacete ins Röntgen, und alle waren happy, weil plötzlich gute Röntgenbilder entstanden. Anfang 1938 bekam ich den Auftrag, das zentrale Laboratorium der internationalen Brigaden aufzubauen. Als die Franco-Truppen im Herbst '38 den Vorstoß ans Mittelmeer bei Vinaroz schafften und das republikanische Spanien in zwei Hälften teilten, evakuierten wir von Albacete nach Vieh in Katalonien am Hang der Pyrenäen, ungefähr tausend Kranke und Verwundete (Typhusepidemien usw.). Als Franco-Truppen vor Barcelona standen, waren wir noch ungefähr 30 Frauen der CSI, die die Schwerstverwundeten in der Nähe der französischen Grenze an der Küste weiterbetreuten, diese evakuierten und schließlich selbst mit dem letzten Camion die französische Grenze erreichten. Hunderttausende der Spanier flohen mit uns. Im breiten Strom wälzte sich der Flüchtlingsstrom der Bevölkerung zur Grenze, hinter uns waren die kleinen Einmann-Tanks der Italiener, nicht mehr schiessend, nur diese riesigen Massen vor sich her treibend. Dann - allez hopp - in ein Frauenkonzentrationslager in St. Zacharie nördlich von Marseille mit hundert spanischen Frauen und Kindern. Ende April '39 kam ich in die Schweiz, die ich vorher nicht kannte.”

Die anarchistische Utopie fördert Selbstverantwortung und das eigene Denken, lehnt Anpasserei und Abhängigkeit ab. Sie ist horizontal organisiert und schafft Vernetzungen unter gleichberechtigten Individuen. Was davon gelebt wurde: In Katalonien wurde es oft als Wunder bezeichnet, wie sehr diese revolutionäre, totale Umwandlung der Besitzverhältnisse ungefähr ein dreiviertel Jahr funktioniert hat. Die industrielle Produktion, Dienstleistungen, Verkehr und Landwirtschaft haben selbstverwaltet erstaunlich gut zu funktionieren begonnen. Die Anarchisten haben mitten im Krieg sogenannte befreite Gebiete geschaffen, wo sie begannen, ihre Art des Zusammenlebens als libertäre Gesellschaft zu kreieren. So viel Erfindungsgeist, Kreativität und gegenseitige Unterstützung sollte sich als Beispiel durchsetzen und nicht mit Macht durchgesetzt werden. Die republikanische Regierung, die dann schon ganz von der KP beherrscht wurde, ließ den Anarchisten wohl zu wenig Zeit, um ihre libertäre Ordnung als Beispiel zur Überzeugung und Motivierung der Bürger wirken zu lassen.“

"Das Konzept einer vertikalen Organisation der KP mit Diktatur des Proletariats und Übernahme der Macht ist derart diametral entgegengesetzt zum Konzept des selbstverantwortlichen, freiwilligen Zusammenschlusses und der gegenseitigen Hilfe, einem Tauschhandel ohne entfremdetes Geld als Tauschwert, daß die beiden Modelle kaum einen Kompromiß zulassen. Für später war ja im kommunistischen Konzept ein vages Absterben des Staates enthalten; das ist eigentlich eine anarchistische Forderung, von der man aber jetzt nicht mehr redet. Die eine Seite muß die andere als chaotisch beziehungsweise machthungrig verwerfen. Ordnung im KP-Konzept heißt: Die wissende Avantgarde bildet die Macht-Elite, die für die stummen Massen denkt und sie führt. Auf diese Weise sind die Menschen besser regierbar. Borkenau berichtet in seinem Tagebuch „The Spanish Cockpit“ (dt. „Kampfplatz Spanien“, Klett-Cotta 1986; Anm. SF-Red.), von einem Gespräch mit einem bürgerlich-republikanischen Geschäftsmann in Barcelona 1936. Dieser sagt: „Die Kommunisten sind die besten Organisatoren, besser als die anderen Parteien. Sie sind die konservativsten. Sie sagen: Zuerst Krieg, dann eventuell Revolution - aber zuerst käme die bürgerliche, danach dann die proletarische Revolution."
"In Trotzkis zweibändigem Werk über den Spanischen Bürgerkrieg (vgl. ISP-Verlag, Frankfurt; Anm. der SF-Red.) findet man deutlich eine sogenannte männliche Verachtung für die als weiblich diskriminierte Ablehnung der Macht durch die Anarchisten. Er schmäht sie: „Die verstehen nicht zu kämpfen; Revolutionen sind eben nur Männersache; Anarchisten sind Phrasendrescher, mutlos, murrend und flennend, haben nur Angst, sind durch und durch verweichlicht von der Routine friedlicher Zeiten“ etc. Dieses weibliche Pack kann er nicht verstehen. Er, anstelle der Anarchisten, die in Barcelona zu 90 Prozent herrschten, hätte natürlich die Macht durch hierarchische Organisationsformen befestigt und an sich gerissen. Er, der Organisator der Roten Armee, trifft auf ein fremdes, unheimliches Phänomen. Er muß es entwerten, am besten vernichten. Die Geschichte gibt ihm nicht recht. Der jugoslawische Befreiungskrieg hat die Lehren aus Spanien beherzigt, er war militärisch nach anarchistischen Prinzipien organisiert: Milizen, Guerilla, eigenverantwortliche Gruppen, sofortige revolutionäre Umwandlung in befreiten Gebieten.“

"Als ich nach Spanien kam, wurde der Anarchismus gerade zerstört. Aber Ende 1937 habe ich im Norden von Albacete ein noch voll funktionierendes anarchistisches bäuerliches Kollektiv besucht. Ich war erstaunt, wie ähnlich es gegründet war auf Freiwilligkeit, Selbstverantwortung und solidarischem Zusammenschluß und gegenseitiger Unterstützung; genau das machte den Hauptcharakter der Internationalen Brigaden aus. Dort habe ich das Erleben und die Theorie des Anarchismus erst zusammengebracht.

Bei unserer freiwilligen Teilnahme am jugoslawischen Befreiungskrieg begegnete uns wieder der spezifisch befreiende und solidarische Charakter bei den kämpfenden und den verwundeten Menschen. Dort wurde das anarchistische Modell - gleichzeitig Krieg und Revolution - realisiert: Guerilla, Milizorganisation der Streitkräfte (jeder militärische Schritt wurde z.B. mit allen diskutiert), befreite Gebiete mit Zerstörung der alten Ordnung, Selbstverwaltungsstrukturen. Tito hat gegen die riesige Übermacht der italienischen und nationalsozialistischen Heeresmacht und ihrer weit überlegenen Bewaffnung den Krieg gewonnen. Die Erfahrungen nach dem Sieg über Hitler, als die Jugoslawen die Früchte ihrer so eigenständigen Revolution zu realisieren begannen, waren traurig. Wie wenn sie zu viel geblutet hätten und wenig Kraft zur Konsolidierung ihres eigenen im Krieg bewährten Modells gehabt hätten, schlichen sich Machttendenzen ein. Obwohl das Selbstverwaltungsmodell in Landwirtschaft und Industrie selbst in der Verfassung verankert ist, kann die Partei (Bund der Kommunisten) die Machtzügel nicht ganz aus der Hand geben. Das Experiment stagniert.”

 
QUELLEN: GB / alternativer Lokalsender LORA 1986, Auszug /


FONTI:

GB /Emittente locale alternativa LORA 1986, estratto, traduzione dal tedesco di Rosemarie Weibel /




CRONOLOGIA: