w
hat does [henry] rollins think of uk bands like the overtly political crass?
personally i always like crass as a cool concept and the music kind of bored me. you know, nnmmmm, nnmmmm, with a guy spieling over the top of it. you listen to it once, but can you put it in a car stereo - no!

cosa ne pensa henry rollins di gruppi inglesi politicamente impegnati come i crass?
personalmente i crass mi sono sempre piaciuti a livello concettuale, ma la musica mi fa morire di noia. roba tipo nnmmmm, nnmmmm, con un tizio che ci urla sopra. è roba che si ascolta una volta sola. poi, si potrà mica ascoltarla in macchina, no!
 

interviste e dichiarazioni

origine | source link
1. maximum rock'n'roll [ruth schwartz, ottobre-novembre 1983] www.maximumrocknroll.com
2. anok4u [marco pandin e gino collelli, giugno 1983]
3. usine [1986?]
4. no class [1985?] www.noclass.co.uk
5. mucilage [1984] www.uncarved.org
6. artificial life [1984]
7. guilty of what [1984]
8. perfect sound forever [richie unterberger, 1996] www.furious.com/perfect/crass.html
9. steve ignorant | punk77 [paul, ottobre 2007] www.punk77.co.uk
10. penny rimbaud | punknews.org [ollie mikse, 2009] www.punknews.org
11. the feeding of the 5,000 [note alla seconda edizione, 1980]
12. a/sides [presentazione di penny rimbaud, 1992]

se avete fretta cliccate sul nome del giornale/fanzine/libro/disco etc. (da 2. in poi) per puntare direttamente all'intervista corrispondente
prima di riprodurre queste traduzioni ho chiesto l'autorizzazione degli intervistatori e/o dei responsabili dei vari giornali, quando è stato possibile identificarli e raggiungerli.
le interviste originariamente realizzate dalle fanzine artificial life e guilty of what sono state tratte dalla fanzine criss crass.
la traduzione dell'intervista di no class è basata sulla versione originale cartacea della fanzine, non su quella condensata/ridotta che compare nel sito.
le versioni sono integrali, tranne qualche breve ritaglio contrassegnato da (...) e qualche aggiunta racchiusa tra [parentesi quadre]

 

maximum rock'n'roll
[raccolta da ruth schwartz, pubblicata su maximum rock'n'roll #9, ottobre-novembre 1983]
 

[le varie risposte sono individuali e sono state qui riportate collettivamente come crass, su richiesta del gruppo].
per evitare di fare un'altra cronologia dei crass, potreste raccontarmi in breve dove sentite di essere stati e dove pensate di essere ora rispetto all'attività che state svolgendo?

crass - è difficile, perché non so se sento che siamo stati da qualche parte.

qual'è la vostra attività? siete un gruppo rock'n'roll?

crass - no, penso che abbiamo la capacità di essere un punto di raccolta di informazioni ed essere al contempo una fonte di informazioni.

che tipo di informazioni?

crass - informazioni sovversive. informazioni che siano in grado di creare sovversione.

trovate ci siano differenze tra quello che facevate anni fa e il tipo di informazioni che diffondete ora?

crass - non molte. ce ne sono solo nell'importanza di quello che facciamo ora poiché la situazione sociale, qui ed ora, s'è fatta molto più grave.

che cosa succede di così grave?

crass - credo che la società si stia trasformando in un qualcosa di più chiuso e rigido, pericoloso, razzista, sessista, classista e nazionalista.

e che cosa potete fare?

crass - beh, il nostro scopo principale come gruppo è informare la gente della gravità della situazione e sperare che la gente reagisca al modo in cui stanno andando le cose. il nostro scopo come singoli individui è qualcosa che deriva direttamente dalla coscienza di ciascuno. le nostre risposte individuali sono intime, personali, e spesso vanno ben oltre a ciò che riusciamo a fare collettivamente come gruppo. direi di tenere ben distinto ciò che siamo noi come singoli da ciò che siamo noi come gruppo. come gruppo siamo un'associazione in cui ciascun membro non può agire in completa libertà, come singoli siamo invece in grado di occuparci di certe cose che al gruppo, in quanto tale, non sono permesse.

ad esempio?

crass - diffondere informazione non è come pubblicare un vocabolario. se si diffonde un certo tipo di informazione…

molti tra quelli che vi criticano direbbero che siete partiti per la tangente...

crass - è quello che pensi tu?

non è necessariamente quello che penso io, ma sento molti che dicono che siete andati fuori di testa e che non vi dà più retta nessuno.

crass - se a te sta bene credere che valga la pena dar retta a qualcun'altro…

pensate di avere una qualche influenza?

crass - penso che la nostra influenza sia enorme, e che grazie a quei pochi gruppi come il nostro si sia riusciti a raccogliere un gran numero di persone attorno agli attivisti, alle manifestazioni pacifiste, ai raduni, ai cortei, ai movimenti animalisti. non è detto che io debba per forza sostenere tutto questo, ma abbiamo fatto sì che molta gente sia uscita di casa e si sia messa a fare qualcosa di concreto. è stata un'influenza indiretta magari, ma un'influenza molto forte.

ma prima mi stavate dicendo che il vostro è stato un impatto limitato, che non avete fatto abbastanza…

crass - non è abbastanza perché fino a tre settimane fa pensavo ci fossero degli argomenti forti per un'attività riformista. a partire dagli anni cinquanta c'è stata la sensazione giustificata che ci fosse un disegno riformista a portarci lentamente verso una società più aperta, tollerante e libera. se la thatcher si fosse ritrovata in minoranza, si sarebbe potuto continuare a crederlo. ma dal momento che ha ottenuto una maggioranza schiacciante, si deve comprendere che un atteggiamento riformistico non è più adeguato. l'appoggio larghissimo su cui può contare il governo thatcher costringe il disegno riformista a un salto all'indietro di dieci, quindici anni. per questo, cinque settimane fa avrei potuto dirti che il nostro impatto sociale è stato consistente, mentre ora posso solo dire che è tutt'altro che adeguato, che non è sufficiente, che non colpisce nei punti giusti.

cos'avete intenzione di fare ora?

crass - credo che il nostro contributo alla critica di ciò che accade all'interno dello stato abbia fatto press'a poco da ammortizzatore tra la rabbia e lo stato, invece che essere qualcosa di stimolante, qualcosa di più onesto, qualcosa che fosse davvero in grado di distruggere quelle barriere che continuano ad esserci. ma credo anche che molte delle nostre richieste si siano rivelate inadeguate soltanto alla luce degli avvenimenti più recenti, e questo non implica che siano stati per forza sbagliati gli atteggiamenti. penso che fossero giusti per allora, e che potrebbero non esserlo altrettanto ora.

crass - sono sempre stati fatti dei tentativi sporadici di mettere in imbarazzo i governi sia inglese che americano con metodi eversivi che ora non si dimostrano vincenti. i crass invece vogliono riuscirci. ci muoviamo all'interno dei mezzi di comunicazione perché è un settore che ci consente di irrompere ovunque in senso radicale senza che ci sia qualcuno che si faccia male. noi tentiamo di offenderli, di metterli in crisi e di spaventarli ma senza fare fisicamente del male a nessuno.

crass - come gruppo, sentiamo che "yes sir, i will" si sia focalizzato sul problema ancora prima che il problema venisse a porsi. l'album è incentrato sulla lotta di classe, e credo che la lotta di classe diverrà un nodo centrale entro i prossimi cinque anni. la lotta tra la gente comune da una parte, e l'élite dall'altra.

stando a come sono andate le elezioni, pensate che la gente comune ora stia ragionando come le classi privilegiate?

crass - no, credo però che gli piaccia immaginare d'esserlo. sono certo che molti vorrebbero ritrovarsi in quella posizione, ma scopriranno presto e nella maniera più spiacevole qual è il loro posto reale nella società nel giro dei prossimi cinque anni. stiamo sprofondando nella recessione, stiamo sprofondando nella disoccupazione. è la gente comune che ne verrà colpita, non appena si renderanno conto di cosa gli succede cambieranno idea. non penso che chi comanda, in realtà, abbia molto seguito. sono in pochi. uno dei temi politici principali è il disarmo nucleare, in particolare i missili cruise. nel corso degli ultimi due anni su queste questioni c'è stata la possibilità reale di formare un governo socialista, e se ce l'avessero fatta e se si fosse cominciato sul serio a smantellare le basi nucleari queste sarebbero state questioni davvero importanti. penso che adesso queste non siano più questioni importanti perché non c'è alcuna possibilità per noi nei prossimi quattro anni di intervenire in qualche modo sulla politica nucleare del governo. magari se ne potrà riparlare tra quattro anni, magari diventerà un nodo politico importante alle prossime elezioni. parlando di questioni sociali, non dico che dobbiamo smettere di considerare questo un problema politico. credo che ci toccherà raccogliere i pezzi di quello che siamo andati costruendo nel corso degli ultimi due anni e dovremo far durare tutto ancora almeno per il prossimo anno. e credo che il cnd entro un anno circa sarà virtualmente cosa morta.

pensate di aver stabilito una qualche forma di comunicazione valida e diretta con la vostra controparte in altri paesi?

crass - il mio punto di vista personale è che non so cosa. so bene quali sono i problemi che mi piacerebbe creare. le questioni principali riguardano le strutture sociali e finché non riusciremo a rovesciare, in un modo o nell'altro, chi ci comanda -la chiesa, la famiglia reale- non riusciremo mai a rendere migliore questo paese. finché questo non succederà, niente potrà davvero cambiare mai. e io non so che cazzo fare, non lo so. abbiamo una grande, enorme esperienza da condividere con la gente di qui e di altri paesi. parlando in termini di strategia mediatica, penso che come gruppo siamo giunti al punto di dover cercare una nuova prospettiva per poter rientrare in gioco. 

che prospettive state considerando?

crass - per la natura stessa delle cose che facciamo, staremo a vedere volta per volta. ma ciascuno dei membri del gruppo reagisce alla paura e si esprime nel modo che viene poi fuori nei nostri dischi. ognuno di noi può avere idee diverse su cosa si dovrebbe fare, o magari pensare che non dovremmo fare nulla. il mio punto di vista personale è che ci terrei, finché sarà possibile, a evidenziare la contrapposizione tra la gente normale e quelli che comandano perché credo sia li il nodo della questione. e mi concentrerei sul problema così che la gente invece di manifestare attorno alle basi nucleari si raccogliesse a manifestare attorno a buckingham palace. non ci si armerebbe di missili se non fosse per il nazionalismo, per il militarismo.

vi sentite isolati come inglesi? nel senso che queste cose non succedono, per dire, in america o in altri posti, e succedono solo in gran bretagna?

crass - tra le conseguenze più importanti che la gente può provocare è dimostrare che il cambiamento è possibile. voglio sperare che molto di quello che abbiamo fatto abbia ispirato l'attività di altre persone. e proprio per quello che potrebbe succedere in america nei prossimi mesi, penso che ci siano motivi importanti che spingano i riformisti a manifestare in strada per le riforme. proprio perché ci sono le elezioni dovreste essere tutti là fuori a farvi sentire. se reagan sarà rieletto, in america sarete proprio come noi siamo qui ora. con questo governo è da stupidi farsi notare troppo per strada. il movimento deve ritornare a muoversi sotto terra, deve reimparare a muoversi e riorganizzarsi nell'ombra perché questa è diventata una società pericolosa.

pensate che tornando sotto terra si riuscirà a raggiungere la radice dei problemi?

crass - penso che la radice ci sia. se ci sono persone che vogliono cambiare la situazione con metodi rivoluzionari e altre con metodi riformisti, allora è meglio che non ci siano tanti rivoluzionari in giro perché le idee che questi creano e lo spazio che prendono e le idee in movimento si rivelano molto più pericolose della gente in sé.

come può la vostra attività portare a disfarsi dei governi e sbarazzarsi dei partiti? credete non sia possibile un cambiamento attraverso il sistema della rappresentanza politica?

crass - no, non sosteniamo affatto i partiti. si stava solo discutendo del fatto che l'atteggiamento riformista potesse avere senso fino a qualche settimana fa. ma, sia che si sostenga il riformismo oppure no, resta il fatto che prima della guerra delle falklands nel paese c'era un'atmosfera di natura pacifica, di crescita e progresso e che questo è per forza segno di un movimento riformista. il movimento pacifista c'era allora e c'è adesso. la guerra delle falklands lo ha riportato indietro di dieci anni, e queste elezioni lo dimostrano. fino alla guerra della falklands il movimento pacifista era in continua crescita e sviluppo, ecco perché i laburisti e i socialisti si sono lanciati in un programma politico antinucleare, perché hanno capito che il movimento pacifista era un movimento forte. i partiti hanno messo le mani addosso al movimento, come sempre è stato fatto in tempo di elezioni. anche negli anni sessanta era successa la stessa cosa, sono arrivati al governo con le belle promesse fatte prima del voto. nel programma elettorale si dichiarava la rinuncia agli armamenti nucleari, perciò quello che noi diciamo rientra perfettamente nello schema riformista dei partiti, anche se noi ce ne restiamo fuori. a dire il vero sono anni che ne parliamo, ancora da quando si pensava all'eventualità che il partito facesse esattamente quello che poi ha fatto, e discutevamo se appoggiare o meno il partito laburista, cosa che poi non abbiamo fatto. ne avevamo discusso a lungo, e avevamo previsto che le cose andassero a finire come sono poi finite, quando i laburisti si sono resi conto che una posizione antinucleare non avrebbe portato lontano nella caccia al voto. hanno fatto dietro front perché si sono accorti che stavano perdendo consensi. non hanno abbandonato il tema antinucleare, ma per loro non è più una questione politicamente rilevante.

siete membri di qualche partito?

crass - no, ma credo ci sia una contraddizione profonda nel fatto che esistiamo come gruppo. siamo in pratica un gruppo di persone distinte, e ciascuno crede nell'assoluta autorità individuale. eppure, siamo tutti membri di un'organizzazione, il nostro gruppo appunto, la cui consistenza, grande o piccola che sia, dipende costantemente dal sostegno esterno che riceviamo. ecco la nostra enorme contraddizione, perché la nostra politica fondamentale è sempre stata fondamentalmente individualista. siamo stati incoerenti sin dall'inizio.

due domande sull'individualismo. può il singolo avere potere sufficiente per portare dei cambiamenti a livello sociale? e ancora, pensate che la gente riuscirà mai a raggiungere questo livello di responsabilità?

crass - come individuo mi ritengo sufficientemente responsabile, e credo che questo valga allo stesso modo per tutti. credo nella mia completa onnipotenza, e quindi nell'onnipotenza di ciascuno.

pensi che anche gli altri possano farlo?

crass - la gente è condizionata alla passività e all'inerzia. è su questo che si basa il sistema sociale, sin dalla nascita di ciascuno. è incredibile la responsabilità e la forza che la gente dimostra di possedere nonostante il disastro che è costretta a sopportare.

quindi la gente non è stupida, è solo indotta ad esserlo…

crass - sì, dev'essere per forza così. siamo tutti coinvolti in quest'opera di salvataggio, tutti i gruppi antagonisti, riformisti, rivoluzionari: il salvataggio dell'individuo. fintanto che c'è subordinazione, fintanto che si delega, non c'è nessun vero futuro. a volte le persone che decidono di farsi carico delle responsabilità riescono a ottenere risultati migliori delle forze di polizia, direi quindi che sì, un singolo individuo riesce a cambiare le cose. a volte per farlo ci si dev'essere costretti. il problema dei movimenti è che a volte vi si aderisce per essere sostenuti più che per portare sostegno, non ci si prendono responsabilità individuali. ecco perché penso che non funzionino.

vi considerate più come singoli individui che come gruppo?

crass - tutti contribuiamo al gruppo, ciascuno con le proprie idee. siamo tutti impegnati a farlo funzionare. la gente si fa coinvolgere allegramente in questi movimenti rivoluzionari e sembra che il movimento cresca. ma invece non cresce niente. il movimento è una scusa per quelli che non sanno stare in piedi da soli. una delle critiche più feroci che ci è stata fatta è perché ci rifiutiamo di incitare la gente ad organizzarsi. certo che, volendo, potremmo farlo. se domani facessimo un comunicato stampa adatto, ci riusciremmo. siamo riusciti a stipare mezzo migliaio abbondante di persone in un posto occupato per quella che sembrava una recita natalizia. potremmo farlo ogni volta, ma non ci interessa offrire delle stampelle. ci rifiutiamo di offrire stampelle, e siamo stati attaccati per questo, perché facciamo domande invece che dare risposte. le risposte sono le stampelle, ciascuno ha le proprie. noi non abbiamo risposte. tutto quello che possiamo fare è fare domande, e distruggere le risposte. per esempio, credo che il nostro contributo al dissenso e alla sovversione in questo e in altri paesi sia stato assai grande. e penso che ora potremmo calciare via le stampelle che la gente si è presa da noi, stampelle come il movimento pacifista e il movimento animalista. e penso che alla fine anche questo non sarà abbastanza, che non si cambierà niente liberando la gente.

avete intenzione di prendervela con la gente che lo fa?

crass - non ce la prenderemo con la gente che lo fa. caso mai ce la prenderemo contro noi stessi come abbiamo fatto con "yes sir, i will". ce la prenderemo col nostro attaccamento alle cose in cui crediamo, alla nostra "fede", per mostrarci come individui singoli e poi prendere le distanze dalle nostre posizioni.

cosa credete di aver fatto con "yes sir, I will"?

crass - credo che ciascuno abbia riflettuto a lungo sulla propria posizione come singolo membro di un gruppo ed abbia rapportato più ampiamente l'analisi alla situazione sociale contemporanea. credo che il nostro compito sia analizzare le varie situazioni e diffondere le risultanze come se fossimo una specie di servizio informazioni. poi lo scenario diviene internazionale perché se si comincia a spalare merda non ci si può fermare a livello locale. certo, la guerra delle falklands è stata un affare interno, eppure il coinvolgimento americano non si è limitato al semplice invio di aiuti. si sa che c'era di mezzo la cia. noi raccogliamo informazioni da gente di tutto il mondo, raccogliamo pezzetto dopo pezzetto che cerchiamo di mettere insieme per trovare un disegno. credo che siamo piuttosto abili a scoprire dei disegni nascosti nel nostro paese, gli siamo stati addosso più di venti volte e ogni volta ci si è ritrovati davanti a un muro invalicabile. non vale la pena continuare così. come s'è detto prima a proposito della politica nucleare, non ci si sbarazza degli arsenali nucleari perché c'è la monarchia. ci sono le armi nucleari perché c'è la monarchia. ci sono le armi nucleari perché c'è l'america della cia e di reagan. quindi il problema di sbarazzarsi degli arsenali nucleari non è chiaro e semplice e concreto, perché si devono prendere in considerazione anche aspetti politici profondi, come il problema culturale elementare dell'affrontare i bisogni del paese, o le relazioni e pressioni internazionali che hanno portato alla presenza di quelle armi.

da una parte dite di affrontare queste grosse questioni internazionali, dall'altra siete presi dai problemi personali.

crass - riusciremo a ottenere la libertà individuale solo prendendo in nostra mano l'intera situazione. supponiamo di essere rinchiusi in una cella di due metri quadrati coi muri bianchi, condannati all'ergastolo. sarebbe strano che la libertà consistesse nell'ottenere la conoscenza perfetta in quell'ambiente così ristretto. quello sarebbe il nostro posto e basta, ci si troverebbe ad affrontare il problema reale di restare esseri umani. ma nella realtà ci troviamo di fronte a continui mutamenti, in un ambiente che si modifica costantemente e che dobbiamo tentare di comprendere. parte dell'essere degli individui sta proprio in questa comprensione, in questa conoscenza. la nostra responsabilità è raggiungere una conoscenza complessiva su tutto.

pensate di poter raggiungere la conoscenza complessiva di tutto?

crass - sì, penso che si possa. certo. il che non implica che si debba per forza conoscere profondamente questa o quella teoria, ma che si raggiunga una buona comprensione geometrica delle relazioni tra le cose. credo che uno dei nostri limiti come gruppo sia che ci si sia concentrati sulla situazione del nostro paese e che non si siano colte, almeno fino a un certo punto, le implicazioni internazionali.

perché non avete pensato di spostarvi altrove per sperimentare la vostra attività in un contesto internazionale?

crass - non vogliamo che ci sia un qualche surrogato di noi stessi all'estero. perché mai dovremmo? hai detto proprio "sperimentare la nostra attività in un contesto internazionale": non sta mica a noi fare il lavoro sporco di qualcun'altro. c'è stato un periodo in cui s'era deciso di non spostarci neanche da londra…

eppure c'è una certa quantità di comunicazione che si mette in movimento quando vi spostate.

crass - c'è una bella differenza tra comunicazione ed effetto. siamo in una posizione tale da poter fare comunicazione sulla situazione internazionale. quando ci spostiamo in questo paese, influiamo direttamente sulla situazione locale. ad esempio riusciamo a radunare grandi quantità di persone in posti strani e provochiamo una qualche reazione. l'abbiamo fatto spesso. in tutto il paese ci sono piccoli gruppi di persone attivissime che sanno fare un sacco di cose, suonano in un gruppo o stampano una fanzine o magari preparano una bomba incendiaria e la lanciano in un macello.

siete in grado di ispirare la gente anche di altri paesi?

crass - certo, sappiamo bene come fare, cazzo, specialmente in america. mi piacerebbe girare, ma non col gruppo. mi piacerebbe andare ad aiutare della gente a mettere in piedi un posto dove suonare, o qualcosa del genere. se ci andassimo col gruppo, verrebbe fuori una cosa del tipo "ci sono i crass che suonano". un altro concerto. non riusciremmo a lasciare niente dietro se non "un altro concerto". non riusciremmo mai a essere piccoli abbastanza da scomparire e operare ad un livello reale. rimarremmo alla superficie, come succede alla maggior parte dei gruppi americani che vengono a suonare qui. l'attività di gente come noi è per metà sotterranea e per metà pubblica. ovviamente non abbiamo alcuna intenzione di rendere pubbliche le nostre attività segrete, e questo è tutto. in questa situazione non c'entra un cazzo essere un gruppo musicale. e se tra un po' verrà fuori qualche gruppo in america che farà delle cose che condividiamo, magari si potrebbe anche pensare di venire lì a dare una mano.

come vi rapportate rispetto ai vostri affari commerciali?

crass - secondo me, la nostra etichetta è parte integrante del nostro impegno come gruppo punk. punk inteso come "fatelo da soli", "sostenetevi reciprocamente", "indipendenza", "si può fare", "non importa cosa fai ma perché lo fai".

pensate che questi ideali ora siano diversi?

crass - no, credo che siano validi tuttora. che siano sempre validi. noi continuiamo a fare la nostra parte e ad impegnarci nel punk, anche se non credo che siamo ancora un gruppo definibile come punk. siamo completamente cambiati. personalmente non mi considero tale, e non sopporto quelli che si definiscono punk.

come vedete il punk che c'è ora in giro per il mondo?

crass - affanculo tutti. c'è in giro un sacco di gente del cazzo che canta sempre le solite cose. il punk è diventato un'altra moralità.

crass - sono d'accordo. qui succede proprio questo.

crass - in giro per il mondo c'è gente che non fa assolutamente niente di concreto e che sfrutta quello che va di moda.

crass - eppure, oltre a questa c'è dell'altra gente che si muove…

crass - certo che sì, e direi non solo nel punk. ci sono musicisti jazz, gente che suona reggae, classica, gente di tutti i tipi che si prendono a cuore le sorti del mondo e si sbattono. il punk alla fine è diventato un genere musicale. chi vende il punk deve per forza vendere certe idee ben precise, senza metterci impegno né azione, senza metterci onestà.

crass - sarebbe ora che la gente si fermasse una volta per tutte e facesse attenzione alle parole. se si ascoltassero davvero le parole e si credesse davvero a quello che si dice… cazzo, a ogni concerto punk ci si prende tutti per il culo, una marea di giubbotti di pelle, la liberazione animale… qualsiasi gruppo del cazzo ha in repertorio una canzone animalista. e il sessismo, poi. a un qualsiasi concerto punk il 99% del pubblico è fatto di maschi, metà dei quali è occupata a provocarsi e a litigare tra loro.

crass - ma a ogni concerto c'è anche gente sincera e impegnata.

potreste definire proprio così il vostro pubblico?

crass - no, il nostro pubblico è lo stesso di qualsiasi altro gruppo punk.

avete suonato dal vivo di recente?

crass - siamo stati a suonare costantemente in giro per sette anni, ci abbiamo dato dentro. quest'anno non abbiamo trovato un posto disponibile in città e allora abbiamo occupato un vecchio cinema e poi una vecchia discoteca e abbiamo organizzato un concerto. subito, la stampa a dire "i crass hanno dimostrato che l'anarchia e la pace funzionano". noi non abbiamo dimostrato niente. abbiamo dimostrato che si può organizzare con una certa facilità un concerto collettivo trasandato e a buon mercato in una vecchia discoteca in disuso. e questo è stato probabilmente il nostro concerto più brutto. abbiamo fatto bellissimi concerti in posti in cui la gente non era mai venuta a contatto con le nostre idee, ad esempio in una chiesa in montagna con una folla di ragazzini tutti vestiti come piace alla mamma e che non erano mai stati prima a un concerto. questi sono i concerti importanti, non quelli nei posti famosi in centro a londra dove vanno tutti i falsi punks per farsi vedere, perché poi è così, è la cosa più meschina che abbia mai visto. sono stato a un concerto non tanto tempo fa, a vedere i conflict. erano almeno tre mesi che non andavo a un concerto, e dopo una decina di minuti mi sono chiesto "ma che cazzo ci faccio qui?". era come essere in una discoteca, si poteva quasi ballare. a un certo punto mi si avvicina un ragazzino e mi chiede "cosa te ne pare?". "forti" gli dico io, e lui allora "penso che facciano schifo, qui non succede niente". e aveva ragione, non era successo niente! una volta, nel '77, ovunque si andava in giro c'era sempre nell'aria quel presentimento che qualcosa stesse per succedere, che ci fosse qualcuno che stesse organizzando qualcosa. ma ora si va a un concerto, si guarda un gruppo, se ne guarda un altro, sempre la stessa roba, e non c'è più nessuno scambio. non si discute più di cosa fare. non appena si parla di combinare qualcosa ci si dice "oh sì, è una buona idea" ma poi si resta lì, confusi. penso che il punk sia la forma più patetica di superficialità. il punk è diventato la parodia di sé stesso. una presa per il culo, la capitalizzazione della rabbia superficiale perché è venuta a mancare la rabbia vera.

cosa fate finché restate sotto la bandiera punk?

crass - non credo che siamo sotto la bandiera punk. siamo sotto l'etichetta che ci appiccica addosso la gente. se vogliono chiamarci punk, per me va bene.

il vostro ultimo disco "gotcha!" è piuttosto punk…

crass - mah, forse la struttura musicale lo è. "gotcha!" è la parodia di una parodia. una specie di oi-punk da strada, che poi è il genere più semplice da parodiare perché ha una struttura elementare. è uno scherzo dietro a uno scherzo dietro a un altro scherzo ancora. l'oi nel nostro paese propugna lo sciovinismo maschile: muscoli, tatuaggi e pestaggi. uno che conosco è stato a new york e mi ha raccontato che gli skinheads di lì non hanno la più pallida idea di che cosa sia il british movement, che è un'organizzazione fascista inglese. quindi l'oi in america è una cosa diversa dall'oi inglese. è come si diceva prima a proposito della diversità culturale, come se noi ci rivolgessimo a degli skatepunks. gli hell's angels in inghilterra hanno riti d'iniziazione piuttosto diversi dagli hell's angels in california. quelli di qui giocano a buttarsi in acqua e vanno in giro col casco perché è obbligatorio, sai che risate in california... lo stesso è per noi con gli skinheads americani che sono una copia raffazzonata e patetica di quelli londinesi presa di peso dalle pagine di sounds. è press'a poco lo stesso discorso dei punks tipo discharge: in california l'idea che un gruppo punk indossi giubbotti di pelle e quel genere di abbigliamento è assolutamente ridicola. in italia gli skinheads indossano magliette con la bandiera britannica per far vedere che sono degli skinheads. il motivo per cui si indossa una maglietta con l'union jack è che si vuol dimostrare d'essere nazionalisti, ecco perché gli skinheads fascisti di questo paese le indossano. ma a questa gente non interessano le parole delle canzoni, o le idee che ci stanno dietro. durante la guerra delle falklands il guardian, il quotidiano progressista inglese, ha organizzato un sondaggio da cui è risultato che i punks di nottingham sostenevano praticamente all'unanimità la politica della thatcher. meno male che si pensa che i punks siano rivoluzionari…

il punk è una grande bandiera per molta gente.

crass - ma dici sul serio?

sì…

crass - direi che è una stampella per molte persone diverse. ecco perché dico che non siamo un gruppo punk. abbiamo inventato un modo di suonare che per noi è il migliore possibile, e non capisco come e perché questo ci renda un gruppo punk. tre anni fa avrei potuto dire che il punk era un atteggiamento mentale, ma ora non posso assolutamente dire una cosa simile. ci sono così incredibilmente poche persone in giro che hanno un aspetto di tipo punk e che hanno un atteggiamento mentale. l'atteggiamento mentale semplicemente non c'è, c'è solo un qualche cosa di superficiale, le spillette, la retorica, la simbologia più stupida. ce ne sarà uno su mille, uno su mille a qualsiasi concerto di qualsiasi tipo di musica. come mai il punk ha reputazione d'essere un movimento impegnato e rivoluzionario? non è nulla di tutto questo.

le cose che state facendo ora sono satira pesante, pensavo vorreste commentare questa vostra svolta. vi state divertendo?

crass - credo che se un qualche cambiamento c'è stato, è avvenuto con "christ - the album" ed è stata colpa più mia che degli altri, perchè siamo diventati schifosamente autocompiacenti. voglio dire, abbiamo rimissato alcune parti sei volte, significa che ci abbiamo messo sei giorni interi di lavoro. tutto l'album è stato missato tre volte e poi rimissato altre tre. cazzo, stavamo diventando i pink floyd del mondo punk… tutto questo è successo prima della guerra delle falklands, perché allora pensavamo di avere tempo a disposizione per produrre un buon album, ben rifinito, un'opera d'arte. stavamo lavorando alla grafica e al libretto, ed è scoppiata la guerra: ci siamo ritrovati improvvisamente con questo stupido disco del cazzo senza un cazzo di commento sulla guerra intrapresa dal nostro paese. allora avremmo dovuto pubblicare invece "yes sir, i will". adesso non ci facciamo più sorprendere. affanculo la qualità delle registrazioni, affanculo la produzione, e che le parole vengano fuori velocemente. questo è ciò che conta veramente. il nuovo singolo non è un'evoluzione o una nuova prospettiva, è solo la nostra risposta ufficiale. è satira. è offensiva, proprio come si deve essere offensivi nei confronti di tutta la merda che succede. è la nostra risposta ed è così schiettamente e stupidamente maleducata perché c'entra tutta la nostra rabbia. spero proprio che reagiscano, che ci denuncino e ci portino in tribunale perché tutta la merda che ci tireranno addosso gliela ritorneremo indietro. e ci sarà magari la possibilità di fermarsi un momento per pensare a cosa fare, tipo un piano per riuscire a cancellare la signora thatcher dalla faccia della terra, o qualcosa di simile. potrebbe essere questa la nostra direzione, forse potremmo essere costretti ad abbassare i toni.

crass - potremmo anche riuscire a trovare una diversa maniera di relazionarci con lei, ma non c'è maniera di relazionarsi con una simile…

crass - col cazzo che abbasseremo i toni…

crass - no, non intendo dire che questa sia una tattica o una minaccia o qualcos'altro, dico solo che questo è il genere di cose di cui abbiamo discusso e che questo disco "yes sir, i will" è la nostra risposta immediata.

mi riferivo anche a "whodunnit", a quel tipo di risposta. mi sembra sia altrettanto incazzata.

crass - è un po' come quando si è a scuola, con un'insegnante che ti ha preso di mira e tutto quello che ti resta da fare è essere così maleducato e offensivo con lei da farti cacciare fuori dall'aula, invece che startene lì buono buono per fare poi il cattivo alle sue spalle. ecco, mi sento di essere maleducato e offensivo. e come mi sento a mio agio… quello che cerchiamo di fare è ispirare un'azione che avrebbe dovuto impedire che tutto questo si verificasse. cazzo, vogliamo che tutti si mettano a ridere non appena la thatcher inizia a parlare. che tutti si mettano a cantare questa canzone. questo le renderebbe davvero impossibile fare qualsiasi cosa. so bene che questo non succederà, quindi dobbiamo inventarci qualcos'altro. cerchi di esprimere il tuo punto di vista, e nessuno ti ascolta. alla fine sei costretto a mandare tutti affanculo, inizi a insultare qualcuno e se neanche questo ti basta ci si mette le mani addosso. è questo che succede ora. per sette anni siamo andati avanti continuamente a ripetere alla società che ci circonda che o si inizia a fare sul serio e si capisce a fondo quello che si sta facendo, o si finirà in un bagno di sangue. l'inizio è per quest'estate, e si andrà avanti fino a che non si raggiungerà una qualche forma di uguaglianza.

 

anok4u
[raccolta il 19.6.1983 a dial house, epping, da marco pandin e gino collelli, pubblicata nel libro "anok4u", catfood press 1984]

l'appuntamento è per le due-due e mezza, alla stazione della metropolitana di epping. con la central line da liverpool street sono più di tre quarti d'ora di viaggio, attraverso il sottosuolo della city e poi della grigia periferia londinese. di colpo si sale, e si sbuca nel verde della campagna: prati immensi e di un verde lucente, diverso dalle tonalità scure e intense di hyde park e di regent's park. è un paesaggio che stupisce e lascia perplessi: cavalli, mucche e pecore al pascolo a meno di mezz'ora dal traffico maledetto e dallo smog della grande città. eppure, il miracolo della campagna inglese, raccontato attraverso le pagine di mille libri, è tutto lì, davanti ai finestrini del treno che continua la sua corsa. epping, finalmente. la stazione è piccolissima, un posto tranquillo. phil arriva poco dopo, sorridente e puntuale, al volante di una vecchia macchina, un po' scassata ma comunque funzionante. lui ride sempre, sembra si diverta molto nel chiedermi dell'italia: le solite cose, se il viaggio è andato bene, se il posto ci piace. scopro che anche lui è in fondo il classico turista straniero al quale siamo abituati a venezia: sa dire un po' di parolacce senza conoscerne l'esatto significato, conosce le parole chiave per tentare un'avventura galante, non sa spiegarsi il perché in piazza san marco non si possa arrivare in macchina... phil ride sempre, e se ne frega del codice. guida a piedi scalzi, senza specchietto retrovisore né cinghie di sicurezza, che qui in inghilterra sono obbligatorie: "...con quelle maledette cinghie attorno al collo rischio sempre di strangolarmi" -mi spiega- "e poi qui in campagna non servono: questa macchina la usiamo solo per muoverci nelle vicinanze, e farà al massimo trenta miglia all'ora...". dalla stazione di epping fino alla loro comune c'è un bel pezzo di strada. nell'aria, il silenzio è rotto solo dalle ghignate di phil e dai colpi di tosse della macchina. arriviamo alla comune e troviamo eve, steve, penny e gli altri che stanno lavorando nell'orto e nel giardino: "...è agricoltura biologica, naturale: nessun concime chimico, nessun fertilizzante, niente antiparassitari, niente insetticidi...". la comune agricola dei crass sembra davvero un pezzetto di paradiso: vivere in campagna è molto faticoso, e riesco solo ad immaginare il culo pazzesco che si devono essere fatti per tirare su un posto simile. vedendo coi miei occhi dove vivono capisco molte cose di loro che avevo potuto soltanto supporre quando avevo letto i loro testi. comincio subito con una domanda stupida: siete fortunati a vivere in un posto come questo: luce, aria buona, campagna.... risponde g.: "...non pensi che tutto il mondo potrebbe essere anche meglio di così se non fosse stato inquinato, avvelenato e distrutto con l'inquinamento e la speculazione edilizia?". certo, rispondere a delle domande con altre domande non è giusto, ma come controbattere? non eravamo andati a trovare i crass con lo stato d'animo di chi va a trovare un guru. ci interessava un contatto personale dopo sei mesi di scambi di lettere, di materiale e di telefonate. questa "intervista" è un'intervista tra virgolette poiché non abbiamo portato con noi registratori né macchine fotografiche: è piuttosto un resoconto di più di quattro ore di discorsi, spaziati in decine di argomenti diversi, alcuni anche futili. hanno risposto gee sus, phil free, steve ignorant ed è intervenuto brevemente penny rimbaud. pete wright ed annie anxiety ci hanno poi riaccompagnato alla stazione della metropolitana.

siete persone normali: due braccia, due gambe, una testa che funziona e progetti affascinanti. decidete di fare dell'attività sovversiva e usate il rock'n'roll: perché questo? perché non siete o una rock'n'roll band o un'associazione politica?

crass - facciamo dell'attività sovversiva, come tu hai detto, da almeno dieci-dodici anni. è dal 1976 che abbiamo formato questa band: i crass non sono però solo un gruppo musicale. facciamo dei dischi, questo sì, perché la musica è uno dei mezzi di espressione che vogliamo adoperare per far conoscere alla gente le nostre idee, per fare dei discorsi, per arrivare alla discussione con chi ci ascolta. non siamo però convinti di fare dei dischi normali, voglio dire, da ascoltare e canticchiare. non è nelle nostre intenzioni. la musica, ecco, è solo un pretesto, se vuoi.

quindi niente tournée, niente dischi della vostra etichetta stampati all'estero, niente commercializzazione. non verrete a suonare in italia, quindi...

crass - no, non credo. non suoniamo all'estero, e suoniamo anche abbastanza poco qui. non vogliamo che si pensi a noi come una rock'n'roll band, non vogliamo fare delle tournée. un'agenzia romana ha messo in giro la voce che avremmo partecipato ad un concerto a comiso. non è vero. non siamo mai stati d'accordo su questo: il concerto a comiso sarebbe stato un'altra speculazione.

lavorate solo in collaborazione con gruppi inglesi, non è vero?

crass - sì, e non ci sembra una contraddizione, com'è stato detto da molti. contattare dei gruppi stranieri ci fa molto piacere. ci interessa ascoltare i loro nastri, leggere le parole delle loro canzoni e commentare il materiale che ci spediscono. cerchiamo di rispondere sempre alle lettere, di tenerci in contatto. è un rapporto di scambio, di comunicazione, è una cosa che ci sta bene. ci interessa però lavorare con dei gruppi inglesi, nel senso di suonare assieme nei concerti o di fare dei dischi insieme a loro, perché abbiamo moltissimi problemi in comune, viviamo le stesse situazioni. riusciamo a capirci meglio perché viviamo nello stesso paese: in due parole possiamo organizzare assieme con una certa facilità un'attività non solo musicale. prova a pensarci: cosa possiamo offrire di concreto ai gruppi di un altro paese? non conosciamo i loro problemi, non conosciamo la loro situazione, non sappiamo come intendono muoversi nel loro specifico ambiente. il discorso è difficile, e non vorrei essere fraintesa. finora abbiamo lavorato solo con un gruppo non inglese, gli sleeping dogs, ma lo abbiamo fatto solo perché è il gruppo di un nostro amico inglese che si è trasferito negli stati uniti. quindi è un caso un po’ particolare, un'occasione per riallacciare i rapporti con un vecchio amico, un vecchio compagno di scuola. il disco degli sleeping dogs, dunque, non è un prodotto americano della nostra label: è il risultato dell'incontro tra alcuni amici che si erano persi di vista per qualche tempo.

vorrei che tu ritornassi un momento sul fatto dei vostri concerti. potresti chiarire meglio con qualche esempio la vostra posizione?

crass - lo so, è un po' difficile da spiegare. il fatto è che non vogliamo di fingere di interessarci alla gente. conosciamo i nostri limiti e, visto che desideriamo stabilire un certo tipo di rapporto, sappiamo bene che un contatto così superficiale non soddisferebbe né noi né voi. è un po' la stessa cosa che succede con le lettere: ne riceviamo sempre di più, ma vogliamo rispondere a tutti. siamo in quattro che ogni giorno curiamo la posta: potremmo formare un fan club, ma sarebbe ridicolo. non saremmo più noi a rispondere, lo farebbe qualcun altro, e la cosa non ci va, non vogliamo che altre persone lo facciano al nostro posto, visto che le lettere sono indirizzate a noi.

come avvengono, di solito, i contatti tra voi e i gruppi?

crass - generalmente riceviamo delle lettere assieme al loro materiale, cose come volantini, fotografie, disegni, i loro testi. oppure ci incontriamo ai nostri o ai loro concerti. oppure ci telefonano e fissiamo degli appuntamenti: vengono qui a trovarci o ci vediamo in qualche posto.

prendete voi l'iniziativa di proporre la pubblicazione dei dischi?

crass - non siamo noi a decidere cosa fare, cosa pubblicare, chi far incidere. non scriviamo o telefoniamo alle bands dicendo ok, vieni a fare un disco con noi. i crass non sono dei produttori né dei talent-scout in cerca di gruppi che scalino le classifiche di vendita. il nostro è essenzialmente un aiuto tecnico che si concretizza col supporto che diamo in studio. non possiamo decidere noi al posto delle bands, né costringerli a registrare in un modo piuttosto che in un altro, o cambiare i loro testi o le loro canzoni. possiamo però suggerire loro dei metodi tecnici: di solito i gruppi che ci contattano non hanno una grande esperienza di studio. noi ce la siamo fatta piano piano, con l'aiuto di qualche tecnico nostro amico, e dalle prime registrazioni con un teac a 4 tracce siamo passati a registrare "christ" e "yes sir, i will" in 24 tracce.

come vi regolate col fattore denaro? fate dei contratti, o cosa?

crass - di solito non facciamo niente di tutto questo. lavoriamo con gente che conosciamo bene, con gente che ha non noi un rapporto di serietà oltre che di amicizia. non siamo dei commercianti, come ti ho detto, però sappiamo badare bene a quello che facciamo. cerchiamo di andare avanti con molta attenzione. non guadagnamo delle cifre da capogiro con la nostra attività, e anche noi facciamo degli sbagli. abbiamo pubblicato dei dischi imponendo un prezzo di vendita troppo basso rispetto a quelli che erano i reali costi di produzione: ad esempio le compilation "bullshit detector", che non hanno avuto spese di registrazione, essendo composte di nastri ricavati da demotape che abbiamo ricevuto per posta. il primo volume lo abbiamo venduto a un prezzo irrisorio, meno di una sterlina e mezza. il secondo "bullshit detector" è addirittura doppio, e l'abbiamo venduto a due sterline, che è meno del costo di realizzazione: speravamo di recuperare qualche soldo con delle sottoscrizioni o qualche concerto, ma le cose non sono andate molto bene in questo senso. in ogni caso "bullshit detector" è un buon progetto, e credo lo continueremo. i soldi per recuperare le perdite li troveremo in qualche altro modo.

avete avuto grossi problemi anche con la chiusura dell'anarchy centre di wapping, non è vero?

crass - la chiusura dell'anarchy centre ci ha quasi buttati sul lastrico. praticamente avevamo investito tutti i nostri averi in quel progetto, in più tutti i soldi che avevamo raccolto con "bloody revolutions" e con altri dischi. anche le poison girls non se la passavano bene in quel periodo. comunque, noi cerchiamo di andare avanti a qualsiasi costo. le cose ora vanno un po' meglio, specialmente adesso che siamo riusciti ad organizzare la distribuzione per nostro conto e riusciamo a recuperare qualche percentuale non avendo degli intermediari, come succedeva prima con rough trade. non possiamo certo dire che guadagnamo tanti soldi, ma le cose vanno un po' meglio rispetto a qualche anno fa. non diventeremo mai ricchi con la nostra attività. siamo contenti di vivere modestamente. se riusciamo ad avere dei profitti dalla realizzazione di un disco, una parte la destiniamo al pagamento di vecchi debiti, che abbiamo comunque quasi del tutto estinti, e una parte la reinvestiamo in nuove produzioni. dobbiamo reinvestire sempre i nostri soldi per non essere schiacciati dalle tasse: è così che è nata la corpus christi.

sono solo questioni di tasse che vi hanno indotto a una produzione diversificata?

crass - abbiamo realizzato con la label crass una serie di dischi 7" e 12" con la collaborazione dei gruppi che ci hanno contattato, e con i quali i rapporti si sono evoluti naturalmente in senso positivo, da entrambe le parti. abbiamo cominciato con qualche concerto assieme, poi, come ti dicevo prima, abbiamo fatto amicizia e abbiamo pensato che era possibile collaborare. alcuni gruppi hanno realizzato un singolo, altri un ep, altri sono nelle compilation. (...) la label corpus christi è nata per dare uno spazio completamente autogestito ai gruppi che volevano continuare con noi un rapporto di collaborazione, ma non potevano sostenere le spese di produzione o non potevano pagare un distributore. l'attività della corpus christi è abbastanza semplice: noi prestiamo ai gruppi i soldi per produrre una versione di base del loro disco. se vogliono delle cose in più se le pagano loro, come hanno fatto i conflict che si sono pagati la copertina a colori del loro album. poi noi distribuiamo il disco come se fosse nostro, attraverso i nostri canali di vendita, alle stesse condizioni di prezzo. dal ricavato noi tratteniamo la cifra che abbiamo anticipato, e se ci sono dei guadagni i vari gruppi ne fanno quello che vogliono. come vedi, questo è un rapporto che può andar bene solo per certi versi e con certe persone. non è il tipo di rapporto che molti gruppi, specialmente stranieri, chiedono di avere con noi.

potresti farmi un esempio di questa confusione di rapporti?

crass - non è la prima volta che un gruppo ci manda un nastro con le proprie incisioni, e ci scrive dicendo che desidererebbe pubblicarlo per la nostra label. ecco, vedi, questo è un tipo di rapporto che non ci sta bene. ci contattano, desiderano lavorare, certo, ma non con noi, piuttosto con il nostro nome. capisci? forse è per un senso di prestigio che attribuiscono ai nostri prodotti, cosa che tra l'altro sinceramente non capisco, piuttosto che perché condividono le nostre idee e la nostra attività. come alcune lettere che riceviamo, dove c'è scritto "siete fantastici, adoro le vostre canzoni, avete maledettamente ragione, fotti il sistema" eccetera, e poche righe più sotto ci paragonano agli exploited, come se avessimo qualcosa da spartire con quei cialtroni. oppure c'è chi ci scrive scambiandoci per dei santoni, chiedendo aiuto e ispirazione, e magari ci chiede un badge, o vuole comprare una t-shirt.

per molta gente siete un punto di riferimento ideologico, un simbolo, insomma...

crass - hai toccato un tasto molto delicato, e secondo me doloroso. questo è un problema molto grosso per noi come gruppo. è un carico insopportabile che non ci sta bene: ci viene attribuito un ruolo di leader, di guida, di bandiera come hai detto. è una cosa che non abbiamo mai, ripeto mai chiesto, e che rifiutiamo totalmente.

d'accordo, ma bene o male siete stati i primi...

crass - non siamo i soli, né eravamo i soli quando abbiamo cominciato. non siamo una società commerciale con un'attività redditizia e una politica economica da suggerire. se ci sono dei gruppi che identificano la loro attività con la nostra, perché non si danno da fare nel loro paese, creando magari una propria etichetta discografica, magari clandestina? perché non si mettono assieme ad altri gruppi e collaborano tra di loro? perché non usano la loro testa, perché non iniziano con le loro idee, con le loro proposte?

nelle vostre canzoni non fate mai riferimenti alle droghe illegali, un argomento che invece so vi sta molto a cuore...

crass - è vero, nessuna delle nostre canzoni contiene dei riferimenti espliciti alla droga. i crass non parlano mai di droga intesa come hashish o eroina o colla, ma affrontano questo problema in una visione generale delle distorsioni della realtà che il sistema ci impone e contro le quali dobbiamo lottare. personalmente credo che questo sia un argomento molto importante e terribile. è un problema angosciante anche per me che non ne faccio uso, ma sono coinvolta direttamente perché troppi ragazzi ne sono schiavi. io non uso nessuna droga, neanche marijuana né droghe leggere, perché voglio usare la mia testa in maniera sempre cosciente. credo che la droga venga condannata da molta gente, ma il fatto che esista fa comodo a tanti. la droga circola tra i ragazzi perché si è convinti che sia una moda, un fatto culturale per sentirsi diversi, più in gamba, più grandi, più padroni di sé stessi. invece non ci si rende conto che l'eroina, l'hashish, la colla eccetera piano piano distruggono il corpo, e più velocemente il cervello. molte volte, in occasione di nostri concerti, o se c'è un meeting al quale partecipo, o una manifestazione, ho avvicinato dei ragazzi che stavano fumando hashish o sniffavano colla, e gli ho chiesto perché lo facevano. gli ho chiesto se non sembrava loro una contraddizione sballare a un concerto dei crass, prendere della droga per voltare le spalle a una realtà contro la quale a parole affermavano di voler combattere. gli ho chiesto cosa intendessero fare della loro testa, cosa intendessero fare della loro vita. bene, nessuno ha saputo darmi una risposta perché non se l'erano mai chiesti, nessuno gliel'aveva mai chiesto prima. io non voglio fare la parte del genitore, o del medico o dell'insegnante. non voglio fare dello stupido paternalismo e convincere i ragazzi che se sniffano colla o se si bucano sarà peggio per la loro salute. voglio che lo capiscano da soli guardandosi attorno, voglio che imparino a chiedersi perché succede questo. voglio che imparino ad usare la loro testa e si convincano che stanno giocando con l'unica vita a loro disposizione e che questo è un gioco pericoloso, una situazione dalla quale spesso è difficile o impossibile tornare indietro. gli spacciatori sono degli assassini senza scrupoli, e vendono per poche sterline delle vere porcherie, che avvelenano ancor prima. vendono eroina tagliata col gesso, col cemento, con la farina. vendono surrogati chimici, vendono doppiamente veleno.

prima hai accennato al fatto che spesso la gente fa confusione e mischia la vostra alla produzione di altri gruppi che pure si definiscono anarchici...

crass - è una cosa davvero tremenda il fatto di come l'industria discografica e i giornali musicali riescano a sfruttare l'ignoranza della gente e riescano a convincere i ragazzi con bugie e speculazioni commerciali... ci sono dei giornali che fanno della pubblicità a spillette e t-shirt con il nostro simbolo, vendute da gente che con noi non ha proprio niente a che fare. io non credo si possa prestare fiducia a una sola parola che viene detta su di noi quando non siamo noi a parlare, su quanto viene pubblicato sui giornali da altre persone che con noi non hanno alcun rapporto. ho visto gente che si è fatta tatuare il nostro simbolo accanto a croci uncinate e teschi. ho visto dei ragazzi che hanno scritto sul loro giubbotto di cuoio il nostro nome accanto a quello degli anti nowhere league, gente che s'è fatta convincere che gli exploited e gli anti-pasti sono gruppi di anarchici. ma hai per caso un'idea di quanto questa gente viva nella propria vita privata l'anarchia che sbandiera sul palco e sulle copertine dei dischi? credi che la gente legga davvero i loro testi e li condivida? quanto pensi che questi anarchici chiedano di cachet per suonare? riesci a capire il modo in cui hanno sfruttato il simbolo dell'a cerchiata per fini commerciali, per arricchirsi alle spalle di tutti?

beh, bene o male quasi tutti i gruppi punk italiani hanno in repertorio una canzone che dice "fotti il sistema"...

crass - succede dappertutto, non solo in italia. e la colpa non è solo dei mass media e dell'industria discografica, la colpa è anche di quelli che non vogliono assolutamente capire, di quelli che non vogliono scegliere. non è un problema di essere diversi a tutti i costi: l'anarchia è una cosa che senti dentro, che devi vivere momento per momento con estrema coerenza, a costo di venire emarginato. cosa significa "fotti il sistema" se è proprio in questo modo che si rovesciano le parti? la maggior parte delle punk bands di adesso non fa altro che copiare da "the feeding of the 5,000" e non propone nulla di veramente nuovo. la gente deve imparare a scegliere, a decidere da sola, invece spesso è comodo che siano altri a decidere al nostro posto, perché i rischi non piacciono a nessuno.

a proposito di rischi, voi avete avuto e continuate ad avere molte grane: polizia, magistratura, stampa e non ultimi i fascisti. gli skinheads rompono i coglioni ai vostri concerti: come affrontate questa situazione?

crass - a molti concerti dei crass, come in quelli di altri gruppi che hanno un'attività simile alla nostra, ci sono degli incidenti, anche seri. l'altra sera ci sono stati degli incidenti al concerto degli omega tribe, con degli skins che hanno preso a pugni alcuni ragazzi del pubblico e quelli che stavano suonando...

lo so, c'ero anch'io al concerto. ma chi ha fatto entrare i fascisti?

crass - non possiamo e non vogliamo ghettizzare le nostre uscite in pubblico. sarebbe come se vendessimo i nostri dischi solo in certi negozi e solo a certa gente selezionata, una specie di tessera, magari con la fotografia e le impronte digitali per riconoscerci tra di noi... che stupidaggine, vero? se gli skins vogliono venire ai nostri concerti noi non dobbiamo impedirlo. non abbiamo intenzione di menare le mani, noi non vogliamo litigare con nessuno. sono stati loro a creare una barriera con tutti gli altri, con le loro scelte di violenza.

in questo modo però vi esponete deliberatamente alle loro provocazioni e ai loro assalti...

crass - non abbiamo mai provocato noi gli incidenti. ripeto, mai. e poi gli skins non sono degli stupidi, né dei deficienti. la loro violenza è in qualche modo il risultato di un malessere sociale, è un rifiuto ad una società grigia e corrotta, a una mentalità e un ordinamento che vogliono soffocare loro come noi. la differenza tra noi e loro è che gli skins hanno scelto la strada della violenza e sfogano il loro senso di ribellione in maniera negativa, scegliendo obiettivi sbagliati: hanno stabilito che i loro nemici sono i giovani punks, gli anarchici, i commies, i rasta, i neri, gli asiatici eccetera. tanti nemici. troppi, no? prova a parlare con uno di questi skins: nelle sue parole c'è solo disorientamento, una ribellione cieca, pazza. hanno una paura tremenda di essere soli, ecco perché agiscono in gruppo. la loro paura si trasforma in violenza, vigliaccheria e razzismo. gli skins non sono dei cani, non sono delle bestie: sono dei ragazzi, sono esseri umani come noi, gente che ha fatto scelte sbagliate ma che può sempre fare in tempo a ritornare sulle proprie decisioni. non è la prima volta che succede. francamente non mi sento di odiarli, anche se sono così differenti e distanti. non voglio cercare delle giustificazioni per loro, né voglio difendere nessuno, desidero però farti capire che non siamo noi, né gli altri come noi, quelli che hanno deciso per questa situazione così scomoda e ingiusta. molti skinheads, specialmente quelli più giovani, sono manovrati dal national front o dal british movement, sono nelle mani di politici viscidi e senza scrupoli che se ne fregano dei problemi dei ragazzi e sfruttano il loro malcontento. se gli skins sono arrabbiati, se gli skins sono violenti, un motivo ci deve pur essere, e forse è per gli stessi motivi che rendono anche noi arrabbiati e malcontenti. c'è un movimento fascista dietro agli skinheads, è anche per questo che la polizia pesta noi e non loro.

al concerto degli omega tribe la polizia se l'è presa comoda ed è arrivata quando ormai gli skins avevano fatto un bel po' di danni...

crass - né gli omega tribe, né noi, né gli altri gruppi come i nostri hanno bisogno di servizi d'ordine, magari con elmetti e manganello. la nostra forza sta nella nostra nonviolenza, nella nostra voglia di stare insieme in pace, nel nostro bisogno di restare uniti, tutti uniti, per costruire insieme sempre nuove situazioni.

a proposito di pacifismo e nonviolenza, dovete aver vissuto un momento molto particolare con la crisi delle falklands...

crass - abbiamo vissuto una guerra che, sebbene si sia svolta fisicamente a migliaia di chilometri di distanza, si è ripercossa psicologicamente qui come una catastrofe. è stata una guerra premeditata, decisa per salvare l'onore di una nazione in risposta a quello che hanno definito un affronto politico. il confronto è con mille omicidi a sangue freddo. le falklands sono state il pretesto per far valere ancora una volta il diritto del più forte, la violenza e la brutalità al posto della mediazione, la risposta armata al posto del dialogo. il governo inglese non ha veramente mai desiderato i negoziati, e ha preso sin dal primo momento quella terribile decisione: una guerra! quello che è stato tremendo e spaventoso è il modo in cui i mass media hanno pilotato, manovrato e distorto l'opinione pubblica. i giornali hanno riportato notizie false, la bbc ha trasmesso dei filmati sconvolgenti, vera propaganda bellica. quello che è tremendo è che la gente sembra non si sia resa conto che c'è stata una guerra. le falklands sono lontane da londra, e per troppa gente è stato come vedere un telefilm poliziesco o un film di guerra. molti non si saranno neanche resi conto che sono morte centinaia di persone. il sangue che hanno visto in televisione era sangue vero, non vernice rossa. hanno vinto la guerra con lo stesso spirito col quale si vincono gli incontri di calcio, solo che la posta in gioco questa volta era ben più alta. la vita umana presa a calci come un pallone da football... ora però la corona è tranquilla, l'onore della regina è stato salvato, l'affronto lavato con il sangue e maggie thatcher rieletta. abbiamo comprato questa situazione di falsa tranquillità pagando il prezzo di mille morti (...).

 

usine
[fanzine francese, senza indirizzo né indicazioni. data presumibile: 1986 - sto lavorando alla traduzione]


       
       

* non sono riuscito a rintracciare nessuno della fanzine usine, se li conoscete scrivetemi a stella_nera@tin.it | i couldn't get in touch with those at usine, should you know who they are please send e-mail at stella_nera@tin.it and help create the contact. thank you.


 

no class
[intervista a cura di joel e tracy della fanzine inglese no class, 1985?]

i bevitori di the di no class dovevano fare un'intervista ai crass che si è trasformata in una rottura di palle per tutti. arrivati al capolinea della metropolitana li abbiamo chiamati per dirgli che eravamo alla stazione, ma nessuno sembrava sapere del nostro arrivo sebbene gli avessimo telefonato cinque giorni prima per confermare l'incontro. ci hanno detto di rimanere lì alla stazione e che sarebbe venuto qualcuno a prenderci. c’era un tassista che stava sempre a parlare nel walkie talkie come nei telefilm polizieschi e continuava a fissarci. abbiamo aspettato un sacco di tempo al freddo, a un certo punto sentiamo l'annuncio del capostazione: "se c'è qualcuno che ha a che fare con i crass, bene, dicono che non possono venire a prendervi e vogliono che gli telefoniate". gli ritelefoniamo, loro si scusano infinitamente ma hanno un guasto alla macchina e dicono che dobbiamo arrangiarci per arrivare lì. c’è da fare un pezzo di strada con l'autobus, ne avevamo persi già due senza saperlo. ne prendiamo uno al volo, dopo un po’ scendiamo e compriamo qualche barretta di cioccolato per tirarci su, perché la giornata sembrava mettersi davvero male. a un certo punto seguendo le istruzioni che ci avevano dato arriviamo a una casa di mattoni rossi e la porta nera. bussiamo, ci aprono, altre scuse, ci fanno entrare e ci chiedono di toglierci le scarpe, manco fossimo in chiesa. entriamo scalzi e infreddoliti in una stanza calda dove ci accolgono eve, joy e steve. eve stava per andare a farsi un bagno, ha detto che sarebbe ritornata presto ma non l'abbiamo più rivista. penny è arrivato quando ormai eravamo già da un pezzo rimasti senza cassette per registrare l’intervista. ci siamo seduti attorno al tavolo della cucina circondati da molti gatti, uno particolarmente indisponente. ci hanno offerto un the, assaggiato e approvato. parte l'intervista. 

perché avete scelto un titolo come “siete già morti”, e non qualcosa di più positivo, tipo “non andate a morire per la guerra”?

joy - il titolo in realtà fa riferimento a chi c’è sulla copertina del disco, margaret thatcher, e a quelli come lei. 

steve - c’è dell’altro. abbiamo partecipato all’ultima marcia del c.n.d. a hyde park e ci ha sconvolto il modo in cui alla gente veniva ordinato dove andare e cosa fare. non ci potevo credere. bisognava sfilare lungo un percorso transennato, se ti azzardavi a uscire i poliziotti ti obbligavano a rientrare ed è finita che a un certo punto hanno cominciato a picchiare della gente. noi abbiamo protestato e tutti lì attorno a dirci di fare silenzio, zitti altrimenti non potevano ascoltare il discorso di neil kinnock. è nato tutto da questa situazione, dalla gente che a parole è contraria alle bombe ma che contro le bombe non è disposta a fare assolutamente niente di concreto. 

joy - comunque il titolo si riferisce alla thatcher sulla copertina del disco, e a quelli che non sono disposti a lottare per ottenere ciò che vogliono, a quelli che si accorgono che è tutto sbagliato e non fanno niente. se tutto ciò che sono disposti a fare è soltanto aspettarsi delle concessioni, possono anche essere morti.

pensate che manifestazioni come quella servano davvero a qualcosa?

steve - durante la marcia ho continuato a pensare che sarebbe stato il caso che un gruppo di persone, e si stava quasi per farlo, si fosse messo alla testa del corteo e avesse cambiato improvvisamente itinerario. una cosa simile avrebbe potuto funzionare se tutti quelli che erano venuti a hyde park avessero detto cazzo, non torno più a casa, resto qua tutta la notte a protestare. oppure se avessimo deciso tutti di spostarci a trafalgar square a bloccare il traffico. o se ci fossimo spostati tutti a fare casino a downing street, chi cazzo avrebbe potuto fermarci? questa è quello che io chiamo una manifestazione di protesta.

non vi sentite ottimisti visto l’alto numero dei partecipanti alla manifestazione?

joy - siamo ottimisti per il numero, ma assai scoraggiati nel capire che ben pochi sarebbero disposti a fare cose concrete.

non credete quindi che “siete già morti” sia un titolo negativo?

steve - no. il testo dice: “400,000 persone hanno partecipato alla marcia del c.n.d. ma se non reagiscono a ciò che vedono sono già morti”. significa che se tutto quello che siamo disposti a fare è partecipare a una manifestazione di protesta ogni estate, allora non cambierà mai niente. quelli che durante i pestaggi della polizia si lamentavano cercando di zittire chi protestava, quelli sono già morti. sono già morti perché pensano sia sufficiente appiccicare sull’auto un adesivo del c.n.d. per essere socialmente impegnati e contribuire alla messa al bando delle armi atomiche: è gente che in realtà non sta facendo un cazzo.

joy - e tutta quella fede riposta nel partito laburista. c’era un tizio lì vicino a dove stavo, disturbava il discorso di kinnock e una donna dietro a me è andata a picchiarlo urlandogli di smetterla perché voleva ascoltare il comizio, una molto agitata. appena kinnock sale sul palco c’è questa incredibile speranza che si diffonde, ecco l’uomo che ci salverà. ma è ridicolo, si sono tutti dimenticati che è stato l’ultimo governo laburista quello che ha disposto l’acquisto dei missili nucleari polaris, da dove è poi cominciato tutto. non ci si pensa più, una bella risciacquata ed ecco che scompare il passato.

steve - la manifestazione è stata una barzelletta del cazzo. tutti quelli che andavano sul palco a parlare iniziavano dicendo “oh, se poteste vedere quanti siete…”. io non voglio andare a una marcia di protesta dove un poliziotto mi dice dove camminare, oppure essere costretto a sfilare su delle strade secondarie dove manifestare è inutile, oppure sentirmi dire quanto siamo belli da qualche coglione che sta sopra a un palco.

joy - e. p. thompson ha detto che “stiamo per vincere”. io invece penso che avrebbe dovuto dire che stiamo perdendo e che dobbiamo lavorare più duro. dire che stiamo per vincere serve solo a tranquillizzarci, e non è certo abbastanza.

pensate che stop the city sia una forma di protesta più efficace?

joy - certo, è molto più efficace perché è del tutto indipendente. non è permesso manifestare nella city, è illegale. può capitare praticamente di tutto, la gente può fare quello che sente di fare.

avete mai avuto delle grane legali, siete mai stati processati?

steve - no, ma ci siamo andati vicini con “reality asylum”.

joy - hanno tentato di incriminarci per blasfemia. per fortuna siamo un gruppo conosciuto e questo ci ha abbastanza salvati, sapevano che potevamo far esplodere un caso. da allora tendono a starci lontani.

avete avuto rogne di altro genere? tipo, il telefono sotto controllo.

(silenzio) steve - sì, dovrei pensare di sì. non è che vengano a perquisire la casa, che chiedano di entrare per controllare. c’è un poliziotto di qui che viene ogni domenica a trovarci, una tazza di the e tutto finisce lì.

joy - il fatto che siamo conosciuti e la nostra posizione pubblica teoricamente potrebbero rendergli più semplice ridurci al silenzio. è una magra consolazione, comunque, tutto quello che fanno lo fanno senza fare troppo rumore. come quell’affare del k.g.b., com’è uscito sui giornali quando hanno preso un granchio con le loro congetture su quella nostra registrazione.

che scopo aveva quella registrazione?

joy - è stato un tentativo di interferire con le elezioni, l’abbiamo spedita in tutta europa.

e ha funzionato?

joy - direi di sì, anche se ci sono voluti tempi molto lunghi. il dipartimento di stato se n’è impossessato e l’ha utilizzata contro i russi dicendo che era propaganda del k.g.b.: figuriamoci, noi non ci sognavamo neanche che potesse accadere una cosa simile. non ne abbiamo avuto conseguenze pesanti perché non l’abbiamo venduta, ma solo diffusa.

avete quindi evitato la galera?

joy - finora sì. non direi che l’abbiamo fatto consapevolmente, direi piuttosto che non è ancora successo.

che lavori facevate prima di suonare nel gruppo?

joy - lavori saltuari, nei supermercati, la raccolta delle patate, imbianchini. di tutto, per raccogliere i soldi dell’affitto.

com’è quindi che l’anarchia vi ha convinto?

joy - ciascuno di noi ci rimuginava sopra da anni, semplicemente è successo. quando abbiamo deciso di formare il gruppo, ci sembrava un buon modo di comunicare con la gente. non è che si decida di diventare anarchici. ricordo che io la pensavo in questa maniera ancora quando ero piccola, certo non in maniera così articolata, ma fondamentalmente così.

pensate che formare un gruppo musicale sia il modo migliore per far arrivare alla gente le cose che dite?

joy - finora sì, perché la musica si è via via sempre più politicizzata.

ma non è solo una minoranza quella che ascolta voi?

joy - certo, è una minoranza se consideriamo tutta la gente che ascolta musica. ma è una minoranza che va lontano. ci si sforza di scrivere testi impegnati su musiche commerciabili. è solo la minima parte che ascolta cose di cui vuole discutere. una minoranza che però non dobbiamo sottovalutare. sono sempre le minoranze che alla fine riescono a cambiare le cose.

comunque dovete ammettere che c’è gente che viene ai vostri concerti per l’impatto visuale, per il volume alto della musica, perché gli piace ballare…

joy - non so. no, davvero non credo che sia così. credo che la gente vada avanti comunque, che ciascuno porti avanti le proprie cose a proprio modo.

perché dici così?

joy - per le lettere che riceviamo, per il tipo di comunicazione che abbiamo con la gente. abbiamo ispirato della gente a prendere iniziative.

e quelli che non lo fanno? quelli che si dipingono il vostro simbolo sul giubbotto di pelle e stanno sempre lì a saltare su e giù dal palco, non vi danno fastidio?

steve - certo che sì. alla fine ti stanchi, pensi che cambierà, ma cos’è che cambierà prima, e cosa posso fare di diverso da quello che già faccio per contribuire al cambiamento? è una cosa a metà tra aspettare e sperare che la gente ci arrivi. finché continuiamo a muoverci, insomma, è bello sentire che c’è altra gente che fa altre cose, si può imparare.

ma come cambiare?

steve - non lo so. non credo che il cambiamento sia una cosa tipo un colpo o uno scoppio improvviso che arriva di notte e poi alla mattina tutto è diverso. è un processo lentissimo.

che genere di processo? indottrinare le masse?

steve - non è una questione di indottrinamento. è mettere in evidenza le cose sbagliate per cambiarle e, se c’è qualcuno che è d’accordo con te, ci si mette assieme e si decide cosa fare e come farla.

se è una cosa così semplice come dici, come mai sinora non ha funzionato?

steve - perché ciò che abbiamo contro è il condizionamento che ci è imposto sin dalla nascita. siamo contro questa vita che è organizzata secondo le idee di qualcun altro. veniamo gettati in questa vita fatta di televisori e forni a microonde, di frigoriferi e belle cucine luccicanti. la gente vuole la televisione. molti dei punks che vengono ai nostri concerti si sa che poi, tornati a casa, si piazzano davanti alla tv e tutto finisce lì. la gente vuole stare comoda, gli piace davvero. ci si scontra con questa realtà.

si possono cambiare le cose gradatamente votando per i laburisti? non riusciranno a cambiare qualcosa rispetto alla situazione attuale?

joy - immagino che sia sempre lo stesso problema. quelli che tu chiami cambiamenti non sono affatto dei cambiamenti, sono delle concessioni che non modificano assolutamente lo stato di schiavitù in cui la gente è costretta a vivere.

quindi non consigliate di andare a votare?

joy - sta alla gente decidere se ne vale la pena.

steve - se avessi ancora la tessera elettorale sarei andato a votare solo per far sì che non vincessero quegli stupidi bastardi.

dite che siamo cresciuti essendo sottoposti a certi condizionamenti mentali, e che per cambiare il nostro modo di pensare dobbiamo cambiare del tutto proprio i nostri metodi di ragionamento. non è un concetto un po’ troppo difficile?

steve - lo è. dobbiamo cominciare con cose stupide, come “banned from the roxy” che suona come una canzone stupida, ma da qualche parte dovevamo pur cominciare. magari il massimo cambiamento che potrò ottenere da me stesso sarà arrivare a vedere appena al di là del mio naso, appena ti azzardi a guardare fuori ti sparano, lì fuori si combatte sul serio. ma lo sai quanta gente non riesce neanche a vedere al di là del proprio naso?

ma se dici che vedi a malapena al di là del tuo naso, dove ti aspetti che arrivi la gente?

steve - io non mi aspetto niente da nessuno.

cosa speri, allora?

steve - spero che arrivino dove possono. tutto quello che posso fare è sperare. magari non vedrò cambiare le cose nel corso della mia vita, ne dubito. forse succederà alla prossima generazione.

non s’era già tentato di cambiare qui in europa dopo la prima guerra mondiale?

steve - certo che s’era già tentato, e allora? si era tentato di cambiare e non si è riusciti. e allora, che cosa si fa? si smette?

si ritenta cercando di non ripetere gli stessi errori. 

joy - tutto quello che noi diciamo adesso è già stato detto. lo ripetiamo adesso perché adesso rispetto a un tempo c’è molta più gente in grado di intercettare queste idee.

steve - prima si parlava del come provare a cambiare le cose affrontandole da un diverso punto di vista. il passo successivo è spostarsi ad un livello più spirituale, solo che la gente questi discorsi non vuole sentirli. lo so perché una volta anch’io a queste cose non mi ci volevo neanche avvicinare. è che non so dirlo diversamente. so che non ci si può arrivare tramite cose che si vendono e si comprano. tipo lo stimulin [un afrodisiaco di origine vegetale, ndt], all’inizio se ne parlava bene, poi hanno iniziato a diffonderlo commercialmente e improvvisamente è scomparso, non se ne sa più niente. come grandmaster flash, che ha fatto un gran bel disco all’inizio e poi tutto il resto è una porcheria.

un solo disco buono è meglio che niente.

steve - d'accordo, ma quel suo disco “the message” mi ha fatto proprio girare i coglioni. pensavo che ‘sto ragazzo potesse davvero farcela, sul serio. se fosse stato capace di continuare a fare dei dischi a quel livello, sarebbe realmente riuscito a dire qualcosa alla gente. noi non riusciamo certo ad arrivare a quel tipo di pubblico, ai neri che vogliono ballare. noi non ce la faremo neanche tra un milione di anni, ma lui ci riesce. e poi senti il resto delle sue canzoni ed è la solita spazzatura: voglio una macchina grossa, voglio la pelliccia, voglio strafarmi di cocaina.

per raggiungere un pubblico più vasto perché non fate un disco alla jim reeves [cantante melodico assai popolare in inghilterra, ndt]? lui vende milioni di copie.

joy - è per il contenuto dei testi delle canzoni che un certo tipo di gente prende quei dischi. quello è il tipo di pubblico che vuol sentirsi dire “ti amo”.

pensi che la gente ascolti musica anche per trovare una via di fuga?

joy - ma certo.

quindi perché non usare la musica, invece che precludersi questa possibilità?

steve - perché non siamo un gruppo che suona per divertimento. certo, c’è gente che viene ai nostri concerti, che salta su e giù e che si diverte. ma è gente che non può, e mi rifiuto di credere il contrario, dico non può sfuggire a quello che proiettiamo sullo schermo, tipo quelle immagini di bambini vietnamiti scaraventati nelle fosse comuni. non mi interessa che la gente si diverta ai miei concerti. voglio solo fare quanto più rumore di merda possibile e voglio che quei bastardi lo sappiano.

joy - penso che alla fine resti qualcosa anche a quelli che vengono solo per pogare. penso che rimangano colpiti dalle immagini che vedono al concerto e qualcuna se la ricordino, magari gli si fissa in testa.

come fate a sapere che cosa può impressionarli?

steve - poco dopo che avevamo pubblicato “reality asylum” ci ha scritto un ragazzo cristiano dicendo: sono proprio contento che abbiate fatto questo disco perché la mia fede si è rafforzata. cazzo, è davvero strano. bisogna avere sempre il coraggio di rischiare. non credo che nemmeno i soldati più duri e malvagi e stronzi siano capaci di restare a guardare mentre un bambino viene gettato in una fossa, e poi farlo loro stessi.

hitler e i nazisti l’hanno fatto con gli ebrei. ai soldati veniva ordinato di fare qualcosa, e loro ubbidivano.

steve - forse ho un’opinione troppo alta della natura umana.

joy - se è costretta a ripetere sempre le stesse cose, la gente è come se divenisse insensibile.

hanno fatto dei programmi alla tv dove spiegano queste cose.

joy - sì, ma è proprio per come sono fatti quei programmi che la maggior parte della gente è incoraggiata a non interessarsene.

steve - come mio papà e mia mamma, che guardano un servizio al telegiornale su un detenuto nero che viene seviziato in carcere e poi cambiano canale e guardano un telefilm qualsiasi. non credo davvero che uno che viene a un nostro concerto poi finisca col tornarsene a casa e decida di arruolarsi nell’esercito. ci pensavo su proprio la settimana scorsa, se smettessimo di suonare non saprei proprio cos’altro fare. non saprei dove andare. non riuscirei ad andarmene e dire, bene, è finita, non suoniamo più.

come fare per raggiungere tutti gli altri, gli spettatori passivi, quelli che non vengono ai concerti, quelli che magari neanche ascoltano musica? la maggioranza, in altre parole.

steve - ma se non comprano i dischi oppure non sanno chi siamo non ha senso continuare il discorso.

perché non scrivere un libro, magari raggiunge più gente, o raggiunge gente diversa. perché la musica?

steve - perché il mondo è troppo grande, non si riesce ad abbracciarlo tutto. non si riesce a farlo, cazzo. le nostre braccia sono troppo corte.

riuscite a mandare avanti tutto con la vendita dei vostri dischi? cioè, riuscite a riprendervi le spese e a pagare l’affitto?

steve - i soldi per l’affitto vengono dalle vendite di “stations of the crass”, finora è il nostro disco che ha venduto di più. dico che riusciamo a pagarci l’affitto perché con questo disco si può dire che ci stiamo davvero guadagnando qualcosa. tutti gli altri però sono andati in pari, il ricavato di ciascuno è servito per permettere l’uscita del disco successivo.

joy - riusciamo a pagarci i volantini, i manifesti, le spese postali. abbiamo molte spese, l’affitto e il cibo sono spese minime rispetto ai costi della tipografia.

non ce la fate ad essere autosufficienti rispetto al cibo? non coltivate le verdure che mangiate?

joy - abbiamo principalmente l’impegno del gruppo e non riusciamo ad avere tempo a sufficienza per questo. ci vorrebbe tanto tempo ogni giorno, noi facciamo quello che possiamo. d’estate la maggior parte delle verdure che mangiamo viene dall’orto qui dietro. il riso e altre cose le prendiamo da un grossista e ci costano molto meno.

pensate di essere davvero dentro a quello che succede? grande parte di chi vi ascolta è gente che lavora, tanti vanno ancora a scuola, altri sono disoccupati. voi vivete in maniera completamente differente rispetto alla maggior parte della gente che viene ai vostri concerti.

joy - sì, ma in qualche modo ci siamo passati tutti attraverso. tutti siamo stati a scuola, tutti abbiamo avuto dei lavori precari, tutti lavoriamo adesso, e lascia che ti dica che questo che facciamo adesso è un lavoro molto più duro che raccogliere patate o lavorare in ufficio. qui si lavora sempre, a tutte le ore, non ci sono ferie, solo qualche finesettimana libero ogni tanto. sono anni che non ci prendiamo un periodo di riposo degno di questo nome. è un lavoro duro e continuo.

perché mai qualcuno dovrebbe pagare voi, se con quei soldi ci deve mangiare? prendiamo i disoccupati. magari c’è chi è d’accordo con voi, ma è in una situazione in cui non riesce a fare assolutamente niente. per trovare un lavoro bisogna scendere a dei compromessi.

steve - certo, servono soldi. stavo pensando di accettare un lavoro giusto qualche tempo fa, così per avere sempre qualche spicciolo in tasca. ma finché riesco a farcela comunque e dignitosamente io provo ad andare avanti così senza farmi fottere.

è che quando si ha bisogno di soldi si accetta persino di farsi calpestare.

joy - il presupposto del denaro è quello. da che mondo è mondo c’è l’idea del denaro, c’è sempre stato questo aspetto del farsi sfruttare, di farsi calpestare, di sprecare la vita facendo stupidi lavori di merda. è davvero difficile restarne fuori a meno di isolarsi dal mondo. la cosa migliore da fare è dipenderne il meno possibile.

voi però lavorate.

joy - sì, noi lavoriamo e ci rendiamo conto dei limiti che lavorare ci impone.

c’è gente che riesce a risolvere il problema del lavoro guadagnando in fretta quanti più soldi possibile per poi mollare tutto e fare una vita tranquilla.

joy - cioè è gente che si fa completamente prendere dal lavoro e gli va bene così. lavora per potersi permettere certe cose, quindi è costretta a lavorare sempre di più. è l’etica consumistica.

sì, ma poi ne vengono fuori.

joy - ma è una contraddizione. prendi me, che lavoro giusto per mantenermi. accetto lavori saltuari, lavoro per un po’ e poi rimango a casa. penso proprio di non aver bisogno di una grossa auto, né di un televisore.

sono cose che rendono la vita più facile. come si fa a costringere i più vecchi a smetterla con il consumismo?

steve - però a un certo punto bisogna avere il coraggio di ribellarsi e dire che sono un mucchio di stronzate. bisogna cambiare, cazzo, oppure si impazzisce.

quanto spingete sulla musica rispetto ai testi? sembra che per voi la musica sia meno importante.

joy - non saprei, sul serio. una volta la pensavo anch’io così, ora non più. sono due cose che si completano l’una con l’altra. dopo sette anni sappiamo suonare molto meglio, non siamo proprio riusciti a non migliorare. adesso penso che musica e testi siano ugualmente importanti. quello che è più importante sono le idee che stanno dietro ai testi: è la ragione per cui noi facciamo queste cose, vogliamo far arrivare alla gente queste idee.

quindi non avete mai fatto dei pezzi solo strumentali?

joy - certo che no.

perché non pubblicate dei dischi di reggae?

steve - pubblicheremmo dei dischi di reggae se ci fossero dei gruppi reggae che ci propongono cose che ci piacciono.

la gente si aspetta di ascoltare un certo genere di musica sulla vostra etichetta, vuole ascoltare quello e nient’altro.

steve - hai ragione, infatti continuo a dire che il punk è troppo tradizionalista. appena ci si azzarda a scavalcare quel confine immaginario ecco che non vogliono più ascoltare un cazzo.

joy - è difficile spingersi oltre. noi abbiamo sempre cercato di farlo sin dall’inizio, da quando abbiamo pubblicato il primo “feeding of the 5,000”. abbiamo rifatto “asylum” in maniera completamente differente. abbiamo sempre cercato di fare cose che rispecchiassero la nostra imprevedibilità. abbiamo pubblicato “penis envy” e la reazione è stata: che roba, non mi piace, ci cantano delle ragazze. e poi “christ”, che è ancora un disco completamente differente. non ci siamo mai approfittati del punk, ma è questa la gente che tende a bazzicare i nostri concerti.

giudichi un disco da quello che dice e non da come suona?

steve - sì, di solito faccio così.

cosa si propone la vostra etichetta discografica?

joy - di mantenere un certo livello di qualità, sia a livello dei testi che di suono che di grafica della copertina. offriamo uno spazio per fare musica ed esprimere delle idee e delle opinioni.

e come intendete che la gente possa servirsene?

joy - non so, la gente può trarne ispirazione.

pensate che la vostra filosofia sia strettamente connessa con l’esistenzialismo?

joy - non saprei quanto. è più una questione di idee che vanno a far parte del nostro carattere.

per arrivare a comprendere l’anarchia e viverla e apprezzarla credo si debba passare attraverso altre filosofie. ci si può definire anarchici solo una volta raggiunta una certa conoscenza. per arrivare all’anarchia ci si mette una vita intera. forse è per questo che è difficile comprendere quello che dite, specialmente ai concerti.

joy - credo che le cose che facciamo siano una specie di guado per la gente.

un guado difficile su un attraversamento difficile.

joy - le cose che facciamo sono così tanto diverse. prendi “banned from the roxy” e confrontala con le canzoni di “christ”, oppure con “reality asylum” che è una dichiarazione davvero dura e complicata da spiegare. penso che ogni nostro pezzo sia diverso dall’altro.

lo fate deliberatamente?

joy – non credo lo si faccia apposta. ci viene naturale, siamo fatti così. sono solo modi differenti di esprimere lo stesso concetto, da un livello espressivo molto elementare via via verso un livello più elaborato e sofisticato. non credo sia una questione di abbassarsi al livello della gente perché la gente non è in grado di capire. mi ricordo di quando ero molto piccola e volevo leggere, prendevo i libri e non capivo niente di quel che c’era scritto, eppure erano affascinanti. quando poi sono cresciuta ho scoperto che cos’era che me li rendeva affascinanti, ho capito che cosa mi agitava e mi ispirava, ho capito cosa c’era scritto lì dentro. penso che i nostri concerti funzionino allo stesso modo: non si riesce a comprendere tutti i pezzi in blocco, bisogna aspettare che piano piano qualcuno affiori in superficie, ci vuole del tempo.

credi che le donne di greenham abbiano un comportamento fascista nel voler escludere i maschi dal campo?

joy - in questo caso particolare non penso che le cose andrebbero meglio se ci fossero al campo anche dei maschi. c’è da dire che secondo loro una presenza maschile potrebbe portare a un incremento della tensione e a reazioni violente della polizia. approfittando dell’essere donne possono fare quelle attività che fanno senza prendersi addosso troppa merda, non più di quella che si prendono addosso comunque. personalmente non sono d’accordo sul separatismo femminista, secondo me anche i maschi sono altrettanto oppressi e manipolati. certo, posso capire le ragioni che le hanno spinte a organizzare un campo della pace esclusivamente femminile e perché vogliono mantenerlo tale. uomini e donne insieme possono cooperare in moltissime altre situazioni. si è detto più volte che soltanto le donne possono riuscire ad organizzare la pace, ma io faccio proprio fatica a crederci. le donne di greenham sono tutte diverse, ce n’è qualcuna che non soffre gli uomini per qualche ragione, non vuole vederseli attorno, non vuole averci niente a che fare. ce ne sono altre che invece sono ben disposte al confronto e al dialogo con gli uomini. l'orientamento complessivo è comunque contrario ai maschi, per me è solo superficialità. è come quei maschi che hanno un atteggiamento sessista. è proprio la stessa identica cosa presa da un punto di vista solo leggermente diverso.

cosa pensate delle fanzine? come mai concedete interviste alle fanzine e non alle grosse riviste musicali?

joy - è come chiederci come mai non abbiamo un contratto con qualche etichetta discografica commerciale. con quei contratti, condizioni e costrizioni non vogliamo averci niente a che fare. con le fanzine non ci sono problemi, ci va bene che i ragazzi prendano contatto con noi, ci mettiamo d’accordo e si fa. è tutto molto più onesto. quelli delle riviste musicali di solito vengono a proporci qualcosa e tendono a fare tutto facile, dicono che ti concedono carta bianca e che puoi dire qualsiasi cosa, ma poi non è che funziona veramente così. c’è sempre qualche trappola, va sempre a finire che non accettiamo di dire niente.

avete pubblicato un disco degli hit parade sullo sciopero della fame [dei detenuti dell’i.r.a., ndt] che è stato oggetto di attacchi da parte della stampa.

steve - hanno scritto che noi “sosteniamo gli assassini dell’i.r.a.”. in realtà [la canzone] è come un irlandese vede la situazione di lì. in copertina abbiamo fatto un sacco di controinformazione sulle pallottole di plastica e sull’abuso che ne viene fatto, ma nessuno ha letto niente eppure eccoli tutti lì ad accusarci di fiancheggiare l’i.r.a., non ho parole, una cosa patetica. stiamo producendo proprio adesso un album degli hit parade, manca solo da finire il missaggio.

siete contro i controlli, le influenze esterne. siete per l’autocontrollo?

joy - sì, per l’autocontrollo indipendente. che la gente decida per sé, che si prenda la responsabilità di quello che decide.

pensate che questo si capisca dai dischi che fate?

joy - spero di sì, spero che a un certo punto si capisca. ci sbattiamo proprio per questo.

uno scatto improvviso del registratore ci dice che la cassetta è finita. siamo andati avanti a chiacchierare per il resto del pomeriggio, a un certo punto è arrivato penny e si è unito a noi. poi improvvisamente ci siamo accorti che era ora di tornarcene a casa. molte cose sono state dette, molte cose su cui riflettere…

 

mucilage
[intervista tratta dalla fanzine inglese mucilage, 1984]

piaccia o no, non si può negare l’enorme influenza dei crass nel corso degli ultimi sette-otto anni. esponenti principali dell’anarcopunk, sono il gruppo che ha avuto migliaia di imitatori ed ha acceso una luce di speranza in migliaia di cuori. una qualche intervista gliela dovevo assolutamente fare, sia per soddisfare la mia curiosità personale che per informare voi avidi lettori. i crass vivono in una piccola casa di campagna a north weald, davvero un bel posto. è stato in questo luogo così caratteristico che ho chiaccherato con pete wright, joy de vivre, penny rimbaud e gee in compagnia di un’ottima tazza di the. 

siete restati piuttosto calmi di recente. cosa succede? un momento di riflessione, o una discussione sugli obiettivi e sui metodi?

pete wright - sì, penso sia per entrambe le cose. da una parte ci siamo concessi un po’ di spazio per tentare di approfondire e sviluppare certi argomenti, lo stiamo facendo tuttora, con il nuovo disco è un po’ come lanciarsi nel buio. dall’altra tendiamo ogni tanto ad allontanarci dalla piazza e lasciare spazio ad altra gente che porta avanti le proprie attività. non vogliamo finire col monopolizzare la scena con uscite continue, ogni tanto bisogna farsi da parte e lasciare il posto agli altri. alcuni di noi hanno registrato un disco basato su cinquanta poesie, una cosa vagamente sul classico che non abbiamo fatto uscire con il nome del gruppo. ci siamo sbattuti e abbiamo urlato per un bel po’ di anni così abbiamo voluto dare una dimostrazione di un nostro lato positivo. desideravamo produrre qualcosa di bello, di alta qualità e di mentalità aperta. erano tutte cose che sotto sotto ci eravamo proposti sin dall’inizio, ma non è sempre stato chiaro che i crass stessi sono un tentativo di spingere tutto ad un diverso livello.

penny rimbaud - questo disco nuovo che abbiamo fatto, penso che piacerà alla maggior parte delle nonne invece che ai cosiddetti punks. mi immagino che farà tremendamente schifo a molti punks perché non ci sono parolacce nei testi delle canzoni. sarà interessante stare a vedere cosa succede, vedere a quanti ragazzi farà schifo proprio nello stesso identico modo in cui il punk fa schifo ai loro genitori.

pensate sia negativo il fatto che siate diventati un gruppo così famoso?

pete wright - no, perché qualsiasi situazione ci si trovi a dover affrontare nella nostra vita è per noi un’opportunità da sfruttare. quindi la popolarità non rientra nei nostri piani. se ci viene offerta un’opportunità noi l’accettiamo e facciamo il meglio che possiamo. la nostra abilità di proporci come gruppo punk popolare ha fatto sì che la gente venisse a contatto con tutta una serie di cose che magari non avrebbe neppure potuto immaginare. abbiamo suonato assieme a gruppi che la gente magari non sarebbe mai andata a vedere, stesso discorso per dei film o delle performance. abbiamo fatto fruttare le nostre capacità. sotto un certo punto di vista è stato proprio il bisogno di andare avanti come gruppo punk che ci ha rallentato.

avete intenzione di fare musica diversa da quella più aggressiva e arrabbiata che avete fatto in passato?

penny rimbaud - credo che la nostra rabbia sia ciò che ci rende così duri. c’è da dire che se si resta ad un livello superficiale la gente può non essere in grado di riconoscere la nostra rabbia. molti di quelli che ci hanno copiato hanno effettivamente proposto un’immagine aggressiva di sé e proprio per questo, a mio avviso, hanno dimostrato il vuoto che hanno dentro. penso che non siamo mai stati aggressivi. siamo invece stati estremamente arrabbiati ed estremamente travolgenti, e lo siamo tuttora. è la ragione per cui impieghiamo tanto tempo a progettare il nostro passo successivo, per noi è davvero importante perché siamo talmente passionali riguardo ai nostri sentimenti che spendiamo un sacco di tempo a studiare senza diventare una parodia di noi stessi. è davvero importante che non ci si trovi costretti a fare per forza qualcosa solo perché c’è gente che si aspetta che noi si debba fare qualcosa.

eppure molta gente prende sul serio questa parodia di quel che siete più di quanto non fate voi. prendiamo le magliette e le spillette col vostro simbolo: è sbagliato che ci sia gente che vi derubi fabbricandole, comunque le fabbricano solo perché c’è chi gliele chiede.

penny rimbaud - è un punto d’inizio, no? quando sei giovane sei come tuo papà e tua mamma ti hanno detto di essere e ti comporti come ti hanno detto di comportarti. la prima maniera di ribellarsi a tutto questo, che è anche la più semplice e la più ovvia, è quella di tagliarsi i capelli in maniera diversa, indossare vestiti diversi e appuntarsi addosso un distintivo. questo è il primo passo per dire ai tuoi genitori e a tutti quelli che ti stanno attorno, semplicemente, che ti hanno rotto i coglioni e che hai bisogno di un po’ di spazio tutto tuo. questo è proprio l’inizio del pensare liberamente. fino a una certa età non ti viene data alcuna possibilità di ragionare con la tua testa. non penso sia una brutta cosa che dei ragazzi decidano di prendere un nostro disco e poi pensino “ok, voglio identificarmi con questo” e si comprino una maglietta o una spilletta. potrebbero benissimo decidere di prendersi un disco degli abba: i valori che gli insegnano la scuola e la maggior parte dei genitori ne sarebbero rafforzati.

non sono d’accordo, crescendo la maggior parte della gente abbandona le banalità per far proprie cose più importanti. non importa più il modo di pettinarsi, piuttosto ci si concentra su quel che c’è sotto i capelli. non si può negare però che molta gente non va mai oltre il primo stadio e si ferma alla maglietta e alle spillette.

penny rimbaud - non lo fanno, no. e allora? per me è meglio che almeno una possibilità di andare oltre quel primo stadio ce l’abbiano. si può dire, altrettanto bene, che molta gente oltre quel primo stadio riesce ad andarci. il mercato è assolutamente consapevole del fatto che i giovani tra i 14 e i 23 anni costituiscono la fascia più facilmente sfruttabile: sono il bersaglio preferito perché hanno i soldi e sono vulnerabili. dopo i 23 anni le persone si danno una calmata. parlando in generale, se uno è fuori a 23 anni tende a restare fuori. se uno è fuori già a 14 anni sarà così sotto pressione che per lui sarà sempre più dura. la gente si diverte, dici. e allora? se c’è gente a cui piace saltare su e giù da un palco, pogare e ubriacarsi con la nostra musica per me va benissimo. non abbiamo mai derubato nessuno all’ingresso dei nostri concerti, né abbiamo mai derubato nessuno coi nostri dischi. c’è chi va in giro con la maglietta strappata e la catena al collo: bene, è un modo economico di divertirsi. se noi ci si buttasse sul mercato saremmo falliti in meno di una settimana. il divertimento che offriamo costa molto poco, e bada che qualsiasi divertimento dovrebbe costare poco. c’è gente che vuole soltanto divertirsi? bene, cazzo, e allora? meglio divertirsi con poco che non divertirsi affatto.

pensate di essere riusciti a far cambiare la gente?

penny rimbaud - certo, penso che ci siamo riusciti. penso che siamo stati per buona parte responsabili della riproposizione -sarebbe ridicolo pretendere di aver creato qualcosa!- di tutta una serie di ideali ben radicati nella storia. e cioè, semplicemente: nessun cazzo di autorità, va riconosciuto il mio valore come individuo. è una mentalità che ritorna ciclicamente, ci sono persone in tutto il mondo che sono riuscite ad emanciparsi proprio per quel genere di cose che abbiamo continuato a dire in questi sette anni. magari se non ci fossimo stati noi le avrebbe dette qualcun altro. noi non abbiamo fatto granché di importante, quello che è importante è che in giro per il mondo ci sia gente che si è avvicinata al senso della propria vita.

gee sus - non è poi neppure una questione di qualità della vita. può essere che il cambiamento sia una direzione completamente diversa che si decide di far prendere alla propria vita, o che nemmeno questo sia alla fine il punto. che sia la qualità delle persone, e che da questo dipenda la qualità della loro vita. mica dev’essere la stessa strada per tutti.

penny rimbaud - certo. noi non abbiamo mai fatto propaganda del nostro stile di vita, che è piuttosto pacifico. questa è una casa dove c’è calma, lavoriamo tanto ma tranquillamente, sia che siamo a lavorare nell’orto come quando scriviamo e proviamo i pezzi. mica diciamo “ecco come si dovrebbe vivere”, questo è il modo di vivere che piace singolarmente a tutti noi.

gee sus - per noi funziona così.

pete wright - penso che noi piacciamo agli spostati, a quelli che sono disposti ad aprirsi ad una certa mentalità. interessiamo anche a quelli abbastanza giovani o abbastanza furbi da non fidarsi del modo in cui vanno le cose nel resto della società. credo che i giovani siano più flessibili proprio perché non hanno ancora fatto quel grande investimento di energie che invece hanno fatto gli altri. non si sentono minacciati dalle idee e per questo riescono a ragionare in maniera più creativa.

non sarebbe meglio però cercare di raggiungere quelli di un’età maggiore?

penny rimbaud - certo che sì, ma è una cosa che viene col tempo. voglio dire, abbiamo fatto quello che siamo stati capaci di fare. senza un momento di riposo, abbiamo sempre lavorato duro e siamo riusciti a fare questo. fra dieci anni, magari, le esperienze e i risultati che avremo ottenuto ci spingeranno a devolvere 4,000 sterline a favore di un istituto per anziani invece che destinarle ad un centro anarchico. sette anni fa per noi quella è stata una cosa molto importante, è stata un’occasione che ci ha fatto conoscere e ci ha messo proprio in mezzo a tutta una serie di importanti cambiamenti sociali. non è detto che nei nostri progetti futuri non si riesca a trovare un qualche nostro coinvolgimento attivo in altri settori.

sembri piuttosto ottimista, ma non ti sembra che dopo un’iniziale impennata dell’attività radicale tutto si sia improvvisamente fermato?

penny rimbaud - no, davvero no, perché è molto più importante quello che succede nella testa della gente. rispetto a sette anni fa c’è stata una veloce e clamorosa rinascita della presa di coscienza. è quella stessa consapevolezza che pure c’era, in forme diverse ma in maniera altrettanto forte, dieci anni prima, e che in questi ultimi anni è improvvisamente rinata. tanta gente come noi è stata costretta a camminare a lungo per i vicoli bui, ed è ritornata fuori in cerca di altri frammenti di luce. quando tutto è tranquillo puoi star certo che si sta riflettendo bene su quello che sta accadendo. comunque, ammetto che la prima cosa che ho pensato è stata “cazzo, è finita, dopo tanti sforzi non abbiamo ottenuto niente”.

joy de vivre - penso che sia solo una questione di opinioni.

penny rimbaud - sì, ci sono manifestazioni superficiali come stop the city. c’è chi dice che l’ultima stop the city sia stata quella che è riuscita peggio, ma per me è stata la migliore. a un certo punto mi sono alzato per farmi un giro e mi sono reso conto che i poliziotti si erano insospettiti e mi seguivano. così ho continuato a girare tra la gente, mi sono fatto qualche bella chiacchierata e ho pure fatto amicizia con un paio di persone, io non sapevo chi fossero come loro non sapevano chi fossi io. ho visto e capito un sacco di cose. l’anno prima invece non ho fatto altro che strattonarmi e spintonarmi con la polizia, che è essere sì molto più attivi ma solo in apparenza. non che gli scazzi con la polizia siano meno importanti, se questo è ciò che va fatto, dico, se c’è da tirare pietre per me va bene. bada che non sto facendo delle distinzioni qualitative, solo che è una stronzata bella e buona pensare che gli scontri con la polizia siano in qualche modo meglio del condividere creativamente delle esperienze con la gente.

pete wright - c’è tanta gente che proprio adesso è disposta a fare qualcosa. il contributo più importante che possiamo dare come gruppo, se non far accadere davvero le cose, è espandere il vocabolario di quelle persone che vogliono fare qualcosa. quelli che tirano sassi alla polizia ci sono sempre stati, come c’è sempre stato chi ha partecipato a scioperi e a manifestazioni di tutti i tipi. la cosa più importante è capire quegli sviluppi. proprio come i minatori, c’è stata gente che ha imparato ad affrontare la vita e che la vita è molto di più di quanto si aspettavano, ha imparato a conoscere chi gli sta intorno, a rapportarsi coi compagni di lavoro in situazioni diverse. questa gente

ha scoperto il potere dell’azione comune e della cooperazione, che sono quel genere di cose da cui si tende a stare alla larga. questo è il risultato positivo, mentre che si vinca o che si perda una battaglia particolare non importa poi tanto perché è solo una battaglia.

penny rimbaud - quello che è davvero importante è capire quand’è il momento di fare marcia indietro. non significa necessariamente una sconfitta, può essere invece una cosa estremamente positiva che permette al tuo avversario di occupare una qualche parte dello spazio che hai lasciato libero. perché se quello che vogliamo è un cambiamento, allora qualche volta ci si troverà a cambiare idea nonostante ne possa soffrire il nostro orgoglio, e dire “d’accordo, io la penso così e così, questo è come farei, vediamo adesso se c’è una possibilità di incontrarsi”. la cosa più probabile che può succedere, oggi come oggi, è che ti caghino addosso. resta il fatto che se non si è mai disposti a cambiare idea si permane in una situazione di continuo conflitto e, senza dubbio, è una pessima strategia. da una situazione di agitazione chi ci guadagna è il governo.

joy de vivre - sprechiamo costantemente energie litigando invece che impiegarle per qualcosa di più ingegnoso.

penny rimbaud - com’è successo a stop the city, quando la polizia ci ha circondato tutti. è stato un bene per tutti, perché cosa cazzo avrebbero potuto fare dopo? forse si sarebbero stancati e sarebbero tornati a casa.

capisco quello che vuoi dire ma, dimmi, sei davvero così ottimista per il futuro? dici che è una buona cosa se non siamo in uno stato di conflitto, ma è forse una buona cosa se ce ne stiamo tutti qua seduti a dire “cazzo, guarda come va tutto in malora”?

pete wright - dipende da quali vuoi che siano i tuoi obiettivi. se vuoi che i missili cruise vengano smantellati e spariscano da questo paese, allora lascia stare: non ci si riuscirà mai. ma se il tuo obiettivo è illuminare la gente per farla crescere allora ne hai tutte le possibilità, basta che tu capisca che il pilastro che tiene su tutto sei tu. credo che in questo periodo il ristagno sia forte, ma sento che sta succedendo di tutto nella testa della gente. mi riferisco a quel senso di moralità, di umanità che c’è in ciascuno, anche se spappolato tra i bambini da crescere, le rate del mutuo e tutto il resto. c’è, c’è ancora, c’è da sempre e viene improvvisamente fuori proprio da chi meno le l’aspetti. questo è davvero importante.

penny rimbaud - noi siamo capaci di muoverci sempre, è una caratteristica che loro non hanno proprio perché lo stato diventa sempre più rigido nel suo atteggiamento. e proprio mentre questo atteggiamento viene sempre più forzato, parallelamente la nostra intelligenza cresce, così come cresce la nostra mobilità, crescono il nostro amore e sostegno reciproco. i governi di destra da che storia è storia hanno sempre fatto lo stesso errore.

ma siamo sicuri che per tutte queste cose ci vorrà tanto tempo? e i problemi immediati, tipo la gente che muore di fame proprio adesso?

gee sus - certo, sono problemi immediati. ci sono milioni di persone che muoiono di fame tutti i giorni e io non posso farci assolutamente nulla. l’unica cosa che posso fare è sperare di riuscire a costruire qualcosa per il futuro, per una società in cui uno schifo simile non possa essere possibile. le persone singole non possono fare niente.

pete wright - bisogna anche rendersi conto che il fatto che la consapevolezza del problema della fame fa parte della propaganda politica. c’è gente che nel mondo muore di fame per gli stessi motivi per cui muore la gente in etiopia: il fatto curioso è che l’etiopia riceve aiuti e sostegno dalla russia mentre qui in occidente è stato montato tutto questo scalpore isterico. il modo in cui ci vengono riportate le informazioni è pilotato con estrema attenzione. quello che succede in etiopia accade frequentemente anche in altri paesi del terzo mondo. l’etiopia è un utile strumento di propaganda perché l’america vuole metterci sopra le mani. le ragioni della fame sono politiche: i motivi per cui il cibo non viene distribuito sono politici. bisogna per forza pensare a lungo termine: se non lo facessimo saremmo bruciati, arriveremmo alla stessa frustrazione e alla stessa rabbia di tanta gente di sinistra. si deve avere la forza di fare un passo indietro e dire “d’accordo, so di avere ragione, so di essere animato da buoni propositi, so di essere spinto dai sentimenti più puri” e spendere il resto della giornata lavorando a maglia.

certo, non è una cosa nuova, la cosiddetta politica della depressione è un’arma nelle loro mani e bisogna starci attenti. solo che proprio non è facile vivere al di fuori del sistema, tutto quello che si fa è in funzione del sistema.

gee sus - bisogna provare a convivere col sistema, non a costo del sistema. è ovvio che non si riesce a vivere al di fuori del sistema, in questa stanza tutto è in qualche modo un prodotto del sistema. è impossibile staccarsene del tutto, ma ci di deve avvalere di quello che ci è utile, questa lampadina, ad esempio, rendendosi conto però che può offrire ben poco alla tua anima.

pete wright - la grande illusione è che si possa cambiare il sistema opponendosi ad esso. e invece no, il potere necessario a distruggere un sistema con ogni probabilità finirà per costruirne un altro del tutto simile. i sistemi cambiano orientando nella stessa direzione le persone che tu riesci a cambiare. quindi il teatro dell’opposizione, come stop the city o il campo della pace di greenham, è un teatro di opposizione apparente. la gente ci vede come oppositori del sistema, cosa che noi certo non siamo: noi tentiamo di avere effetto sulla gente che ci sta vicina, quelli che vengono ai nostri concerti e comprano i nostri dischi, gente che è orientata allo stesso nostro modo. e se chi compra un nostro disco è un punk di dodici anni o un impiegato statale di mezza età, e questo succede, il cambiamento si verifica nel momento in cui siamo vicini fianco a fianco e guardiamo nella stessa direzione.

siete fortunati se riuscite a dire queste cose. siete in una posizione relativamente comoda da cui potete guardare al futuro senza quella solitudine, quella pena e quella depressione che molti invece sono costretti a soffrire.

pete wright - penso che siamo fortunati nel non avere bisogno di alcune di quelle cose che creano dipendenza e fame, nel senso che non siamo costretti a mantenere un certo standard di vita. il posto in cui viviamo è anche il posto in cui lavoriamo, e abbiamo lavorato duramente per anni per arrivare a questo. se fossimo costretti a sgombrare domani, si ripartirebbe altrove attivamente e creativamente come singoli. quindi non è questione di fortuna, abbiamo lavorato tanto e duramente. sarei ugualmente felice in una capanna in mezzo a un prato o in una stanza in una casa occupata. non è quello ciò che mi importa, quello che mi importa me lo porto dentro la testa. se mi servono dei mobili posso sempre procurarmeli in un secondo momento. va sempre a finire che bisogna andare in cerca di un qualche lavoro di merda. se lo si vede come un lavoro di merda allora lo si fa poco volentieri e male, ma se invece lo si intende come un modo per raggiungere un qualche obiettivo allora può trasformarsi in un’attività eccitante e creativa. se dopo tre mesi di lavoro ci si può permettere una pressa tipografica per stampare, allora cazzo ne vale la pena. è una cosa orribile pensare che un qualsiasi lavoro sia il nostro destino per il resto della vita. anch’io pensavo così una volta. quando ho finito la scuola per un anno e mezzo ho fatto un lavoro che non mi piaceva un cazzo, e stavo andando fuori di testa perché pensavo che avrei dovuto farlo per sempre. è una trappola.

gee sus - non c’è motivo buono per non cambiare lavoro o addirittura cambiare vita.

pete wright - e tutta quella gente di merda attorno al disco di band aid, quei miliardari di merda che si tolgono gli spiccioli dalle tasche. se davvero gliene fosse fregato qualcosa, se davvero avessero voluto dare un qualche aiuto un disco non l’avrebbero mai fatto. se non fosse per gente come boy george e per tutti quegli altri capitalisti fighetti, un disco così non esisterebbe. boy george è solo un agente di borsa travestito, alla fine il discorso è questo. eppure, sembra che a tutta quella gente importi davvero. la grande farsa sociale è che questa gente recita il proprio impegno. c’è boy george che si impegna per l’etiopia e che si impegna contro la guerra perché …la guerra è stupida. ma, siamo noi quelli che si sono impegnati contro tutto questo! non è questione di competizione, è il motivo per cui ci siamo sbattuti per tutto questo tempo.

gee sus - è vero, non è questione di competizione. è come aver preso un altro pugno sui denti, come essere un bersaglio al luna park e continuare a prendere colpi. ogni volta che si tenta di iniziare una discussione seria c’è sempre qualche idiota che riesce a rovinare tutto riducendo tutto a una banalità. la guerra è stupida… non posso crederci. bisognerà fare un altro enorme sforzo per riportare la guerra al centro della discussione, senza che si metta in mezzo un qualche stupido stronzo del mondo pop.

come siete riusciti ad andare avanti? ci vuole un sacco di determinazione.

penny rimbaud - è solo lavoro duro, essere disposti a lavorare duro. tutto qui. nient’altro.

con il vostro lavoro duro arrivate però solo fino a un certo punto. certo dovrete rivolgervi a qualcuno, che so, per distribuire i vostri dischi.

pete wright - la distribuzione la seguiamo noi. tutto quello che possiamo fare lo facciamo personalmente. se lo facciamo noi sappiamo che lo facciamo bene.

gee sus - il vantaggio che abbiamo è che con tutta la gente coinvolta nel lavoro del nostro gruppo, come quelli che si occupano della tipografia, ci si conosce personalmente da tanto tempo. si è cresciuti insieme, c’è molta comprensione e rispetto. uno dei problemi degli altri gruppi è che i vari componenti non si conoscono sul serio: per dire, comincia un chitarrista che spera di trovare qualcuno con cui andare d’accordo che si aggreghi. ci vogliono anni, non si finisce mai di conoscere la gente.

l’intervista ufficiale finisce qui, anche se abbiamo continuato a chiacchierare per un bel po’ dopo che il nastro era finito. cosa dire quindi di un gruppo come i crass? si potrebbe prendere in considerazione la loro influenza su quello che è il simbolo dello sfruttamento materialista giovanile: le classifiche di vendita dei dischi:

…è strano che si riesca a vendere 20,000 copie senza finire in classifica. questo è un metodo assolutamente efficace per ridurti al silenzio. ci si aspetta di finire in classifica se si vendono 20,000 copie di un album nelle sole prime due settimane dall’uscita… ...“stations” ha venduto sinora oltre 90,000 copie. quando arriveremo a 100,000 stamperemo dei dischi di cioccolata e ce li regaleremo l’un l’altro, poi faremo qualche foto da spedire alla stampa, sai, perché la stampa musicale fa finta di ignorare che noi vendiamo migliaia di dischi. se le classifiche di vendita fossero compilate onestamente saremmo finiti ai primissimi posti più di una volta: con “nagasaki nightmare”, con “penis envy” e “christ - the album”…

concludo con una mia dichiarazione di umiltà e speranza: alcune delle dichiarazioni dei crass mi hanno fatto fremere per la loro ingenuità, ma non mi sento di ridicolizzarli né tantomeno di dire che hanno torto.

 

artificial life
[intervista rilasciata alla fanzine inglese artificial life, 1984 - tratta da criss crass vol. 1 n. 2, settembre 1984]

alcuni li amano, altri li odiano, molti semplicemente se ne stanno ad aspettare che si sciolgano. bene, per adesso i crass non si scioglieranno: sono qui per confrontarsi con la nostra cosiddetta società. i crass istigano la gente a pensare e a riflettere sulla società in cui viviamo. i crass non si servono dell’industria musicale: stampano e diffondono i loro dischi in maniera autonoma, e li vendono a un prezzo inferiore rispetto a qualsiasi altra etichetta (una dimostrazione evidente degli enormi profitti delle case discografiche). hanno appena pubblicato un album doppio in una scatola che contiene anche un poster e un libretto di ventotto pagine, il tutto a 5 sterline. è il disco più importante uscito quest’anno, tutti dovrebbero prenderlo. suonano punk grezzo che per molti è troppo aggressivo ed ad alto volume: significa forse che anche i crass sono persone aggressive? certo che no. la musica va suonata così, sono un gruppo punk. i testi vanno cantati così perché sono un’espressione sincera dei vari temi che trattano. noi di artificial life abbiamo deciso di saperne di più sul loro conto: siamo stati invitati ad un incontro per approfondire la nostra conoscenza delle loro idee.

il gruppo si è formato quando c’era in giro molta gente con idee simili. come vi siete messi assieme?

crass - c’era molta gente che diceva “fatelo da soli”, che chiunque poteva riuscire a suonare. abbiamo pensato che se ce l’avevano fatta i clash, anche noi avremo potuto farcela altrettanto bene. ha certamente influito il rifiuto che tutti avevamo verso la società: qualcuno di noi aveva già suonato in un gruppo ma non era riuscito a portare avanti le proprie opinioni in un modo così libero. quando è successo è stato proprio bello.

pensate di avere iniziato con intenzioni simili a quelle dei clash e di altri gruppi?

crass - è difficile a dirsi. pensavamo che i clash dicessero le stesse cose che dicevamo noi, ma in realtà nessuno sa che cosa i clash pensassero davvero. all’inizio i clash erano molto sinceri nei loro sentimenti, ma le tentazioni dell’industria discografica sono enormi. spesso i gruppi vengono annacquati dal sistema.

è stato perché vi siete accorti a quello che succedeva agli altri gruppi quando firmavano i contratti con le case discografiche che vi siete tenuti fuori?

crass - no, è perché alcuni di noi sono più vecchi e hanno già lavorato nell’editoria e nello spettacolo prima del punk. sapevamo già quello che volevamo, e soprattutto sapevamo bene quello che non volevamo. sapevamo com’era l’ambiente musicale. le cose che diciamo non potrebbero mai essere pubblicate da una major: sarebbe una contraddizione dire che non vogliamo le bombe e lavorare per una casa discografica che è in mano a chi le bombe le produce. alcuni nel nostro gruppo hanno attraversato il periodo hippy negli anni sessanta, e sanno bene dove sono piazzate le trappole. ad esempio, non c’è ragione di concedere interviste a un grosso giornale musicale: non pubblicheranno mai le cose che realmente diciamo senza averle modificate e distorte. quelli dell’industria discografica sono solo interessati ai soldi, non alla gente. purtroppo molti giovani ci cascano: è una grossa tentazione, bastano un paio di migliaia di sterline, specie se non hai un lavoro e non hai un soldo in tasca. molti non riescono proprio ad accorgersi delle trappole del music business. altri invece sono convinti di poterlo combattere dal di dentro, ma non ci riescono mai.

avete mai delle divergenze sulla politica da seguire?

crass - non abbiamo alcuna strategia politica prefissata. abbiamo opinioni diverse ma un terreno comune su cui lavorare, il che significa che si discute molto. ad esempio, quando si tratta di decidere se andare a suonare in un certo posto: se qualcuno ha delle ragioni serie per essere contrario, allora non si va a suonare. di solito tendiamo tutti a fidarci gli uni degli altri. succede spesso che ci telefonino a casa per sapere il programma dei nostri concerti anche con un anno di anticipo, che è una cosa ridicola. ecco una trappola in cui cadono molti gruppi: si diventa un prodotto dell’industria discografica, ti promettono fama e ricchezza, ma non ti dicono che non riuscirai a fare il 90% di quello che vuoi fare, e che ti ritroverai a dovergli restituire tutti i soldi dell’anticipo. la casa discografica ti imporrà una certa immagine e dovrai cantare quello che vogliono loro.

quando e come decidete di andare a suonare in un posto?

crass - nel foglio informativo che spediamo periodicamente in giro c’è un punto in cui chiediamo alla gente di informarci se vicino a dove abita c’è un posto che ritengono adatto a un nostro concerto. se sì, ce lo fanno sapere, poi noi vediamo se si può fare. alla fine decidiamo un periodo e vediamo se con le segnalazioni che abbiamo ricevuto si riesce a mettere assieme un giro di concerti.

come mai non suonate più a londra?

crass - perché non possiamo permettercelo. stimiamo che un nostro concerto a londra possa attirare almeno millecinquecento persone, e in città non c’è un solo posto abbastanza grande che non sia in mano a una qualche impresa commerciale. saremmo costretti a rivolgerci al lyceum o a un’altra sala simile. nelle altre città c’è almeno una sala municipale, che è un posto pubblico utilizzabile a scopi non di lucro, dove noi possiamo suonare. a londra sembra sia impossibile ottenere una sala municipale. lo scorso natale abbiamo fatto molti concerti a londra, tutti in posti piccoli, suonando con un nome falso.

ma è tremendo essere costretti a suonare sotto falso nome, la gente che vi segue potrebbe non venire mai a sapere dei vostri concerti…

crass - questo è vero, ma suonare in quei posti piccoli per noi è stato importante, per certi versi ancora più importante che fare un grosso concerto. un posto piccolo ti dà la possibilità di muoverti ben oltre quello che generalmente ci si aspetta da noi. i posti grandi ci piacciono meno perché ci danno meno possibilità di stare insieme con la gente. in un posto piccolo, quelli che vengono a un nostro concerto ci possono incontrare e magari rendersi conto che non siamo così aggressivi e violenti come si dice in giro. quando abbiamo iniziato eravamo solo un gruppo sul palco come tanti, ma non avevamo addosso i vestiti giusti né ci comportavamo come la gente si aspettava. la gente non aveva termini di paragone. poi abbiamo cominciato a proiettare i filmati, e la gente da noi adesso vuole questo. ci si aspetta anche che i nostri dischi costino poco: abbiamo appena pubblicato un album doppio a 5 sterline, che è il nostro disco più caro. adesso è una questione di spingerci con i concerti e con la nostra attività ben oltre quelle che sono le aspettative della gente. non ci va di fare quello che la gente vuole che facciamo, abbiamo sempre cercato di andare oltre, penso basti sentire i nostri dischi.

quali sono i vostri progetti attuali?

crass - abbiamo in programma dei concerti in scozia, irlanda, galles e nel sud-ovest, poi decideremo cosa fare. saremo in studio le prossime due settimane per registrare il nostro nuovo singolo. vogliamo spingerci a tentare progetti sorprendenti e inediti. vedi, la gente tende ad accontentarsi. se va a un concerto ed assiste ad un pestaggio, tende a farsi i cazzi suoi, a lasciar perdere. se succede una cosa simile a un nostro concerto, comincia un dibattito. uno dei nostri problemi come gruppo è non solo confrontarci in termini di informazione con la gente, ma dare un taglio ai comportamenti precodificati. vedi, nel nostro caso si tratta di categorizzare tutto: noi, ad esempio, siamo un gruppo di un certo tipo, formato da gente di un certo tipo che si comporta in una certa maniera e che fa canzoni di un certo tipo che trattano un certo tipo di argomenti. se ci volessimo fermare al tipo di immagine che abbiamo creato, potremo anche vendere un sacco di dischi e far soldi a palate, ma non ce ne frega un cazzo. non ce ne frega un cazzo di diventare un gruppo di bravi professionisti che si mantiene facendo dei dischi. se l’industria discografica improvvisamente crollasse, non farebbe per noi alcuna differenza. forse sarebbe più complicato, ma continueremmo ad andare avanti così sia che si venda un disco che se ne venda un milione di copie. non c’è alcun motivo per lasciarsi tentare dalle classifiche di vendita: il nostro tenore di vita attuale ci soddisfa, e facciamo dischi che significano sul serio qualcosa.

su che basi decidete di pubblicare per la vostra etichetta dei dischi di altri gruppi?

crass - mettiamo la nostra etichetta a servizio dei vari gruppi e gli mostriamo come fare. prendiamo accordi per pubblicare un solo titolo, il gruppo fa esperienza e se dalle vendite si riesce a raccogliere un po’ di soldi può usarli come crede. ad esempio, i flux of pink indians hanno fondato così una propria etichetta autogestita. abbiamo anche un’etichetta sussidiaria, corpus christi, che è nata proprio per aiutare concretamente i gruppi a produrre e mettere in circolazione i loro lavori. con l’etichetta crass offriamo un servizio di produzione completo, con l’etichetta corpus christi gli diamo un prestito e gli offriamo assistenza per la produzione e la distribuzione. il rapporto generalmente funziona con gente che ha un minimo di esperienza ma teme di non essere in grado di portare a termine un certo progetto. i gruppi hanno la massima libertà d’espressione, a patto che non incitino alla violenza o a discriminazioni di sesso o razza.

come vi ponete rispetto alla commercializzazione dilagante di magliette ed altri prodotti col vostro nome e il vostro simbolo?

crass - non ce ne frega niente. se c’è gente disposta a spendere dei soldi per una maglietta o una fascia da annodarsi al braccio con sopra stampato “crass” vuol dire che non ha proprio capito niente di quello che diciamo. una volta abbiamo provato a investigare per vedere se c’era la possibilità di far smettere questo commercio, e abbiamo scoperto che in realtà non è un unico grosso imprenditore ma sono tante microscopiche imprese e laboratori casalinghi, una cosa piuttosto sotterranea. a qualcuno abbiamo dato noi i disegni originali, qualcuno si è persino offerto di occuparsi del nostro merchandising ufficiale. detta così sembra che siamo splendidi, ma questa gente non ci deruba delle nostre idee: hanno fatto ben di peggio i giornali musicali. abbiamo pensato più d’una volta di ricorrere alle vie legali per le falsità che sono state scritte su di noi, adesso sarebbe una cosa impensabile. ogni due o tre settimane c’è qualcuno che ci telefona per chiederci un’intervista esclusiva che noi non abbiamo certo intenzione di concedere.

qualche tempo fa avete scritto a sounds. perché?

crass - abbiamo fatto un tentativo per far smettere le aggressioni e ricomporre le divisioni causate da garry bushell. cazzo, ma non si rendono conto di quello che stanno facendo? bushell non capisce, non ha idea del casino che un ragazzino emarginato da solo può riuscire a combinare. ha scritto qualcosa a proposito di un nostro pezzo, “1980 bore”, che è un pezzo sulla televisione, dicendo che è un attacco ai gruppi oi. noi non abbiamo niente contro i gruppi oi né contro altri gruppi, che vadano per la loro strada, non ci interessa. è stata una manipolazione ad opera di una sola persona, che ha davvero esagerato. però non è andata come speravamo: la nostra lettera ha provocato una discussione che si è protratta su tre numeri del giornale e ha fatto incrementare di ventimila copie le vendite di quel fogliaccio di merda.

siete stati voi a progettare il flexi delle falklands? che ne pensate della guerra contro l’argentina?

crass - non posso né confermare né smentire il nostro coinvolgimento nella realizzazione del flexi perché è ancora in corso un’inchiesta della polizia. pare che ormai della guerra delle falklands ce ne siamo dimenticati tutti, ma allora c’era davvero un’enorme paura diffusa in tutto il paese, si temeva che potesse essere l’inizio della terza guerra mondiale. un conflitto in una qualsiasi parte del mondo potrebbe aver provocato una guerra mondiale perché l’america, la russia e la cina hanno interessi ovunque, è impensabile immaginare di non coinvolgere questi paesi e che il loro coinvolgimento non possa trasformarsi in un intervento davvero pericoloso. la popolazione delle isole falklands si trova a fronteggiare una crisi economica stabile, eppure la gran bretagna reclama il possesso di quelle terre. si è calcolato che per mantenere nelle isole il nostro contingente militare, che ha consistenza tripla della popolazione locale, si sono spesi sinora 1.8 miliardi di sterline. significa che ciascun abitante delle falklands è costato al paese un milione di sterline, in termini economici è una follia. ci sono stati mille morti, e i commenti degli isolani sono stati cose come: “mi hanno rubato la dentiera”, o “sono entrati in casa e mi hanno infangato il pavimento”, loro la guerra l’hanno vista così. è naturale che da questa guerra noi non impareremo un bel niente, non so neanche se gli abitanti delle falklands si siano resi conto della situazione di barbarie in cui si sono trovati. il foreign office si guarda bene dal diffondere cifre, non sapremo mai il numero dei feriti, figuriamoci pretendere un rapporto sulle conseguenze psicologiche della guerra. i soldati non combattono per le stesse ragioni di chi comanda, di chi li manda in guerra. è facile convincere chi resta a casa di quanto eroica sia la vita al fronte, i soldati possono anche essere terrorizzati ma ormai sono lì e devono restarci, e magari pensano di combattere per la libertà. il nostro è un paese corrotto e controllato dalla polizia, uno stato fascista: lo sanno tutti, ma tutti hanno paura di dirlo perché hanno bisogno dell’approvazione dell’autorità. fare a meno dell’autorità, rifondare la società… belle parole. la maggior parte della gente crede ai mass media, che gli offrono una certa idea della normalità: uscire dalle convenzioni, cercare altre strade e altri valori viene percepito come una cosa sbagliata. c’è gente che partecipa alle manifestazioni pacifiste, poi torna a casa e cena seduta davanti alla televisione, si sbafa una bella bistecca senza parlare. non capiscono che tutto quello che fanno, a partire dalla bistecca, in qualche modo contribuisce a costruire una bomba e a organizzare un’aggressione. quello che facciamo è cercare di collegare tutte quelle singole situazioni isolate e scrivere dei testi che possano aiutare la gente a capire meglio.

pensate che i crass riusciranno a far aprire gli occhi alla gente, a farle cambiare maniera di pensare, a far sì che si accorga delle alternative che ha a disposizione?

crass - si può fare, a patto di non scendere a compromessi, e noi non scendiamo a compromessi. cinque anni fa davamo il nostro sostegno al c. n. d.: la gente ci rideva dietro quando vedeva gli striscioni pacifisti sul nostro palco ai concerti, tanti nemmeno conoscevano il significato di quel simbolo. li abbiamo sostenuti per tanto tempo, e nessun altro lo faceva, eppure non avevamo grandi rapporti diretti con la loro base londinese. col tempo, il c. n. d. è divenuto una forza assai popolare. ci stiamo occupando attualmente di argomenti che diverranno di interesse comune tra tre o quattro anni. non si può pretendere che un soldato pronto per partire per le falklands decida improvvisamente di disertare perché la guerra è sbagliata, anche se non sono mancati episodi simili. abbiamo ricevuto numerose lettere di militari che raccontano di non poter mollare l’esercito, la società ha i suoi limiti. si tratta di creare degli spazi: se non ci fossero quelli come noi non si potrebbero immaginare delle alternative, la gente non potrebbe porsi alcun interrogativo. la nostra speranza è che la gente acquisisca consapevolezza, e che le cose che diciamo servano a rafforzarla.

in pratica fate capire alla gente che gli toccherà cominciare a riflettere.

crass - stimoliamo la gente a pensare. facciamo un certo effetto. ad esempio, nel corso dell’ultimo anno e mezzo un mucchio di gente era disperata perché temeva che ci svendessimo. può sembrare stupido, è chiaro che non abbiamo alcuna intenzione di mollare, ma la gente teme che succeda anche a noi quello che è successo a tanti altri gruppi.

 

guilty of what
[intervista rilasciata alla fanzine inglese guilty of what, 1984 - tratta da criss crass vol. 1 n. 3, ottobre 1984]

cosa ne pensi dell’attuale punk revival e dei gruppi che sono in prima linea in questo movimento?

pete - penso che il cosiddetto punk revival sia soltanto un po’ di gente che si è riciclata dopo un periodo in cui si è venduta e poi svenduta a cifre sempre più basse per poi scomparire nella merda alcuni anni fa. credo che non ci sia nessuna prima linea in questo movimento, direi che ci sono dei gruppi che hanno semplicemente continuato a suonare e hanno ottenuto un discreto successo commerciale, cosa che non ha nessunissima influenza sul modo in cui le cose funzionano nella realtà. per fortuna i crass sono il tappo ficcato nel culo del sistema delle pop stars: i gruppi musicali non riusciranno più a fregare nessuno perché adesso si sa chiaramente come fanno a fare le porcate che fanno. quello che succede adesso è che il music business non ha più a disposizione alcun vero gruppo musicale per poterlo manipolare come vuole: i gruppi si sono fatti furbi e hanno capito che il sistema non ha più niente da offrirgli. ci sono delle reali alternative ai concerti carissimi al lyceum e in tutti quegli altri posti del cazzo, sia che si tratti di un tendone o di un centro sociale in un posto sperso. la gente sta creando le proprie alternative.

come mai le poison girls hanno smesso di fare concerti con voi dopo tutti questi anni di collaborazione?

pete - perché sentivano il bisogno di andare avanti per conto proprio. non abbiamo certo litigato, anzi siamo in stretto contatto.

a qualcuno di voi hanno mai chiesto un autografo?

pete - certo, lo fanno in tanti. di solito cerchiamo di far riflettere chi ci chiede un autografo, cerchiamo di fargli capire cosa vuole veramente. quelli che ritengono che il nome di qualche altra persona sia di valore maggiore, anche rispetto al proprio, sono prigionieri di un senso di inferiorità che gli è stato imposto sin da quando erano bambini. vengono da noi e vogliono un rapporto con una pop star, e invece si ritrovano con qualcuno che cerca invece di fargli aprire gli occhi sulla loro forza e sul loro valore. c’è chi ti chiede un autografo solo perché non sa come cominciare una conversazione: spesso non gliene frega niente dell’autografo, quello che vogliono fare davvero è parlare.

so che non ritenete necessarie le forze di polizia: non pensate invece che questo porterebbe al caos e alla sopravvivenza dei più forti?

pete - nel caos ci siamo già adesso.

andy - stiamo parlando di una società ideale, basata sul rispetto e la fiducia reciproca. non ritengo comunque necessaria l’esistenza di forze di polizia nella nostra società attuale. se la società cambiasse la polizia sarebbe comunque inutile, poiché non ci sarebbe alcuna forma di autorità da difendere. credo che la vita dovrebbe essere basata sul rispetto reciproco, e che dovrebbe essere data a chiunque la possibilità di essere libero senza limitare il diritto alla libertà degli altri. non credo che questo porterebbe al caos. comunque la tua è una domanda campata in aria a cui non si può rispondere.

avete finanziato un centro anarchico con un vostro disco. come sta andando?

pete - il centro è andato avanti per un anno ma ha sospeso l’attività perché il proprietario ha fatto vietare i concerti, che erano l’unica maniera di raccogliere soldi. parte della gente che gestiva il centro non ha voluto mollare e si è spostata al “centro iberico”, un centro di cultura spagnola dove possono continuare l’attività una volta alla settimana finché non si troverà un altro posto.

qual è stata la vostra reazione al paginone centrale che vi ha dedicato sounds?

pete - stanchezza. ci vorranno almeno sei mesi per toglierci di dosso la merda che ci hanno tirato.

andy - ho pensato che è stata una cosa proprio stupida, cazzo. è chiaro che sounds cerca di vendere più copie ficcandoci le nostre foto. vogliono spingere la gente a comprare il giornale mettendo il nostro nome in copertina, e gli articoli all’interno non fanno che screditare e distorcere quello che facciamo. credo che la gente capisca, è chiaro che non abbiamo mandato noi le foto a sounds. un loro fotografo è venuto a un nostro concerto, ha fatto le foto e loro le hanno pubblicate. noi non c’entriamo niente.

come vi comportate se improvvisamente si verificano atti di violenza durante un vostro concerto?

pete - la violenza non è improvvisa, la si cova a lungo ed è piuttosto facile capire chi potrebbe scatenarla. abbiamo un’esperienza sufficiente per identificare gli attaccabrighe non appena entrano in sala. potremo restituirgli i soldi del biglietto d’ingresso e cacciarli via, ma questo va contro le ragioni che ci spingono a fare concerti. innanzitutto, noi vogliamo condividere la situazione delle persone che vengono ai nostri concerti quindi stare all’erta è un po’ compito di tutti. poi, c’è la probabilità che i rompicoglioni non vogliano più andare in cerca di rogne una volta che li si è individuati. magari sono anche disposti a restare ad ascoltarci perché nessun altro gli offre niente. la gente che viene abitualmente ai nostri concerti ha imparato, così come anche noi, a gestire le situazioni potenzialmente violente, ad esempio concentrandosi attorno al palco, zittendo chi fa casino, tenendo separati quelli che vogliono litigare e parlandogli per fargli capire che non c’è motivo di sentirsi con le spalle al muro. quelli che vanno in cerca di rogne ai concerti ripropongono stupidamente il bullismo scolastico, sono ragazzini convinti di celebrare così il loro machismo. in sei anni di concerti avrò incontrato solo tre o quattro persone che volevano far male o farsi male sul serio. per lo più sono ragazzi intrappolati in situazioni da cui non sanno come uscire.

vi sentite o no sfruttati da tutti quelli che vendono t-shirts e spillette col vostro nome?

pete - non me ne frega più niente. penso che la nostra posizione sia ben nota: se c’è qualcuno che vuole comprarsi quella merda, bene, che se la compri. la decisione spetta a loro.

andy - è chiaro che non mi sta bene, l’unico modo per farli smettere sarebbe che la gente smettesse di comprare quella roba. noi non possiamo certo impedirglielo, a meno di non andare per vie legali, cosa che non abbiamo certo intenzione di fare. ci sono in giro così tante ditte che stampano e vendono roba col nostro marchio che se dovessimo farlo noi ci prenderebbe tutto il tempo. un’altra possibilità sarebbe fare delle magliette ufficiali e venderle solo ai nostri concerti, forse potrebbe funzionare.

siete diventati vegetariani per scelta di gruppo oppure ognuno per conto proprio?

pete - sono scelte individuali che risalgono a prima di sei anni fa. si arriva a un punto in cui si inizia ad avvertire la responsabilità di quello che si fa al mondo. molte scelte, come quella di non mangiare carne, dipendono da un ragionamento precedente. se si imposta il discorso in termini di comprensione critica, invece che fermarsi alla superficie come siamo stati educati a fare, allora si è in grado di impostare la propria vita secondo la propria etica. mangiare carne significa mangiare cadaveri: non nascondiamoci dietro le parole. le belle parole, la terminologia tecnica così corretta e scientifica, a volte possono essere ignobili eufemismi per nascondere alla gente la cruda realtà dei fatti.

qual è il vero significato dietro a “ribal tribal rebel revels”?

pete - è una cazzata, e il fatto che ci sia gente che abbia davvero speso del tempo dietro questa cazzata è una cosa che si commenta da sola. la canzone l’abbiamo scritta per sgonfiare l’immagine tronfia e stupida di quei ragazzi con gli stivali, manovrati da gente come gary bushell per i suoi scopi personali. ogni volta che viene promossa la stupidità, dal patriottismo al consumismo all’oi, si può scommettere che c’è dietro qualcuno che ci guadagna.

siete mai stati bersaglio di attacchi per qualcosa che come crass avete detto?

andy - no, perché non costringiamo nessuno a fare come facciamo, non propagandiamo alcuna dottrina politica e, nel modo specifico, non diciamo alla gente quello che deve fare. noi ci poniamo un sacco di interrogativi su ciò che ci circonda e pensiamo che la gente dovrebbe fare qualcosa per sé stessa. non credo che ci sia nulla di male, niente che la gente ci possa contestare. certo, ci sono discussioni ma è difficile trovare qualcuno che sia in completo disaccordo con noi. per dire, non c’è nessuno che abbia voglia di andare in guerra ad ammazzare altra gente, non c’è nessuno che abbia intenzione di andare in giro a pestare qualcun altro, nessuno che abbia voglia di obbedire ciecamente a tutto quello che gli viene detto. il punto principale è che proprio nessuno vuole essere violento.

avete mai avuto grane con la polizia per via dei vostri dischi?

pete - la polizia aveva avviato un’inchiesta per “reality asylum”, ma si sono resi conto che se ci avessero trascinati in tribunale con un’accusa di blasfemia ci avrebbero reso il gruppo più famoso del paese. penso che abbiano preferito ignorarci e sperare che prima o poi ci sciogliessimo.

avete mai fatto qualcosa di cui dopo vi siete pentiti?

andy - direi di no, davvero. una volta abbiamo scritto un pezzo, “hurry up garry”, su gary bushell e un paio di noi erano piuttosto perplessi. penso che però lui abbia scritto una così enorme montagna di merda che siamo contenti di avergli dedicato il pezzo. magari abbiamo esagerato e l’abbiamo fatto sembrare un coglione molto più stupido di quanto sia davvero, ecco forse questo un po’ ci spiace. ma lui ha continuato a scrivere delle porcherie sempre più schifose, per cui, ecco, penso che lui sia un coglione molto stupido. direi che questa è l’unica nostra canzone in cui ci possa essere stato un qualche ripensamento.

vorrei ritornare un momento a “reality asylum” e alle grane che avete avuto con la polizia: ho saputo che con quel disco avete perso un sacco di soldi. non credete, col senno di poi, che pubblicarlo sia stata una perdita di tempo e di denaro?

andy - il motivo per cui abbiamo deciso di pubblicare noi il pezzo è perché small wonder non l’aveva fatto. “reality asylum” doveva essere incluso in “the feeding of the 5,000” e, per quanto ci riguarda, è una dichiarazione di enorme importanza. non importa quanto costa pubblicarlo, così come non ci importa la quantità delle lamentele e delle proteste che ha provocato: lo abbiamo pubblicato perché ci crediamo. insomma, rendiamoci conto che c’è un sacco di gente che vive con la paura costante che un enorme fulmine la possa colpire se solo si azzarda a mettere in discussione un qualsiasi aspetto della religione. come in irlanda, vogliono farci credere che è una guerra di religione, è una cosa stupida. molta gente ha avuto il coraggio di pensare e di dire le stesse cose che diciamo nel nostro disco. ripeto, non è stata questione di soldi né di proteste, come non lo è per il flexi sulle falklands che abbiamo appena pubblicato. la polizia ha aperto un’inchiesta anche su questo. credo che tutta la storia della guerra sia una grande stronzata. c’è poco da organizzare manifestazioni pacifiste, non serve a un cazzo: siamo in guerra e non c’è modo di venirne fuori.

so che vestite di nero per dimostrare il vostro rifiuto al sistema. dite anche che vi rifate agli ideali originari del punk. non pensate però che ci sia una contraddizione tra l’individualismo punk e il vestire una qualche uniforme, non mi viene una parola migliore?

pete - i vestiti sono un’espressione della personalità, non dell’individualismo. a me non interessa granché della mia personalità né di quella di qualcun altro. trovo sarebbe bello vivere in un posto dove la gente possa esprimere i propri stati d’animo attraverso i vestiti che indossa. c’è gente che è così limitata da non capire che io non ho addosso un’uniforme? peccato, ma è un loro problema. noi manteniamo un nostro livello di uniformità perché abbiamo un’immagine pubblica. se questa nostra immagine pubblica fosse quella della maggior parte degli altri gruppi musicali, e se rappresentasse la nostra vera personalità, i mass media avrebbero i mezzi per distruggerci, poiché l’intero sistema discografico industriale di merda si basa sulla promozione degli atteggiamenti e non delle idee.

 

 

perfect sound forever
[raccolta da richie unterberger, fine 1996]

secondo l'alternative record guide di spin i crass sono "con ogni probabilità l'unico gruppo al mondo di cui è indispensabile leggere i testi: meglio guardare le copertine che ascoltare il disco...". un'altra definizione spiritosa è quella di martin newell (del gruppo pop lo-fi cleaners from venus): "suonano come due torni meccanici che se lo sbattono vicendevolmente nel culo in un ascensore dentro un’officina aeronavale...". il batterista penny rimbaud ammette: "un gruppo musicale? non ce ne fregava niente di diventare musicisti e perdere tempo a decidere se andava bene un do diesis oppure no. semplicemente, è successo...". insomma, perché i crass sono importanti? il motivo sta nel metodo della loro ribellione, più che nei loro dischi di vero punk casinista. i crass non erano certo come i rage against the machine, che aprivano il loro fuoco metallaro contro il sistema forti di un contratto discografico con una major. diversamente da molti gruppi musicali conosciuti per l’atteggiamento ribelle, i crass vivevano e scrivevano canzoni spinti da una politica del tutto priva di compromessi. vivevano in una comune, hanno partecipato a un dibattito sulla guerra delle falklands in diretta radiofonica alla bbc con un parlamentare conservatore, hanno contribuito economicamente all’apertura di un centro anarchico e hanno sempre rifiutato di annacquare i loro testi, espliciti ed aggressivi, e di alleggerire l’impatto visivo delle copertine dei loro dischi nonostante ricevessero enormi pressioni legali. tutto questo è servito a dare consistenza alle loro canzoni, attacchi articolati e rabbiosi alla guerra, alla religione, alle discriminazioni sessuali e alle ingiustizie sociali. una battaglia continua per continuare a gestire in maniera coerente, autonoma ed indipendente la propria etichetta discografica. sono stati costretti a sciogliersi nel 1984, sebbene loro stessi facciano notare che avevano previsto di farlo in quell’anno sin dagli esordi. l'eredità dei crass si può trovare in quel numero incalcolabile di gruppi punk e hardcore che si sono formati ovunque grazie al loro esempio e che hanno trovato ispirazione non solo nei loro testi e nel loro modo di vivere, ma anche nel bianco e nero aggressivo della grafica delle copertine dei loro dischi, che è stata copiata ed imitata per moltissimi altri dischi, purtroppo tutti privi dello stile così particolare delle opere di g sus. negli stati uniti attorno ai crass sono state fatte molte congetture e costruite molte fantasie: il gruppo non era interessato a espandere il proprio mercato in america, qui i loro dischi sono sempre stati disponibili solo d’importazione. tutto quello che si sapeva di loro erano solo voci vaghe a proposito di gente che viveva in una strana comune punk-hippie campagnola e che veniva perseguitata dal governo inglese. non è stato per niente difficile prendere contatti con gli ex-membri del gruppo, tuttora impegnati in musica, pittura, scrittura ed attivismo politico. gee sus e penny rimbaud hanno parlato a lungo della storia e dell’importanza di crass in queste interviste, concesse verso la fine del 1996.

vivete ancora nella comune come quando i crass erano attivi?

gee - preferisco tenermi alla larga dalla parola "comune", perché non mi è mai andato giù il modo in cui funzionavano le comuni che ho conosciuto: in tutte c'era un regolamento scritto da rispettare. di solito la gente si prende le proprie responsabilità a seconda di quello che capisce e che vede. da noi non ci sono cose del tipo "oggi è il tuo turno in cucina" o "oggi tocca a te fare le pulizie": se ci si rende conto che c'è un lavoro da fare, allora lo si fa. da noi questo prendersi le responsabilità ha funzionato davvero. i primi ad andare a vivere lì siamo stati io e penny, gli altri sono arrivati poco dopo, prima pete, e poi steve che gironzolava ogni tanto da noi. la gente si è aggiunta col tempo. prima di formare i crass avevamo un altro gruppo che andava in giro a suonare, c'era gente che andava e veniva perché il nostro gruppo aveva un numero imprecisato di musicisti, era una specie di banda d'avanguardia. 

eravate tutti a conoscenza di quello che era capitato a wally hope?

gee - si, nel senso che lo conoscevamo di persona, ci eravamo incontrati spesso. quello che gli è successo è servito senza dubbio a renderci più politicizzati e determinati ad agire contro le responsabilità di questo particolare sistema sociale. penso che sia partito tutto da li, dico sul serio. penso che abbia anche influito abbastanza il nostro coinvolgimento nel movimento pacifista negli anni sessanta. per quanto riguarda me, la mia prima esperienza politica è legata a una catastrofe ambientale nel mio paese, un villaggio di minatori nel galles. la compagnia mineraria aveva fatto accumulare per anni e anni montagne di detriti e scorie appena fuori del paese. la gente protestava, voleva che la zona fosse liberata. un giorno un enorme cumulo di detriti si è staccato franando sul paese e seppellendo la scuola: morirono tutti i bambini. ricordo bene, è stata la prima volta che sono stata coinvolta in una grande protesta, si era negli anni sessanta. a quei tempi non giravano molte informazioni, bisognava arrangiarsi. non c'era controinformazione, nessuno veniva mai a sapere com'era l’altra faccia della medaglia. bisognava darsi da fare, ficcanasare in giro. incontrare altra gente che la pensava come te poteva offrirti un appiglio.

da quanto tempo tu e penny vivete nella vostra casa collettiva?

gee - ci siamo andati a vivere nel 1968, più o meno. io e penny avevamo preso il discorso dell'autogestione hippie molto sul serio (ride). specialmente penny, è stato lui a trovare il posto. volevamo che la nostra casa fosse aperta, un posto dove ci si potesse sentire al sicuro, un posto dove si potesse stare tranquilli a pensare e a scambiare opinioni. la maggior parte delle stanze della casa sono laboratori: c'è una camera oscura, una stanza dove ascoltare musica, cose di questo tipo. speravamo che la gente venisse da noi per essere creativa, e nel corso degli anni è stato effettivamente cosi. sono successe cose importanti, alcune buone ed altre no, abbiamo imparato davvero a vivere insieme. siamo una comunità piuttosto elastica, direi che siamo molto tolleranti (ride). fondamentalmente la nostra non è una comune, ma una casa aperta. la gente che viene qui ci rispetta. è un posto dove si sta bene, dove ci si sente a proprio agio, beh, questo secondo me. c'è una specie di regolamento non scritto, la gente che viene contribuisce come può. il posto è in campagna, a 15 miglia da londra, siamo proprio in mezzo ai campi. se conoscete londra, è una zona molto bella. da una parte c'è il bosco, una foresta enorme che funziona egregiamente come ostacolo alla cementificazione. da casa nostra ci si arriva in un attimo. e poi è tutto verde, sul serio. se risalite il tamigi dalla foce fino a quasi la metà del suo percorso, arrivate proprio dove siamo noi. rispetto al centro di londra noi siamo a nord-est, nell'essex. è una zona che sta combattendo per la sua sopravvivenza perché è minacciata da un progetto di connessione a quell'enorme autostrada che porta al tunnel sotto la manica. stiamo contrastando tutti i nuovi cantieri e per ora stiamo vincendo noi. penny ed io eravamo a scuola insieme, alla scuola d'arte, ci conosciamo da quando avevamo quindici, sedici anni. abbiamo sempre lavorato insieme, abbiamo formato gruppi musicali e teatrali. dal punto di vista musicale siamo stati enormemente influenzati dai beatles, specialmente dalle ultime loro cose fatte insieme e da quello che facevano john lennon e yoko ono. per noi sono stati uno stimolo importantissimo, penso sia stato per la estrema vicinanza dei nostri sentimenti, canzoni come "give peace a chance", cose così voglio dire. eravamo hippies convinti, piuttosto radicali e rivoluzionari. credo che i crass siano venuti fuori da questo.

quali sono state le ispirazioni musicali dei crass?

gee - pensavamo davvero che i sex pistols dei primi tempi fossero eccezionali. li avevamo presi sul serio, eravamo tutti convinti. penso che le influenze vengano da ovunque. penny ed io amiamo entrambi benjamin britten, il jazz e in genere la musica classica. nei nostri ascolti non abbiamo mai scartato della musica a priori, ecco, direi forse le canzoni pop in classifica, tranne però i beatles. d'accordo, i beatles erano esattamente come sono i gruppi che ci sono in classifica oggi, gente tenuta insieme da un contratto e dai soldi. comunque, non abbiamo ascoltato molta altra musica, dico sul serio. molto dei nostri testi è esplicitamente ispirato da ginsberg, kerouac, da quel giro. io mi occupo di grafica, le mie influenze sono altre. quello che ci ha mosso è stato l'amore. a casa nostra succedeva sempre qualcosa, come ho detto prima, si faceva teatro d'avanguardia e perciò eravamo tutti dentro un certo tipo di energia. pensavamo che quello che facevano i sex pistols fosse davvero eccezionale perché allora l'inghilterra era un inferno. essere più vecchi faceva molta differenza, siamo sempre stati molto più vecchi di tutti quelli che suonavano nei nostri giri, adesso abbiamo quasi tutti passato i cinquanta. no, non steve, lui no. penso che l'unico scopo che mi sia mai prefissa è il dialogo. per noi si trattava di dialogare con la generazione successiva, coi più giovani: io ero più vecchia, ma la musica andava nella direzione giusta. sono sicura che per ciascuno di noi mettersi a scrivere una poesia o un libro non sarebbe stato abbastanza. voglio dire, bisognava esporsi davanti a tutti, bisognava stare su un palco. allora era questa l'unica maniera di dialogare che conoscevamo. è così che ho sempre fatto, ho cominciato a scrivere prendendo spunto dai giornali e mescolandoci dentro altre cose mie, ecco come venivano fuori i testi. lo stile di penny è molto diverso. comunque scrivevamo tutti, e dalle cose che scrivevamo sono nate le nostre prime canzoni. eravamo tutti molto presi, molto impegnati: io ad esempio mi appassionavo alle vicende del paese, ero convinta che i giovani avessero bisogno di trovare una voce. è chiaro che se si vuole diffondere e condividere la propria esperienza bisogna trovare il linguaggio adatto. è esattamente ciò che abbiamo fatto allora, cioè formare i crass. poi le cose sono cambiate. penso che in questo momento sia tutto morto e sepolto, anche se sono certa che non è una sconfitta. è come se stessimo ricostruendo qualcosa di nuovo con quel poco che troviamo per strada.

come mai avete deciso di autoprodurre e pubblicare autonomamente i vostri dischi?

gee - è successo tutto piuttosto velocemente, non c'è voluto molto per decidersi. nessuno di noi certo credeva che potessimo firmare un contratto con una grossa casa discografica e poi continuare a suonare e a fare quello che volevamo. credo che i sex pistols si siano comportati molto abilmente: hanno fatto aprire gli occhi in fretta a tutti, anche se non con l'energia che allora sembrava stesse accumulandosi nelle strade. siamo partiti da li, dico sul serio. non avremmo mai permesso a nessuno di imporci una direzione o dei metodi, non avremmo mai tollerato essere costretti a rispettare dei tempi. quasi tutti noi veniamo da trascorsi artistici. andy dipinge. credo che l'unico vero musicista tra noi sia stato pete. lui era l'unico che sapesse davvero suonare, noi abbiamo dovuto imparare col tempo. ce l'abbiamo messa tutta, è stato un impegno enorme per tutti. eravamo abituati a muoverci, a condividere le esperienze, per dire, non saremmo stati capaci di stare li fermi ad aspettare qualcuno che ci spiegasse come fare con gli strumenti. ci siamo impegnati a fondo e ce l'abbiamo fatta. lo stesso succede con la grafica, c'è molta gente che si è messa a produrre e pubblicare piccoli giornali, è un'attività che in questi anni si è enormemente diffusa nel paese. si stampano moltissime fanzine: alcune sono bellissime, altre fanno proprio ridere. è un'energia meravigliosa. credo che questa energia incredibile sia stata ben documentata nelle nostre raccolte "bullshit detector": sono documenti sonori di quello che succedeva a quel tempo nelle cantine frequentate dai giovani. allora si scrivevano molte canzoni, molte ben fatte ed altre meno, come al solito. c'erano molti gruppi in gamba, molti gruppi scadenti e moltissima gente che si aggregava al carrozzone. sarebbe successo comunque, non ci si poteva far niente. comunque non era un problema. c'è gente che ha continuato a suonare per tutto questo tempo e suona anche adesso. lavorano in maniera sotterranea, che è il modo in cui si devono fare le cose oggi nel nostro paese. la prima edizione di "the feeding of the 5,000" era stata pubblicata da small wonder, un negozietto punk di londra. hanno pubblicato molti altri dischi, tipo di patrick fitzgerald e di altra gente che c'era in giro allora. il tipo del negozio voleva pubblicare un nostro singolo, e insisteva, insisteva. noi pensavamo che fosse una perdita di tempo, che il disco sarebbe passato del tutto inosservato. l'abbiamo registrato praticamente in diretta, in un paio di giorni. nessuna sovraincisione, nessun ritocco, nessun rifacimento: abbiamo pubblicato le registrazioni nude e crude com'erano. il risultato ci ha piuttosto impressionato, credo nello stesso modo in cui ha impressionato la gente. il disco ha venduto molto. poi loro hanno sospeso l'attività e così abbiamo dato il via ad un'etichetta nostra.

come pensate sia cambiata la musica del gruppo nel corso delle vostre registrazioni?

gee - ogni volta che si entrava nello studio direi che si sapeva abbastanza chiaramente cosa fare, nel senso che c’era un'idea comune di come un pezzo sarebbe dovuto venire fuori. non abbiamo mai previsto di fare delle versioni differenti di qualche nostra canzone. la gente ci aveva già inquadrato con "the feeding of the 5,000", ma il nostro secondo disco ha spiazzato tutti: nessuno si aspettava un disco fatto in quel modo. sarebbe stato assai facile fare un disco come piace alla gente, se ne sarebbero vendute tantissime copie. noi invece abbiamo sempre voluto spingerci oltre, fare degli esperimenti ogni volta. abbiamo sempre cercato di arrivare a realizzare quello che avevamo in mente: è sempre stato un chiodo fisso, un obiettivo che ritenevamo importantissimo e irrinunciabile. penso che il vero cambiamento che si riesce a sentire nei nostri dischi sia la disperazione, una disperazione complessiva e sempre maggiore nei confronti del governo conservatore. penso che raggiunga il massimo in "yes sir, i will", un disco molto pesante, direi. il nostro disco più nero, quello più carico di disillusione. dico, si capisce cosa c'è dietro: la rielezione della thatcher. io non avevo più voglia di fare dei video, non avevo più voglia di disegnare perché cercavo ispirazione e mi ritrovavo continuamente accerchiata dalla sua merda. pensavo: non è possibile, ci deve essere un'altra vita oltre questa, non è possibile. non so se si riesce a capire, non so se è comprensibile per chi non è di qui, per chi non vive qui e non conosce quello spirito di sopravvivenza tipicamente inglese. si è sgretolato tutto con quello che è successo ai minatori, con quello che è successo alla stampa nazionale, con quello che è successo alle donne di greenham. quello che è successo lo abbiamo pagato tutti. abbiamo detto: no, non molleremo, ma ci è toccato cambiare tattica.

come mai avete deciso di sospendere la vostra attività alla metà degli anni ottanta?

gee - avevamo detto che avremmo smesso nel 1984 già dall'inizio. ora facciamo tutti dell'altro, nel senso che siamo tutti davvero impegnati in altri progetti. penso che la differenza maggiore tra le prime cose e quelle successive si possa avvertire sul piano sonoro, e per come la vedo io anche su quello grafico, cioè siamo come sempre più schiacciati da un enorme peso. alla fine non ci si divertiva più, non ci si divertiva per niente. certo, si scherzava ancora, ma era umorismo nero, nerissimo. non era più come ai tempi di "the feeding of the 5,000" che era un disco, come dire, buffo, vivace, elementare. se lo si confronta con "yes sir, i will" trovo che ci sia una differenza enorme. sono convinta che nessuno di noi volesse più vivere con quel peso addosso e condividere quell'umore nero. nessuno voleva più continuare in quel modo. penny da un po' scrive racconti, roba bella pesante direi, e ha cominciato a dedicarsi a un diverso tipo di musica. steve canta con un altro gruppo. parlando egoisticamente, non me la sentivo più di dipingere un altro cadavere o un'altra epigrafe. avevo davvero voglia di fare dell'altro. ecco cos'è successo.

la vostra musica e la vostra immagine erano del tutto prive di compromessi. avete mai avuto la sensazione di predicare a un pubblico di convertiti?

gee - si, talvolta abbiamo avvertito questa sensazione. non avevamo il sostegno di una grossa compagnia discografica, le nostre dimensioni ridotte ci hanno in pratica costretto a limitare il raggio d'azione ai punks o alla gente più o meno di quell'ambiente, ma trovo che non sia stato un problema. non immagini nemmeno quante lettere di insulti abbiamo ricevuto da genitori incazzati perché si erano ritrovati coi nostri dischi per casa, o con appiccicato al muro della stanza dei ragazzi il nostro poster con la mano del cadavere sul filo spinato… certi genitori sono davvero andati fuori di testa. in effetti, una volta ci hanno trascinato in tribunale proprio per questo: un ragazzo s'era comprato un nostro disco e i genitori sono rimasti così scandalizzati dalle parolacce nei testi e dai disegni osceni della copertina che ci hanno denunciato alla polizia. ma, dico io, è meraviglioso! mi piace pensare a quelle case con tutti quei soprammobili in quei salottini tremendi dove c'è la televisione sempre accesa (ride). voglio dire, è questo che mi interessa davvero. non me ne frega niente della gente famosa, quella che ti guarda da dentro i manifesti appiccicati dappertutto. mi piacerebbe essere un vermiciattolo che striscia sottoterra e salta fuori nei posti dove meno te lo aspetti. so bene che a nessuno di noi interessava diventare un personaggio famoso, e se fossimo diventati famosi saremmo riusciti a fare forse la metà delle cose che abbiamo fatto. credo che li fuori l'impatto dei crass si avverta ancora, ed è una cosa bellissima. sono convinta di questo, pensa che c'è ancora molta gente che ci scrive, e si discute tantissimo di noi in internet. certo, abbiamo predicato ai convertiti che, aggiungo io, sono quelli che si sono preoccupati di informarsi. penso che siamo stati capaci di spostare il limite più avanti: mi riferisco all'informazione, al modo in cui la si organizza e la si presenta. l'informazione in sé è cosa semplice, dipende tutto da come la si confeziona, dai particolari che le si costruiscono intorno. mi piace pensare che la gente abbia compreso che abbiamo prodotto informazione dedicandole tutta l'attenzione e la sincerità di cui eravamo capaci, e di cui siamo ancora capaci. non ho mai dipinto un'illustrazione in cui non ci fosse un segno di speranza. in uno qualsiasi dei miei disegni, per come la vedo io, c'è speranza. che poi la gente sappia riconoscerla o meno è un altro discorso. ripeto, in tutti i miei disegni c'è un sentimento che non è pessimismo o disperazione, ma la convinzione che ci sia rimasta una qualche possibilità. io spero con tutto il cuore che questo sentimento positivo sia passato dai miei disegni ai pensieri nella testa della gente e che, magari senza saperlo, possa aver influenzato un diverso modo di vedere le cose. quasi tutti i miei disegni sono una combinazione di immagini che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, e che io ho però spostato in un contesto diverso dal solito. non si può costringere la gente a pensare in un certo modo: la nostra intenzione era far conoscere agli altri i nostri sentimenti, ecco l'informazione che abbiamo raccolto, così che la gente potesse costruirsi delle opinioni. non abbiamo davvero mai avuto l'intenzione di far cambiare idea alla gente. lo stesso ai concerti: facevamo uno spettacolo e la gente rispettava il fatto che il palcoscenico appartenesse soltanto a noi. dicevamo quello che dicevamo, a volte eravamo pesanti, ma alla fine c'era sempre qualcuno che a fine concerto preparava il the per noi. capisci, abbiamo sempre avuto un pubblico meraviglioso. c'era sempre del the per tutti, ci facevano sempre restare li a chiacchierare. bisognava che restassimo li, perché non ci si può confrontare con la gente sbattendogli in faccia roba nuda e cruda e pesante e poi sparire. bisogna esserci, stargli vicino, specialmente ai ragazzi più giovani. i nostri concerti erano dei grossi eventi sociali, ed era bellissimo, ci si divertiva tantissimo. la gente veniva li per incontrarsi, c’era sempre qualcuno che portava da mangiare, si stava bene. spero che abbiano tutti portato un po' di quella gioia nella loro vita di ogni giorno. chissà.

come mai non vi interessava farvi conoscere negli stati uniti? da noi si è sempre fatta fatica a trovare i vostri dischi. 

gee - certo che no, non ci interessava minimamente. l'unica cosa che ci interessava era continuare il nostro progetto, ci interessava solo riuscire a pubblicare un nuovo disco ogni volta. il problema delle vendite, qui vendiamo e li invece no, davvero non è mai stato un grosso problema per noi. non lo è tuttora, direi. non ci siamo davvero mai preoccupati di quante copie andavano vendute. abbiamo sempre fatto quello che dovevamo fare spinti da un forte desiderio personale, che era poi il desiderio di tutti. come poi siano andate le cose, è stato fuori del nostro controllo, dico sul serio. non siamo stati sempre li a controllare tutto. prendi ad esempio i nastri del "thatchergate", c'è voluto un sacco di tempo prima che riemergessero: li avevamo spediti in giro almeno un anno prima. ci siamo divertiti da matti. era stata un'idea di pete, è stata principalmente colpa sua. la cosa è finita in un modo che certo non ci aspettavamo. ma chi avrebbe mai immaginato che l'avrebbero presa così sul serio (ride)? è la dimostrazione pratica di quello che si può fare. ha funzionato alla grande. avremmo dovuto essere sin dall'inizio più scrupolosi e più attenti nel nostro modo di muoverci, avremmo dovuto starci dietro di più, il fatto è che non siamo mai stati abbastanza cattivi. noi avevamo dei sogni, ci piaceva scherzare, ci dicevamo dai, cerchiamo di abbattere il governo... pensa che una volta siamo stati sul punto di venire in possesso di alcune foto compromettenti di dennis thatcher. c'è mancato poco, il tizio che avrebbe dovuto passarcele non se l'è sentita all’ultimo momento. oh, sarebbe stata una cosa stupenda… se ci fossero stati i computer allora, avremmo potuto fare dei fotomontaggi eccezionali. dico, adesso ci si potrebbe divertire alla grande, o no? dio mio… ma a quel tempo non c'era tutta la tecnologia che c'è oggi. mi sarebbe piaciuto enormemente poter mettere le mani su quelle foto, ci tenevamo tutti, ma quella persona a un certo punto ha avuto paura, era spaventatissimo e non se n'è più fatto niente.

ho letto da qualche parte che i crass sono stati costretti a sospendere l'attività per problemi col fisco, una storia di tasse non pagate. la cosa mi ha lasciato piuttosto perplesso...

gee - ci sarebbe voluto ben più di un po' di soldi di tasse per fermarci. non è assolutamente vero. le ragioni per cui ci siamo sciolti sono numerose. prima di tutto, l'avevamo detto sin dall’inizio: dureremo fino al 1984. abbiamo numerato a rovescio tutti i nostri dischi proprio per questo motivo. poi, andy voleva riprendere a studiare e iscriversi alla scuola d'arte, e non c'era motivo di continuare l'attività senza di lui. il nostro gruppo funzionava cosi. non potevamo certo trovare un sostituto, nessuno sarebbe stato d'accordo. eravamo tutti molto uniti e solidali, ecco il motivo che ci teneva assieme. se qualcuno avesse deciso di mollare, avremmo mollato tutti. un altro motivo per cui ci siamo sciolti, se vogliamo è una ragione positiva, è che molti punks, specie i più giovani, si ritrovavano allora completamente immersi in una mentalità di disastro e di morte, stavano dimenticando il perché della loro rabbia, che è una cosa assolutamente sbagliata. è per questo che abbiamo pubblicato "acts of love", che è stata la nostra ultima uscita. penso sia stato molto importante pubblicare quel disco. quella storia delle tasse non pagate mi piace moltissimo, magari dovremo diffonderla, farne la versione ufficiale (ride)…

quale credi che sia l'influenza dei crass nella musica e nella cultura di oggi?

gee - direi che è bellissimo ritrovarsi ancora oggi con tanti amici di allora, gente che a quel tempo era molto giovane. è stato un po' come insegnargli a ragionare e a crescere. sono diventati gente impegnata, con principi solidi e sani, gente in gamba che suo modo continua a combattere sia che si tratti di affrontare delle difficoltà o di scrivere storie o poesie in privato. sono diventati molto forti e determinati, penso che sia una cosa bellissima. mi fa un piacere enorme che siano in giro a rompere i coglioni in qualche modo. si dovrebbe essere contenti di come noi crass ci siamo comportati, del fatto che siamo sempre rimasti coerenti e indipendenti. non saremmo riusciti ad essere diversi da come siamo, parlo per me ma anche per penny. ce l'abbiamo messa tutta per mettere insieme le nostre immagini e parole, per costruire ogni singolo dettaglio di ogni cosa. non avrei mai permesso che qualcun altro mi portasse via il lavoro, anche se non ci ho guadagnato granché. se dovevo lottare, l'avrei fatto al massimo delle mie capacità e non avrei mai lasciato il mio posto a qualcun altro. a dire il vero, non ho mai pensato in questi termini del mio ruolo nel gruppo. i crass non si sono mai fermati, nel senso che il coinvolgimento e l'impegno di ciascuno sono rimasti forti e saldi com'erano. il mio impegno oggi è forte come allora, ho solo cambiato maniera di lottare, o meglio, ho cambiato il modo di comprendere la mia lotta. ma sono ancora in prima linea, e spero di restarci e di sforzarmi e continuare a combattere. non è una cosa così ovvia. ricordo i crass come un'esperienza piuttosto divertente, sono proprio contenta di tutto quello che abbiamo fatto insieme. sono proprio contenta di aver incontrato così tanta gente, e che con tanta gente di allora continui un rapporto d'amicizia. una cosa che avrei davvero voluto finisse in maniera diversa sono stati i nostri rapporti interpersonali. ci sono state delle volte in cui l'impegno si è fatto davvero stressante: non ci siamo mai presi una pausa per otto-nove anni, e questo ha avuto di certo un'influenza negativa sulle nostre relazioni. niente che non siamo riusciti a gestire, sia chiaro, ma certi attriti sono tornati fuori da quando abbiamo smesso e ci vorrà un po' per ricomporli. d'altra parte, è questa la natura delle relazioni umane molto intense, non ci si può far niente. mi è ritornata in mente proprio adesso una cosa che s'è detta prima: sai, non so se sarei stata contenta di avere a disposizione dei computer allora. con i crass c'era un coinvolgimento personale molto forte, ci si impegnava direttamente, ci si sporcava le mani. qualsiasi cosa abbiamo fatto, progettato o organizzato, l'abbiamo propagandata col passaparola. siamo riusciti a organizzare degli assembramenti di centinaia di persone solo facendo girare la voce. era bellissimo. credo che se avessimo avuto dei computer sarebbe stato assai diverso, ci saremmo rapportati alla nostra attività in maniera completamente diversa. trovo che i computer per certi versi siano utili e divertenti, ma mi manca tantissimo quell'attività manuale, quella nostra manualità domestica di allora. in giro c'è tantissima gente che ha copiato dalla nostra impostazione grafica, dal mio lavoro. mi sta bene, dico, non mi dà fastidio. e poi è sempre successo: fare dell'arte è rubare da qualcuno per poi manipolare a proprio piacimento. ho un po' perso i contatti con quello che succede al giorno d'oggi nel punk, ma mi sembra che non ci si sia mossi granché da quello che si faceva negli anni settanta ed ottanta. d'altra parte è successo anche a tutti gli altri grandi movimenti musicali. voglio dire, ci sono sempre nuovi gruppi heavy metal, nuovi gruppi rock. adesso ci saranno anche nuovi gruppi punk, che suonano quella certa musica in quel certo modo. non vorrei sembrare scorretta perché onestamente non seguo la scena, ma magari ci sono in giro dei buoni gruppi. è che non sono informata, ho proprio perso i contatti col giro, è un po' che mi sono chiusa in studio a dipingere, mi sono un po' isolata, lavoro da sola. penso che ci siano in giro un bel po' di cose che sembrano sul serio ispirate da quello che facevamo noi. penso che sia evidente, quando si va a un concerto punk, quelle rare volte che sono stata in questi ultimi anni a un concerto punk, con tutte quelle bandiere e striscioni sul palco. c'è gente che si parla, gente che ride e si diverte, ed è bello. penso che sia continuato il nostro senso di comunità, ne sono convinta. quelli che venivano ai nostri concerti e ci seguivano, adesso avranno almeno trenta o quarant'anni. immagino che adesso facciano casino da qualche parte. credo che in buona parte delle proteste ambientali e dei nuovi movimenti ci sia dentro gente che è stata direttamente ispirata dai crass. lo capisco dalle lettere e dai messaggi che ci arrivano a tutt'oggi. l'altro giorno è arrivata un'e-mail piuttosto lunga. c'era scritto: "mi sono sempre piaciuti i dead kennedys finché non ho ascoltato i crass...", e continuava con la spiegazione dettagliata dei suoi gusti, per poi finire: "a proposito, ho solo dodici anni...". non la trovo una bella cosa, anzi, trovo sia piuttosto negativa. molti ragazzini sono attirati dal punk ma ci si trovano, come dire, presi in trappola. cominciano a volersi vestire per forza in un certo modo, poi attaccano a bere o si drogano. qui in inghilterra purtroppo succede di frequente. è lo strascico negativo che segue ogni fenomeno positivo.

i crass si sono trovati a fronteggiare più volte dei procedimenti legali intentati contro di loro. per quali motivi?

penny - il primo processo c'è stato quando eravamo proprio agli inizi. allora avevamo firmato un contratto con small wonder, che voleva pubblicare il nostro primo disco. abbiamo avuto problemi proprio con il primo pezzo del disco, "reality asylum": non volevano stamparcelo. era un laboratorio irlandese, quelli che ci lavoravano avevano ascoltato il disco e non volevano assolutamente essere responsabili della diffusione di quel pezzo. abbiamo deciso di toglierlo e di mettere al suo posto una traccia di silenzio lunga tre minuti. siccome non volevamo creare problemi a small wonder, abbiamo deciso di pubblicare il pezzo per conto nostro. dopo un po' abbiamo trovato un laboratorio in inghilterra che ci ha stampato il disco senza problemi, e l'abbiamo pubblicato. dopo qualche giorno che il disco era in circolazione, una squadra della buoncostume ha fatto irruzione nel negozio di small wonder. sai, quel genere di poliziotti che di solito mandano a ispezionare i pornoshop. poi l'indagine li ha portati anche qui, proprio non si capacitavano di come mai li avessero mandati a perquisire una casa spersa in mezzo alla campagna dell'essex. penso che si sentissero completamente al di fuori del proprio ambiente. qualche anno prima c'era stato un caso simile, avevano incriminato il giornale gay news proprio con le stesse accuse mosse contro di noi, cioè per blasfemia criminale. immagino che una cosa simile non esista in nessun altro paese occidentale. dunque, ci avevano incriminato per blasfemia. ci hanno interrogati tutti, e ci hanno detto che il caso sarebbe stato sottoposto al tribunale locale. dopo circa sei mesi siamo venuti a sapere che il processo era stato sospeso, ma siamo stati invitati molto esplicitamente a non pubblicare altri dischi simili: noi chiaramente ce ne siamo fregati, anzi l'abbiamo interpretata come una sfida a continuare. quando poi ci siamo staccati da small wonder e abbiamo pubblicato "the feeding of the 5,000" per conto nostro, abbiamo deciso di rimettere il pezzo al suo posto originale. ne avevamo fatto una versione diversa per il nostro singolo, un po' più lunga. è chiaro che la polizia ci aveva lasciato perdere per evitare di creare un altro caso clamoroso alla sex pistols, comunque dopo un po' siamo venuti a sapere che si facevano ispezioni di polizia nei negozi di dischi un po' in tutto il territorio nazionale, così senza che ci fosse un motivo particolare. ai negozianti veniva detto che se vendevano i nostri dischi avrebbero rischiato una denuncia, cosa assolutamente impossibile dal punto di vista legale ma che comunque era spesso sufficiente a convincerli a sbarazzarsi del nostro materiale. invece che creare un caso da sbattere sulle pagine dei giornali, le autorità avevano deciso di agire localmente, in silenzio, dando fastidio ai gestori dei piccoli negozi di dischi su e giù per tutto il paese. era una strategia chiara, che aveva certo un buon effetto e non ci procurava pubblicità. questa cosa è continuata per tutti gli anni in cui siamo stati attivi. abbiamo sempre avuto rogne con la polizia, anche se mai direttamente nel senso che non sono mai venuti a perquisire casa nostra. andavano però da chi voleva organizzare un nostro concerto, da chi vendeva i nostri dischi. un altro processo l'abbiamo rischiato alla fine della guerra delle falklands quando abbiamo pubblicato "how does it feel", un pezzo che si riferiva esplicitamente alla thatcher. un parlamentare di sinistra le ha posto un'interpellanza ufficiale, chiedendole se aveva per caso ascoltato il disco. il primo ministro ha quindi dato mandato a qualche suo avvocato perché fossimo trascinati in tribunale, questa volta con un'accusa di oscenità. gli è andata male. i giornali si sono scatenati, siamo finiti in prima pagina perché avevamo diffuso informazioni riservate. avevamo infatti conosciuto un militare che era stato inviato nelle falklands, che ci aveva procurato un bel po' di informazioni segrete. è stato così che ce la siamo cavata: le abbiamo rivelate in diretta durante un dibattito radiofonico con il parlamentare conservatore tim eggar, che non è stato in grado di controbattere. è stato cosi che i conservatori hanno ritirato le accuse, e il processo è saltato. stavolta ci eravamo andati proprio vicini. il terzo processo c'è stato in seguito a una perquisizione in un negozio di dischi a manchester. la polizia aveva sequestrato un gran numero di dischi, tra cui quelli dei dead kennedys, e ha intentato contro di noi un processo per commercio di materiale pornografico. il tribunale locale in prima istanza ci ha condannati: avevamo deciso di difenderci presso il tribunale locale perché se avessimo deciso di ricorrere al tribunale della capitale e poi avessimo perso la causa, saremmo stati costretti a sospendere l'attività commerciale in tutta la nazione. per quella condanna, a tutt'oggi ci è vietato commercializzare i nostri dischi a manchester e dintorni. comunque, siamo ricorsi in appello e siamo riusciti a vincerlo per tutti i dischi incriminati e condannati in prima istanza, tranne che per uno soltanto. il giudice ha deciso che una canzone [di "penis envy"] era oscena (...), e che andavamo comunque condannati. ce la siamo cavata con una multa, una cifra relativamente modesta, ma ci sono state addebitate enormi spese legali. siamo quasi finiti sul lastrico. molti distributori di dischi ed etichette indipendenti durante il processo ci avevano assicurato la loro disponibilità ad aiutarci, ma quando si è trattato di smettere di parlare e andare sul concreto abbiamo ricevuto pochissimo aiuto e davvero pochissimi soldi. quel processo ci è costato un'enormità, è stata la prima ed unica volta nel corso di tutta la nostra attività che ci siamo trovati di fronte a serie difficoltà economiche. forse quella storia delle tasse non pagate viene fuori da qui: ci eravamo davvero ritrovati con un problema di soldi, non ci era mai successo prima. sia il processo che il ricorso ci sono costati un occhio della testa. per concludere, sin dall'inizio abbiamo sempre avuto rogne, questi che ti ho detto sono stati i tre punti davvero critici, quelli in cui le rogne si sono fatte molto più serie.

quali sono state le forme principali della vostra evoluzione musicale?

penny - davvero non penso che si possa metterla giù in questi termini. penso che ci siamo dati una bella mossa dopo i primi due dischi, ma non credo che per i crass si possa parlare di processo evolutivo, nel senso che non erano i testi e le canzoni che ci rendevano un gruppo. eravamo un gruppo per motivi politici. è stato questo che, nel corso degli anni, ha fatto sì che producessimo i nostri dischi come risposta a una situazione sociale in movimento. non è stata una questione di necessità artistiche o estetiche: direi che siamo diventati sempre più incazzati e sempre più consapevoli della nostra impotenza, e che questo abbia reso i nostri dischi sempre più disperati. disperazione che era però la nostra reazione a quello che stava succedendo allora nel nostro paese e nel mondo. a questa domanda non saprei come rispondere, penso che non ci sia mai passato per la testa di migliorarci come gruppo musicale. non era proprio neanche nelle nostre premesse. penso che, semplicemente, la nostra analisi politica si sia espansa e poi compressa e poi riespansa ancora o qualcosa di simile. quello che abbiamo prodotto come gruppo è stato un riflesso della nostra posizione politica. la nostra reazione non era musicale o poetica, ma politica. penso che la nostra musica sia stata influenzata da moltissime cose, solo che noi queste cose non le abbiamo utilizzate come influenze musicali, spero di essermi spiegato. non eravamo un gruppo musicale. non siamo mai stati un gruppo musicale. penso che non ci siamo mai considerati un gruppo musicale, io stesso non mi sono mai considerato membro di un gruppo musicale. non ci siamo mai sentiti parte di quello spettacolo che è il rock, e meno che meno di quello spettacolo che è il punk. non ci interessava minimamente. dico sul serio, non ci interessava fare dei dischi. ci interessava piuttosto fare delle dichiarazioni, e i nostri dischi erano il nostro modo di rendere pubbliche le nostre dichiarazioni. sarebbe stato interessante poter avere del tempo a disposizione per riflettere, per poterci pensare su e strutturare meglio i pezzi, tipo ci metto un do diesis qui oppure no, ma non è stato cosi. o forse lo è stato per un po' proprio quando abbiamo eravamo proprio agli inizi, prima che iniziassimo a prendere coscienza di quello che volevamo fare davvero. ci siamo ritrovati spinti contro una specie di ingranaggio che ha cominciato a girare e a essere sempre più esigente, un ingranaggio che voleva da noi delle risposte, qualsiasi risposta fosse necessaria, e che ci ha stritolato durante e subito dopo la guerra delle falklands. è stato li che abbiamo forse perso il nostro senso collettivo, è stato allora che siamo andati in frantumi. non siamo più riusciti a mantenere un certo livello di razionalità, non che prima fossimo particolarmente razionali, beninteso. ma ci siamo trovati a fronteggiare certe situazioni così tremende che abbiamo cominciato a pensare che la musica non era più abbastanza. è chiaro che non si può mettere a confronto la guerra delle falklands con la guerra del vietnam, per fare un esempio, ma le canzoni di protesta, il rock di protesta, possono trasformarsi in una barzelletta se si tratta di confrontarle con la realtà dei fatti. a me la guerra delle falklands ha fatto questo effetto, e penso che abbia fatto lo stesso effetto anche agli altri del gruppo. era un affare troppo serio, non ce la sentivamo di affrontarlo in una maniera che poteva rischiare di essere superficiale. è stato un problema che ci siamo posti nel corso di questi ultimi anni e al quale non abbiamo trovato risposta. è chiaro, non c'è alcuna implicazione di carattere musicale.

trovi che i crass abbiano influenzato la musica e la cultura contemporanea?

penny - penso che non si possano considerare i crass in maniera separata dall'intero movimento giovanile di quegli anni. abbiamo avuto un impatto enorme, potente e dirompente. penso che si possa ritrovare un po' di noi in tutto, e non credo di esagerare. in tutto quello che c'è di alternativo, dalle manifestazioni di piazza alla lotta di classe ai circoli femministi, nei gruppi hardcore americani e nei gruppi punk polacchi o di qualsiasi altro paese. dappertutto. non mi riferisco ad un'influenza diretta e individuabile, credo che questa sia irrilevante. proprio come era successo con il movimento hippie. la gente dice: oh, erano solo vagabondi coi capelli lunghi... non è cosi. guarda adesso tutti quei negozi di cibo naturale, tutte le librerie alternative: ecco gli effetti di quel movimento. è lo stesso con i crass e con il movimento che abbiamo contribuito a far nascere. se non ci fossero stati i crass, oggi non si potrebbe neanche parlare di influenze del punk. se ci fossero stati solo i sex pistols e quel giro li, i gruppi commerciali intendo, il punk sarebbe durato solo un paio d'anni, il tempo medio delle strategie commerciali discografiche. quella gente non aveva un minimo di ispirazione politica. siamo noi che abbiamo caricato di significati quello che allora si chiamava punk. e quanti gruppi ci sono stati simili al nostro? nessuno lo può dire, penso siano un numero incalcolabile. sarebbe come chiedersi che influenza hanno avuto jean-paul sartre e simone de beauvoir: hanno scritto dei libri che possono piacere o non piacere, ma la loro influenza è globale. proprio come noi. non credo sia esagerato fare il paragone con gli esistenzialisti francesi. anche loro avevano costituito un movimento che ha avuto ovunque un effetto profondo e complessivo, chissà secondo quante e quali vie sconosciute. penso che ci sia un po' di noi in quello che succede oggi, eppure curiosamente tutto questo non l'avevamo previsto. quello che allora mi rendeva felice era che i miei figli crescevano sani, che il gatto stava bene, che facevo l'amore in maniera appagante. per quanto riguarda i crass, abbiamo tutti sacrificato i nostri piaceri e dispiaceri personali per una causa comune. lo posso dire adesso, ma allora non ce ne rendevamo conto. non era nei piani, non era nel progetto, non era nei nostri accordi. eravamo una specie di meccanismo, un meccanismo perfettamente efficiente, all'interno del quale recitavamo la parte degli esseri umani. di quel periodo non ricordo una sola giornata serena, una sola giornata tranquilla: più ci penso, più mi rendo conto che abbiamo attraversato degli anni terribili. abbiamo fatto un sacco di sbagli, abbiamo avuto successo cosi tante volte, eppure tutto alla fine sembrava cosi uguale. era perché eravamo i crass. sono certo che gli altri membri del gruppo magari ricorderanno chissà quali episodi particolari, ma io non riesco a farlo. non ero io, ero uno dei crass. penso proprio che fosse cosi anche per gli tutti altri, magari a livelli diversi. in gruppo sperimentavamo un incredibile senso di onnipotenza, nel senso che smettevamo di essere noi stessi per divenire il gruppo. eravamo i crass, non più le singole persone, e c'era nell'aria questa sensazione straordinaria di potercela fare su tutto e su tutti. cosa che infatti accadeva: quando ci confrontavamo con l'autorità o attaccavamo il governo non avevamo alcuna paura. per la maggior parte del tempo abbiamo voluto sfidare i limiti. sembrava che potessimo arrivare ovunque, sembrava che ci fosse possibile realizzare tutto quello che sognavamo. l'unico limite era la nostra immaginazione o, se vogliamo chiamarla cosi, l'inconsistenza della nostra capacità di analisi politica. nell'ultimo periodo riuscivamo a realizzare praticamente ogni nostra idea, eppure non eravamo soddisfatti. e comunque, non era una soddisfazione personale: era un risultato ottenuto non da ciascuno di noi, ma dai crass. io non mi sentivo soddisfatto, e ancora oggi mi preoccupo dei miei figli e passo un bel po' di tempo ad accarezzare il gatto. le frustrazioni ti assalgono se non hai niente da cui aspettarti qualcosa. non credo che noi ci aspettassimo qualcosa da questa storia. non ci si aspettava niente all'inizio, nessuno si aspettava niente da com'è poi finita, quindi non è che si possa onestamente dire che è stata un'esperienza frustrante. non mi ha mai preoccupato, così come non mi preoccupa adesso, che un nostro disco arrivasse in testa alla classifica oppure no. non interessava a me cosi come non interessava a nessuno. non significava niente. quello che ci interessava davvero era che la gente potesse aumentare il proprio livello di consapevolezza. se ci riuscivano, e questo succedeva anche a causa nostra, bene, benissimo. questo però non lo sapevamo, non potevamo saperlo. vedevamo che la gente ai nostri concerti sembrava felice, ma non potevamo misurare questa situazione, non potevamo quantificarla. eppure, la felicità della gente rendeva felici anche noi. dovevamo riuscire a rendere felice quella gente, immagino che sentissimo tutti il bisogno che questo andasse fatto. per tutto questo non penso che siamo stati un gruppo musicale nel senso convenzionale del termine. non penso nemmeno che ci si considerasse come singoli individui raccolti in un gruppo, ci eravamo liberati di questo. eravamo tutti diventati il gruppo, eravamo tutti diventati i crass. ecco perché eravamo diventati cosi forti, ed ecco perché eravamo cosi impenetrabili. non essendoci i singoli componenti non c'era la possibilità di affrontare certi discorsi, e certe questioni diventavano del tutto irrilevanti. comunque, tutto questo discorso adesso non ha più senso. siamo tornati ad essere individui adesso, allora non lo eravamo. penso che il risultato più importante che abbiamo ottenuto sia stato riuscire a restare uniti e compatti per sette lunghissimi anni, sette anni in cui abbiamo praticamente messo da parte ciascuno i propri interessi personali, le proprie passioni, le proprie necessità e desideri, per concentrarci sul nostro progetto comune. anche se adesso qualcuno di noi magari può aver cambiato idea.

 

punk77
[ottobre 2007,  intervista a steve ignorant raccolta da paul della webzine inglese punk77]

steve ignorant ha gentilmente accettato di essere intervistato da me qualche tempo prima del mitico concerto “the feeding of the 5,000” al shepherd’s bush empire del novembre 2007. l’intervista è brillante e steve ha un atteggiamento piuttosto modesto riguardo al gruppo e al suo impatto. è innegabile che i crass abbiano lasciato il segno e abbiano cambiato delle vite. quello che i crass rappresentano per la gente e per quelli che hanno formato il gruppo è a tutt’oggi materia di dibattito.

ho detto clash, non crass…

mio fratello e mia sorella maggiori compravano abitualmente dischi, quindi cose tipo i beatles le conoscevo, ma è stato solo con la prima ondata skinhead nel 1968 che ho ascoltato ska e bluebeat. avevo tutti gli lp originali trojan, chissà dove sono finiti adesso… è stato il genere di musica che mi piaceva da ragazzino, poi mi sono interessato anche al genere motown perché mi sono sempre piaciute tutte quelle trombe e gli arrangiamenti della sezione fiati. ho ascoltato per un po’ roba di quel tipo, finché il massimo per me come per un mucchio di altra gente è diventato david bowie. ho smesso di ascoltarlo quando si è dato alla cocaina, nel periodo “young americans”. non mi è più piaciuto, non mi interessava più. poi c’è stato il punk. al tempo vivevo a bristol e lavoravo in un ospedale e c’era una ragazza che si vestiva tutta strana e le ho chiesto “perché te ne vai in giro così?” e lei mi ha risposto “perché è punk, non sai cos’è?”, e io “no”, e lei “c’è un gruppo in gamba che suona domani a colston hall”, e poi viene fuori che sono i clash. sono andato con lei al concerto ed è stato stupendo e mi sono reso conto che era una cosa di cui dovevo fare parte. è stato così, non si poteva tornare indietro. alla fine del concerto c’era tutta questa gente sotto il palco che urlava “fate cagare”, a un certo punto viene fuori joe strummer e dice “se davvero pensate di saper fare di meglio, forza, formate voi un gruppo”, che idea fantastica! a quel tempo i clash non suonavano come sul disco, erano molto più grezzi e, come quando ascolti qualcosa per la prima volta, erano davvero sorprendenti. ho pensato sì, potrei mettere assieme qualche amico e suonare della roba tipo questa, poi ho pensato che avrei potuto somigliare a paul simonon, sembravano tutti fighissimi ed erano davvero tremendi sul palco, è stato quell’atteggiamento che mi ha conquistato. erano grandi.

c’era una specie di distanza generazionale?

non ho formato un gruppo a bristol perché lì non avevo amici, per un motivo o per l’altro non ero riuscito a farmene. se andavo a bere al pub nel mio quartiere ci trovavo sempre dei ragazzi più grandi di me, credo che quelli della mia età andassero di solito a bere in qualche posto in centro dove invece io non andavo mai. neanche adesso mi piacciono i club e le discoteche, ho brutti ricordi di quando ero più piccolo e ho assistito a risse e altri casini in posti come il tiffany e il room at the top a ilford. a me piaceva andare al bar a bere qualcosa e basta. la mia idea era di ritornare al mio paese, a dagenham, e riprendere i contatti coi miei vecchi compagni e formare un gruppo assieme a loro, così, anche solo per fare gli scemi. ma quando sono tornato al paese ho scoperto che si erano tutti sposati, avevano dei figli e un lavoro fisso, cose così, dovevano pagare l’affitto o le rate del mutuo. è stato così che sono finito a gironzolare a dial house. lì da un po’ ci abitava penny, che un giorno mi fa “cosa vuoi?”, e io “sono un punk e voglio formare un gruppo”, e lui “va bene, ci sto, ma la batteria la suono io”. penso sia stato facile, ci conoscevamo da un po’, andavamo d’accordo e ce la spassavamo. tutto lì, anche dopo, quando abbiamo cominciato a suonare sul serio, non si pensava di arrivare più in là del portone di casa. del tipo che viene qualcuno a trovarti e gli dici “sai, adesso suoniamo in un gruppo punk” e loro rimangono lì sbigottiti. penny allora aveva trent’anni, forse anche 34 o 35, e io ne avevo 18-19 e c’era questa differenza ma pensavamo vabbé, è punk, fatelo da soli, non ce ne frega niente dell’età e del colore della pelle e del sesso. non è mai stato un problema, e poi chi vuoi che venga a dirci cosa possiamo e cosa non possiamo fare. e la cosa ha funzionato, perché lui aveva tanti contatti, conosceva un sacco di gente e direi che pure gli piaceva il fatto di frequentare un teppistello di bassa estrazione sociale che metteva a disagio quelli che venivano a fargli visita. è partito tutto da qui, sul serio.

i ragazzi sono solo volgari…

avevamo deciso di chiamarci stormtrooper, è durata un paio di giorni poi meno male che abbiamo cambiato nome. era stata una mia idea, ma non perché avessi tendenze naziste o cosa, solo mi piaceva il nome, avrebbe fatto una certa figura stampato su una maglietta. pensa che penny aveva proposto les enfants terribles, che è un libro e un film di jean cocteau. cazzo (ride), sarebbe stato impossibile andare su un palco ed essere aggressivi con un nome così. non avrebbe funzionato. poi è venuto fuori il nome crass da una strofa di “ziggy stardust” di david bowie: “the kids were just crass”, i ragazzi sono solo volgari.

avete mai suonato canzoni di altri gruppi? 

no, mai. sin dall’inizio l’idea era di fare da soli, quindi suonare roba nostra, organizzare i concerti per nostro conto, stamparci le magliette da soli. questo proprio fin dall’inizio, non abbiamo mai cambiato idea. tieni presente che i vari membri del gruppo suonavano ma non erano musicisti, nessuno sapeva leggere la musica, me compreso. era davvero strano come riuscissimo a mettere insieme i pezzi per quei testi che scrivevamo. non facevamo delle jam session o cose così, non stavamo lì due ore a suonare per esercitarci, per imparare a suonare. a me personalmente sarebbe anche piaciuto fare qualche pezzo degli small faces, ma è una cosa che allora non è mai stata presa in considerazione.

il roxy club e i primi concerti, e poi cacciati dal roxy…

abbiamo suonato lì due volte. quella che siamo stati interrotti e cacciati credo sia stata forse la quarta o la quinta volta che suonavamo in pubblico. il nostro primo concerto è stato in un posto occupato in huntley street a londra. il secondo concerto l’abbiamo fatto al roxy ed è andato bene, allora ci chiamavamo già crass. è stato lì che abbiamo conosciuto molti punks di deptford, tra cui charlie che suonava in un gruppo sperimentale di nome this heat. abbiamo fatto amicizia, siamo andati spesso in giro insieme. il nostro terzo concerto doveva essere a covent garden, una specie di festa per la ricostruzione della zona, ma penny per qualche motivo non è potuto venire, non ricordo perché, ed al suo posto ha suonato con noi charlie dei this heat. un tizio deve aver fatto delle riprese video che poi mi ha mostrato, dev’esserci in giro qualcuno che ha un filmato dei crass senza penny rimbaud. quella volta terribile del roxy dev’essere stato il nostro quarto o quinto concerto. a essere onesti non ricordo granché di com’è andata, quello che ricordo piuttosto bene di quella sera è il nervosismo e l’agitazione che mi avevano preso. erano venuti a sentirci molti miei amici da deptford e io ero proprio emozionato, continuavano a offrirmi canne ed io a fumarle. ricordo di essermi sentito male e di aver vomitato sul marciapiede lì fuori. mi sono ritrovato a dover salire sul palco all’ora in cui di solito andavo a letto. credo che pete avesse bevuto appena un po’ e non è vero che penny, come ha poi scritto, fosse sobrio: doveva essersi scolato due o tre bottiglie di vino rosso prima del concerto, era così fuori che quando s’è trattato di suonare faceva fatica a riconoscere la batteria. si sa che su mille concerti buoni che fai te ne capita uno schifoso, a noi è toccato quella sera. non credo che quella sia stata per noi la grande rivelazione, come ha scritto penny, penso piuttosto che sia stata per lui un’importante occasione di svolta, che poi è stata l’occasione di svolta per tutti noi. è stato stupido presentarsi sul palco così rovinati, ma avremmo potuto fregarcene e invece è stato il motivo per darci una regolata: se volevamo sul serio cantare le nostre canzoni allora dovevamo fare sul serio. se ci ripenso adesso è stato proprio un concerto di merda, ed è stato anche l’unico così schifoso.

avete fatto canzoni serie e con un contenuto politico, e le avete sbattute in faccia alla gente.

abbiamo avuto un po’ di riscontro solo dopo aver pubblicato “feeding”, già un paio di mesi dopo si vedeva gente ai concerti col nostro nome scritto sui giubbotti. fino ad allora avevamo solamente scritto le canzoni e le avevamo provate, non avevamo minimamente preso in considerazione l’idea che qualcuno si accorgesse di noi o ci dedicasse un po’ d’attenzione. credo che quasi tutti noi, me incluso, pensassimo di fare abbastanza schifo: alle mie orecchie un gruppo punk doveva suonare come una specie di sex pistols oppure clash oppure damned, con quel basso ritmico in evidenza e la batteria pestona. noi invece no, avevamo questa batteria militaresca e facevamo un rumore strano. non ne sono sicuro, ma immagino che la gente si sia fermata ad ascoltarci proprio perché eravamo strani, poi si sono comprati tutti i dischi e si sono interessati a tutto quello che facevamo. il nostro modo di suonare era in sintonia col loro modo di pensare. all’inizio non abbiamo pensato di fare apposta delle canzoni con un contenuto politico così esplicito come poi invece abbiamo fatto. i testi delle nostre canzoni sono stati letti con attenzione e poi anche copiati, tanta gente ne ha tratto ispirazione. è successo che la faccenda si è fatta seria, sono iniziate ad arrivare lettere di gente che aveva comprato i dischi e ci siamo resi conto che non era posta del tipo “mi piace la musica che fate, mandatemi una spilletta” ma erano ragazzi che avevano letto con attenzione i testi e ci facevano domande serie e pretendevano da noi risposte precise. erano lettere davvero serie e problematiche. quindi dovevamo scrivere i testi facendo attenzione, bisognava scegliere le parole giuste perché poi la gente le avrebbe esaminate attentamente una per una. ci siamo ritrovati a non poterci permettere di non fare sul serio. è stato un incubo di merda! (ride) non ho mai potuto scrivere una cazzo di canzonaccia da stadio su come odiavo il governo, dovevo scrivere perché e percome e soprattutto dovevo difendere il testo in ogni discussione, manco fosse stato ogni volta un esame all’università… (ride)

catalizzare l’attenzione, i mass media, i clash che giocano sulle divisioni del punk.

secondo me quello che abbiamo scritto contro i clash non è stata un’aggressione. siamo d’accordo che la cbs li ha spinti alla grande e che non è stato per la rivoluzione ma per i soldi, che i clash hanno fatto fortuna in america e che alla fine sono riusciti a diventare il gruppo famoso che volevano essere. io ho sempre comprato tutti i loro dischi, non avrei potuto non farlo perché sono stati il primo gruppo che mi ha ispirato. ho sempre sperato, purtroppo però non è mai successo e mi dispiace, che un giorno io e joe strummer ci saremmo incontrati e ce la saremmo spassata insieme un po’, perché sono sicuro che joe strummer aveva capito sul serio quello che intendevamo dire. non è stata per nulla un’aggressione, mentre invece in “punk is dead” c’è quella frase “steve jones sei napalm…” perché pensavo sul serio che quel tizio fosse una stupida testa di cazzo, e non me ne fregava niente. noi stavamo proprio sul cazzo a giornalisti come tony parsons. c’è una strofa verso la fine di “end result” che dice: “odio i morti viventi e il loro lavoro nelle fabbriche / vanno come pecore a lavorare alla catena di montaggio / vivono di illusioni, non vogliono guardare in faccia la realtà…”. quando avevo scritto quel testo volevo raccontare della mia adolescenza a dagenham, finita la scuola avrei potuto scegliere tra lavorare in un supermercato oppure agli stabilimenti ford. ecco ciò di cui parlo in quel testo. non c’è scritto che è stupido andare a lavorare e che bisogna per forza andare a lavorare perché in qualche modo devi procurarti dei soldi. quello che non ci è mai piaciuto della stampa è che i giornali tipo sounds, new musical express eccetera ci chiedevano delle interviste e poi ritagliavano le nostre risposte decontestualizzandole o addirittura modificandole, così ci siamo stufati e non se n’è più fatto niente. poi c’era quel gary bushell, uno che trafficava in pettegolezzi e cazzate come quando aveva preso di mira lol pryor, il manager dei business, scrivendo su sounds cose del tipo “c’è lol pryor che scommette di riuscire a bere più birre di questo e di quest’altro”, che poi hanno creato scazzi ed attriti. scriveva sempre e solo cose di questo livello, ogni volta leggevo e pensavo “oh, ficcatele nel culo queste stronzate, di questa roba non gliene frega niente a nessuno”. e se magari protestavi la settimana dopo ti ritrovavi sul giornale a fare la figura del povero idiota piagnucolante. stavamo meglio ed eravamo più liberi senza di loro. e poi siamo riusciti a comprarci un impianto di amplificazione tutto nostro, potevamo dominare il mondo, sai com’è, possiamo cambiare il sistema e quelle cose lì. speravamo che la gente riuscisse a tirare fuori delle alternative alla stampa di regime.

la gente che suona assieme in un gruppo deve anche vivere assieme…

qualcun’altro del gruppo magari ha un’opinione diversa su queste cose, per quello che mi ricordo è che andavo spesso in giro con gente di altri gruppi tipo i conflict, si andava spesso al pub insieme, eravamo un gruppo di buoni amici che si davano una mano l’un l’altro, cose così. ai crass non piaceva bere alcolici quindi non ho granché da raccontare su quando si andava insieme al bar o alla festa di compleanno di qualcuno perché come sai preferivamo starcene fuori dai giri e farci gli affari nostri. non ho davvero ricordi particolari di grandi bevute. penso sia stato un peccato che noi non si sia stati insieme come un gruppo di amici normale. ce ne stavamo lì a dial house, alla villa dei crass come la chiamavo io, non che poi fosse una villa, comunque eravamo abituati a starcene lì. quando volevo andarmene al pub ci andavo con altri che non erano dei crass. un vero peccato. quando abbiamo cominciato a farci conoscere abbiamo avuto intorno sempre più gente, ricevevamo sempre più posta e diventavamo sempre più seri. siamo stati costretti ad adeguarci, anzi no, non è che ci siamo adeguati ma bisognava proprio che la prendessimo sul serio. certo che si rideva, noi ci divertivamo tanto e sempre, ma è una cosa che non si capisce facilmente dai nostri testi e dai nostri concerti. ma come avrei potuto cantare le cose che cantavo con una faccia sorridente? non sarebbe proprio stato possibile. e poi, un’altra cosa: quando salivo sul palco mi veniva sempre un mal di pancia da farmela addosso, succede anche adesso. quando ho paura non voglio che mi si stia addosso, prendo un’espressione triste e tendo a evitare la gente. non è per finta, credimi, è solo che ho paura.

scusa steve, tu non canti nell’album “penis envy”…

la prima cosa che ho detto è stata “cazzo, andate tutti affanculo!” ma poi ci pensato su e devo dire che l’idea mi piaceva, come mi divertiva l’idea che la gente si aspettasse che mi incazzassi, io, il ragazzino teppista. mi metto a urlare forte e vediamo cosa succede: cazzo, qui dentro ci cantano le ragazzine… ma ascolta il disco e imparerai qualcosa. a quel tempo tranne forse patti smith non c’era nessuno che facesse cose simili, e patti smith non era certo dura e radicale come i crass. sono tematiche femministe affrontate da un certo punto di vista, nel modo in cui le donne sanno cantarle. fino ad allora le uniche volte che mi ero ritrovato a che fare col femminismo erano state le manifestazioni in cui si bruciavano i reggiseni. ho provato a leggere “l’eunuco femmina” di germaine greer ma dio che palle... ho provato anche a leggere “scum” (la società per l’eliminazione del maschio, ndt) di valerie solanas e proprio lo detesto, tutte quelle stronzate sul tagliare le palle ai maschi... è stata per me una boccata d’aria fresca venire a contatto con questa idea di femminismo, mi ha interessato perché non era più solo una questione di odio e di rifiuto dell’oppressione, mi ha fatto riconsiderare il mio modo di relazionarmi con le donne. un po’ come con le questioni razziste, oggi ci si ricorda del nostro modo di parlare di quando eravamo ragazzi e si pensa oh come ho potuto farlo… ma allora era il nostro modo di parlare normale. penso che la cosa davvero interessante del disco sia stata il fatto di aver spinto delle altre ragazze a cantare e a fare qualcosa. ha anche spinto i ragazzi a riflettere e a scrivere testi non sessisti. quelli che venivano ai concerti erano per il 70 per cento maschi e il resto femmine, forse anche 80 e 20. non c’erano tante ragazze in giro, così come pure mi ricordo di aver visto ai nostri concerti soltanto tre ragazzi neri. noi che ci sbattevamo per l’unione dei bianchi e dei neri, lottiamo uniti e cose così, e mentre noi ce ne stavamo lì a cantare loro ci fregavano l’autoradio. grande! (ride).

i crass e l’industria musicale: siete stati in classifica e a top of the pops…

questo non me lo ricordo mica. c’era una rivista interamente dedicata al business delle case discografiche e mi ricordo un giorno una telefonata di john loder, che ci chiama agitatissimo perché sul giornale risultava che stavamo vendendo più dischi degli ac/dc. era davvero una cosa pazzesca, mi sembra sia stato quando “nagasaki nightmare” appena pubblicato è schizzato al 19° posto nella classifica dei dischi più venduti, e se lo avessimo voluto sarebbe anche potuto arrivare oltre. ma non ricordo proprio che ci sia stato offerto di partecipare a top of the pops. mi ha sorpreso quando john peel ci ha chiamato per il suo programma alla bbc, non pensavo proprio che gli interessasse quello che facevamo, ma ovviamente mi sbagliavo. allora è stato davvero strano sentire le nostre cose trasmesse alla radio, questo assolutamente non me l’aspettavo. no, certo, ed è stato bello proprio per questo. i crass organizzavano e propagandavano i propri concerti praticamente per corrispondenza, allora non c’erano telefonini, né computer né posta elettronica, c’erano solo i telefoni fissi e le lettere. ci stampavamo i volantini e li diffondevamo ai concerti e in giro, chiedevamo ai gruppi locali che suonavano prima di noi se conoscevano dei posti in cui avremmo potuto suonare, magari a volte saltava fuori che sì, c’è un posto così e così a preston, ecco il numero di telefono. c'era anche gente che ci telefonava, del tipo “siamo del worcestershire, abbiamo un tendone, verreste a suonare venerdi prossimo?”, e noi “sì, va bene, veniamo”. cose così non potrebbero succedere oggi, o magari forse sì, ma non me lo immagino proprio. allora funzionava così, abbiamo sempre fatto così. c’erano molti gruppi, tipo conflict, poison girls, dirt, tutta quella gente con cui poi abbiamo fatto dei dischi insieme per la nostra etichetta. c’era ian astbury dei cult che veniva spesso con noi ai concerti, si metteva a dormire in furgone insieme a colin dei conflict, guarda poi quanta strada ha fatto. se i crass si rimettono insieme potremmo chiedergli di fare da spalla ai suoi concerti… (ride).

il marchio crass…

il motivo per cui abbiamo sempre messo il simbolo dei crass su tutti i dischi che abbiamo fatto è che così la gente che andava nei negozi avrebbe immediatamente riconosciuto una cosa nostra, fatta da noi, e l’avrebbe comprata proprio per questa ragione. così facendo abbiamo dato anche a gruppi sconosciuti la possibilità di vendere i loro dischi. diciamo che è stata una strategia di mercato, ma sai bene che su tutti i nostri dischi c’era l’indicazione esplicita di un prezzo massimo imposto quindi da tutto quel lavoro ad essere sinceri non ci abbiamo ricavato un cazzo. e se c’erano anche dei guadagni non so proprio dove cazzo andavano a finire, e comunque non era un problema. quello che succedeva era davanti ai nostri occhi: in breve sono saltati fuori tantissimi gruppi tutti vestiti di nero che cantavano contro il nucleare e contro la thatcher, e noi proprio non volevamo fare da portabandiera né predicare ai convertiti. ecco anche perché abbiamo collaborato anche con gruppi strani non specificatamente punk, tipo i lack of knowledge, un gruppo decisamente non punk che assomigliava in qualche modo ai kraftwerk. e poi annie anxiety, cravats, snipers e mob, abbiamo voluto essere eclettici. sarebbe stato molto facile per noi mettere assieme il catalogo di un’etichetta esclusivamente punk, ma come abbiamo detto ad un certo punto a colin dei conflict “è meglio che facciate le vostre cose per conto vostro”. siamo stati costretti, come dire, a mettere dei limiti, ad esempio i conflict volevano riportare sulla copertina del loro disco i nomi e gli indirizzi dei cacciatori di foche, e a noi questa cosa non andava affatto bene. è stato per evitare problemi che sin dall’inizio abbiamo preso accordi per pubblicare solo un disco per ciascun gruppo sulla nostra etichetta crass records. poi se volevano continuare con noi bene, magari si concordava di fare degli altri dischi su quell’altra nostra etichetta corpus christi e lavorare insieme, o potevano fare quello che volevano per conto loro.

la responsabilità dei crass, come gruppo, è stata quella di cambiare la vita della gente.

ci sentivamo addosso un’enorme responsabilità. ancora adesso non so proprio cosa dire a quelli che vengono a dirmi che i crass gli hanno cambiato la vita. mi sento responsabile per tutto quello che abbiamo fatto, mi sono dedicato interamente a questo, dovevo essere al 101% delle mie possibilità. non sarei mai stato capace di svendermi, la mia coscienza non me l’avrebbe permesso. sapevamo bene che i crass non sarebbero mai finiti a top of the pops: se ci fossimo azzardati a farlo avremmo ricevuto almeno cinquemila telefonate di protesta e di insulti e nessuno sarebbe più venuto ai nostri concerti. e comunque non ci avrebbero certo permesso di cantare canzoni tipo “do they owe us a living” a top of the pops. sto cercando di ricordare una canzone dei crass in cui non ci siano parolacce, e non me ne viene in mente neanche una... certo, eravamo duri e inflessibili e testardi. nessun compromesso, affanculo. in ogni posto dove vado mi si parla dei crass e del loro impatto. adesso vivo nel norfolk, a stanhope, un paesino dove sulla strada c’è solo un paio di negozi, pensa che nel jukebox dell’unico pub del paese ci hanno messo dei dischi dei crass e c’è pure gente che ancora se li ascolta. sono stato una volta in vacanza in grecia, ho incontrato un tipo al bar e ci siamo messi a parlare, mi chiede “cosa fai?” e io “cantavo in un gruppo”, e lui “che specie di gruppo?” e io “mah, penso che non ne avrai mai sentito parlare da queste parti, si chiamavano crass…”. e lui si mette a urlare “cazzo, ma sei steve ignorant, cazzo!”, aveva cantato “do they owe us a living” sotto la doccia proprio quella mattina! è buffo, ma sembra che in tutti i posti al mondo in cui sono stato ho sempre incontrato qualcuno che sa chi erano i crass o conosce le nostre canzoni. quindi non c’è stato alcun bisogno di andare a top of the pops. ho visto i sex pistols quella volta che ci sono stati e hanno fatto proprio una figura di merda, lo stesso i vecchi sham 69 con jimmy pursey e la pistola ad acqua… cazzo, se fossi stato io avrei preso una pistola vera e l’avrei anche usata! (ride).

le rogne…

ci sono state pressioni della polizia per farci smettere di suonare, addirittura sono arrivati a metterci sotto controllo il telefono, e noi siamo veniti a saperlo. la nostra casa stava su una strada lunga e diritta, e ci siamo ritrovati spesso con un auto della polizia che la percorreva su e giù, e con tutte le luci accese. il poliziotto del paese veniva ogni tanto a trovarci, ci si beveva il tè insieme ma lo insospettivano i barattoli delle nostre tisane… cose così, insomma (ride). i punks che scendevano alla fermata della metropolitana a north weald oppure a epping e chiedevano di casa nostra venivano indirizzati apposta altrove, oppure li fermavano per accertamenti e li perquisivano in mezzo alla strada. riguardo al farci smettere di suonare, comunque, non ci sono mai riusciti. ci hanno vietato di suonare a bournemouth, mi sembra. e poi ci hanno vietato di suonare entro il confine della città di londra. ma abbiamo suonato comunque sotto un nome falso, come shaved women, questo perché in città potevamo permetterci di suonare solo in posti piccoli. se avessimo suonato come crass sarebbe venuta tantissima gente, magari avremmo attirato incursioni degli skinhead. suonare con un nome falso ci ha evitato rogne come queste. credo che allora ritrovarsi in mezzo ad atti di violenza ai concerti fosse piuttosto comune. conflict, flux of pink indians e tutti gli altri gruppi nostri amici hanno avuto un sacco di rogne ai concerti, anche perché allora i concerti erano autogestiti, li organizzavamo da soli e non c’era bisogno di alcun servizio d’ordine, alla sicurezza ci pensavamo noi ma non sempre tutto filava liscio. ci sono stati concerti in situazioni orribili, ma anche molti concerti bellissimi. verso l’ultimo periodo di attività dei crass ho un bel po’ cambiato idea riguardo all’anarchia e al pacifismo. ripensandoci, se non fosse stato per gli altri del gruppo mi sarei orientato verso un’altra direzione, verso una risposta più diretta. puoi starne certo, non permetterò a nessuna testa di cazzo di rovinare il mio concerto! se qualcuno mi colpisce, bene, io lo colpisco altrettanto forte. il fatto che io sia pacifista non significa che mi si possa prendere a schiaffi. immagino che avrei iniziato a pensarla così, e invece no, abbiamo provato a fare nostra la nonviolenza di gandhi e a volte sembrava funzionare davvero mentre altre volte ci hanno picchiato a sangue. i conflict hanno sempre reagito alle provocazioni menando le mani, gli omega tribe preferivano lasciar perdere. comunque non è giusto che i conflict vengano considerati dei bastardi violenti: vorrei vedere voi ad affrontare i veri bastardi violenti che spaccano le vetrate e se la prendono con la gente venuta a sentire il concerto. non sono proprio situazioni divertenti.

i crass sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi e a guadagnarsi un posto nella storia del rock.

beh, penso che ce l’abbiamo fatta. d’accordo, non siamo riusciti a cambiare il sistema, non siamo riusciti a ottenere anarchia e pace e tutto il resto. adesso si vive ancora tutti come fossimo in televisione, come se ci fosse bel tempo ogni giorno, calma e tranquillità ovunque. quello che siamo riusciti a ottenere però è stato creare una certa consapevolezza alternativa di cose come la politica, lo stile di vita, i rapporti sociali e l’alimentazione vegetariana. sì, penso che ci si possa riferire a questo come il nostro successo. non sono diventato il proprietario di un qualche studio di registrazione né vado alle feste di elton john, è chiaro, non vado a farmi fotografare in passerella a leicester square o cose di questo genere. ecco, per me il nostro successo sta da tutt’altra parte. come ti ho detto prima, in tutti i posti dove sono stato, sia qui in inghilterra che in giro per il mondo, ho incontrato gente che conosce i crass. siamo riusciti a creare una rete di contatti e a ispirare tanta gente che è poi riuscita ad andare ben più avanti di dove siamo riusciti ad arrivare noi. pensa che è solo da un po’ che penso di farmi fare un tatuaggio col simbolo dei crass, dopo così tanto tempo. uno piccolo piccolo, perché ho paura che poi mi faccia male… (ride)

i crass sono stati cancellati dalla storia ufficiale del punk…

tanto per cominciare non ci sono tante riprese di nostri concerti, allora non giravano tante telecamere e quelle poche che c’erano costavano troppo ed erano robaccia ingombrante e pesante. non c’era nessun punk che allora potesse permettersele. ma ci sono in giro tante foto. a me sarebbe piaciuto molto aver visto un concerto dei crass dalla parte della gente, penso che sarebbe stato fantastico. ho parlato con gente che mi ha detto che dal vivo eravamo “tremendi, travolgenti, spaventosi e magnifici”, ma ovviamente non me ne sono mai potuto rendere conto. quello che mi secca è quando becco alla tv un programma sul punk e dei crass non si fa neanche un minimo accenno, saltano dai generation x ai green day, cose così. non parlano mai delle grosse manifestazioni come stop the city, e comunque anche se non nominano i crass perché non si parla di tutta la prima linea alternativa di allora? i nomi ai primi posti delle classifiche di rock alternativo degli anni ottanta erano crass, conflict, flux e tutti gli altri gruppi del nostro giro. è una cosa che mi dà fastidio, ma cazzo si sa come va il mondo…

e i gruppi di adesso?

devo proprio dirti che non ne so niente! (ride) proprio ieri sera si stava parlando e, cazzo, mi sono reso conto di non saperne niente, non so neanche chi sia in classifica: mi hanno chiesto “hai sentito i razorlight?” o qualcosa di simile e io gli ho risposto “e chi cazzo sono?” e la cosa mi ha preoccupato perché non vorrei essermi trasformato in uno di quelli che raggiungono una certa età e pensano che non valga più la pena ascoltare nuova musica. adesso mi ritrovo spesso a riascoltare roba motown e ska. e anche, ma non vorrei sembrare un presuntuoso del cazzo, mi sono messo ad ascoltare miles davis e john coltrane, un po’ di jazz. quello che mi piace un sacco sono le musiche da film tipo “il padrino”, “venerdi maledetto”, “gangster no. 1”, “c’era una volta in america”, “taxi driver”, cose così. mi piace starmene ad ascoltare musica mentre ho dell’altro da fare, ad esempio mi serve a concentrarmi quando scrivo dei testi.

e via verso il futuro!

con questi discorsi ti stai avvicinando a un nido di vespe… certo guardo avanti, ma sono agitato. non so se hai visto sul sito web di southern, ci sono dei forum di discussione e stando a quello che la gente scrive sembra mi abbiano etichettato ufficialmente come un bestemmiatore di allah (ride). anche sul sito della mortarhate c’è di tutto. è strano, poco fa si parlava dei crass come di uno spazio protetto. ora, mi è stato proposto di fare questo concerto e ho detto va bene, ma non ne sono così sicuro e non vorrei ritrovarmi lì e fare le solite cose. si sa già che sarà un evento anarcopunk e che ci sarà steve ignorant e tutto qui, tutti felici e contenti. per prima cosa ho pensato che non ne avevo ancora abbastanza, mi sarebbe davvero piaciuto riproporre dal vivo “the feeding of the 5,000”, ma senza “asylum” però, questa può cantarla solo eve libertine, io non voglio metterci le mani, è una cosa a sé stante. non me la sono sentita di coinvolgere in questo concerto gli altri membri dei crass, penso che se gli avessi chiesto di partecipare non avrebbero accettato, e poi se ci fosse stato sul palco a suonare più di uno di noi si sarebbe potuto pensare a una riunione del gruppo e non è proprio il caso. un altro motivo per cui ho accettato di fare questa cosa è che pensavo sarebbe stata una cosa importante che andava in qualche modo fatta. è un po’ come dire agli altri miei compagni “guardate com’eravamo forti, com’eravamo grandi! non è fantastico?” mi sono letto e riletto i testi per le prove dello spettacolo e tutte le canzoni, tranne forse “angels”, sono ancora attualissime. “feeding” durava mezz’ora o forse meno, quindi farò anche altri nostri vecchi pezzi. ho in mente “big a, little a” e “bloody revolutions” con degli arrangiamenti per fiati, voglio ricreare l’atmosfera delle registrazioni radiofoniche che erano presenti nella versione su disco. faremo anche “shaved women”, e pure “how does it feel” che potrebbe essere stata scritta oggi ed è una canzone d’impatto fortissimo. c’è anche l’idea di fare “the way things are” degli schwarzeneggar. il concerto verrà ripetuto la sera successiva. non ho certo l’intenzione di fare uno spettacolino di mezz’ora perso in mezzo a tutti gli altri gruppi, anzi mi sono messo in testa di essere l’attrazione principale di due serate all’empire di shepherds bush… penso che sarà uno spettacolo serio, rispettoso, intelligente e ben fatto, una serata alla quale varrà la pena partecipare. sono con me dei bravi musicisti, gente che ha suonato con vari gruppi punk e d’altro genere: tony barber alla chitarra solista, gizz butt che ha suonato con prodigy ed english dogs anche lui alla chitarra, il batterista dei boys che suona anche nei die toten hosen, e il mio vecchio compare bob butler degli schwarzeneggar. a cantare c’è anche una ragazza di nome sadie. sono andato a dare un’occhiata al posto dove suoneremo, l’empire è una vecchia sala da concerti dove hanno suonato gli artisti londinesi più popolari. gente come marie lloyd, gus elen e george robey si è esibita all’empire di shepherds bush, e io mi sento agitatissimo a suonare in quella stessa sala quella che è la mia versione della musica popolare. sai, mi piacerebbe mettere insieme un gruppetto per fare quelle vecchie canzoni tradizionali di cui nessuno si ricorda più ma che sono commoventi, le canzoni operaie, cose così. ma a essere sinceri quello che faccio in questo periodo è solo mangiare, dormire e farmela addosso pensando a quel cazzo di spettacolo del mese prossimo! guarda, è tutto così strano, siamo tutti così presi, siamo tutti davvero agitati per questa storia, e cazzo io mi sento male. ho chiesto agli organizzatori chi si occuperà del servizio d’ordine, mi hanno detto che hanno dato l’appalto alla show sec, vaffanculo dico io, proprio le stesse teste di cazzo che avevano provocato tutti quegli incidenti al concerto dei conflict a brixton! ma mi hanno assicurato che adesso è diverso: non possono più mettere le mani addosso alla gente e se qualcuno riesce ad arrampicarsi sul palco lo risbattono giù e basta. una volta ti prendevano di peso, ti buttavano fuori dalla sala e ti riempivano di botte. sono davvero cambiati i tempi… c’è gente che ha criticato aspramente questo evento, dicono che mi sono venduto e che lo faccio per soldi: non è vero. ho deciso di fare questa cosa perché lo trovo giusto, non ci sono delle ragioni precise, trovo che sia una cosa che mi piace e mi fa stare bene, e basta. se non fosse così, col cazzo che avrei accettato. gli organizzatori hanno deciso di devolvere una parte dell’incasso in beneficenza, mi hanno chiesto a chi volessi destinarla e gli ho detto che mi piacerebbe sostenere un’associazione del paese dove vivo adesso, la lifeboat. ecco, c’è chi ha trovato da ridire anche su questo: dicono che avrei fatto meglio a sostenere una casa di accoglienza o i malati di polio. ma voglio dire, che cazzo vuole questa gente da me? perché devono dirmi cosa devo fare e cosa non posso fare? il concerto si sta trasformando in qualcosa di grosso e la cosa mi spaventa. so bene che se andrà tutto a puttane non potrò praticamente più uscire di casa. per me è una prova importante, se finisce male non avrò mai più il coraggio di guardare in faccia i miei vecchi compagni crass e sarebbe terribile. quindi dovrà per forza andare bene. adesso devo pensare e comportarmi come un professionista e incontrarmi con i musicisti del gruppo per concordare tutti i dettagli. andrà tutto bene. penso che joy de vivre, phil free e pete wright verranno al concerto, non credo verrà penny perché si è sempre detto contrario a questa serata. mi ha detto “steve, non so proprio perché hai accettato”, ma mi ha comunque autorizzato a fare dei pezzi scritti da lui. gli altri del gruppo non hanno avuto niente da ridire ma lui no, per qualche motivo non era d’accordo. penso che comunque sia un suo diritto, in fin dei conti anche a me non vanno giù certe cose che lui s’è messo a fare adesso.

manca poco ai concerti, dunque…

sta’ zitto, ho un mal di pancia che me la faccio addosso!

fine dell’intervista.

 

punknews.org
[2009,  intervista a penny rimbaud raccolta da ollie mikse della webzine punknews.org]

è dalla prima volta che ne ho sentito parlare che tento di infilare i crass in qualsiasi cosa io scriva, specie se c’è da fare bella figura. dico sul serio, se fate una ricerca in internet troverete che sono riuscito a ficcarli dentro persino in un articolo che riguardava katy perry. sono grandi per davvero, voglio dire. se il nome vi è nuovo, dovete sapere che i crass sono stati uno dei tanti gruppo anarcopunk attivi in inghilterra negli anni ottanta, forse il gruppo più importante. erano una vera macchina politica che ha organizzato la propria attività nei minimi particolari riuscendo a portarla avanti per un periodo relativamente breve. quando mi è stata concessa la possibilità di intervistare penny rimbaud, che era il batterista, mi sono sentito davvero onorato. nel corso del nostro colloquio penny ha mantenuto il tono calmo, amichevole e chiaro di una persona d’idee avanzate, e mi ha informato dei rischi che incombono su dial house (la comune agricola in cui vivevano i vari membri del gruppo, e dove penny vive tuttora) e dei problemi che riguardano il catalogo dell’etichetta crass, che sembrano di non così facile risoluzione. questa che segue è la trascrizione della chiacchierata che ho fatto con penny domenica scorsa.

penny rimbaud è uno dei membri fondatori dei crass. vive tuttora nell’essex, in inghilterra, tra i suoi molti progetti c’è una collaborazione col gruppo japanther per il loro cd “tut tut nuw shake ya butt”, uscito l’anno scorso.

pronto?

ciao penny, sono ollie.

ciao.

che piacere sentirti.

fa piuttosto piacere anche a me.

come va?

mi chiedi come va? sta arrivando un temporale. è una bella giornata di mezza estate, sono stato a lavorare nell’orto tutto il giorno e adesso sta arrivando un temporale. non piove da tre mesi, dico sul serio. ecco come va.

cominciamo. com’è oggi l’attività che riguarda i crass? stai dietro tu alle cose che vengono ristampate, o come ne sei coinvolto?

è una faccenda piuttosto complicata, che si è ulteriormente complicata in questi ultimi mesi. durante lo scorso anno mi sono dedicato alla rimasterizzazione di tutte le registrazioni dei crass. anche gee durante lo scorso anno ha curato una nuova impostazione grafica di tutte le nostre uscite. quello che volevamo fortemente era fare qualcosa di definitivo e importante, i nostri vecchi cd cominciavano ad apparire logori. la mia intenzione era ripetere l’impatto di trent’anni fa, questo con le moderne tecnologie è possibile: volevo ricreare il suono reale del gruppo perché allora, al tempo del vinile, eravamo costretti a comprimerlo. ci ho lavorato sopra un anno per finire verso lo scorso marzo, e ad un certo punto salta fuori che uno dei membri del gruppo è assolutamente contrario. eppure, quando tempo indietro avevamo deciso di stampare i nostri dischi in cd, mi ero occupato io di andare in studio a far sistemare le registrazioni, così come pure gee aveva ridisegnato le copertine, e senza che nessuno avesse nulla in contrario. si è venuta a creare una frattura che adesso è così profonda che, non so se sia una buona o una cattiva notizia, ma penso non si farà più niente, penso che non ristamperemo mai più niente. siamo arrivati tutti a una specie di contrasto che al momento sembra irrisolvibile.

che genere di problemi, più precisamente?

come ti stavo dicendo, è una questione davvero molto complessa. all’inizio qualcuno non voleva che si cambiasse niente, il che è assurdo perché tutto è stato progressivamente modificato da me in questi trent’anni. ogni volta che c’è stata una ristampa da fare o bisognava occuparsi di un riconfezionamento si sono dovute per forza fare delle modifiche, magari minime, e comunque sono state fatte soltanto alla fine di lunghissimi dibattiti e discussioni. la cosa peggiore è che uno del gruppo ha messo in discussione le relazioni che c’erano tra di noi quando eravamo insieme, pensa che non fossero sincere, che non fossero autentiche. penso che questo non sia assolutamente vero. ho sempre pensato che qualsiasi gruppo di persone debba una volta o l'altra discutere le relazioni interpersonali. i nostri sono problemi che si è tentato di risolvere allora, che forse si sono risolti da soli e forse no. comunque sia, credo fermamente anche oggi in ciò che noi rappresentiamo come gruppo. almeno, finora l’ho sempre pensata così. quello che i crass avevano da dire era ed è anche oggi assolutamente valido e rispettabile. quello che avevamo da dire ha un valore che rappresenta una qualche forma di speranza, una qualche forma di alternativa specialmente per i ragazzi più giovani, quelli a cui viene sbattuta costantemente in faccia la merda dei mass media. ecco, penso che sia questo il punto. siamo riusciti ad arrivare a definire “ecco, questo è ciò che vogliamo dire” e l’abbiamo fatto onestamente. eppure, uno di noi dice che d'accordo, ce l’avremo anche fatta, ma siccome le nostre relazioni interpersonali si sono deteriorate, cosa che credo poi succeda alla maggior parte delle relazioni, adesso non è più disposto ad accettare che il lavoro di allora venga modificato. secondo lui sarebbe come aprire una specie di vaso di pandora, dice che sarebbe persino disposto a ricorrere a mezzi legali per impedire la pubblicazione delle registrazioni rimasterizzate e riconfezionate, cosa che va bene, può fare, non mi preoccupa assolutamente. quello che è tremendo è che queste rogne hanno contribuito alla fine di southern records, non so se già si sappia in giro che gli studi di registrazione southern stanno per chiudere.

so che la sede americana non è più attiva.

quella ha cessato l’attività all’inizio dell’anno, adesso tocca alla sede inglese. allison spera di continuare a collaborare con alcune delle persone con cui ha lavorato più a stretto contatto in questi anni, come ian mac kaye, noi, bluurg, i vari gruppi con cui si è mantenuta un’amicizia. la sua idea è di aprire un’attività molto più in piccolo, fare da ufficio stampa e punto di appoggio per i gruppi, ma temo che con ogni probabilità i crass non saranno fra questi. penso che quelli che ora sono ancora in circolazione saranno gli ultimi prodotti disponibili dei crass. penso che ci sia ancora la possibilità di vernirne fuori, ci tengo a mettere insieme queste registrazioni rimasterizzate e tutto il lavoro di grafica fatto da gee, si potrebbe magari rendere disponibile tutto in download gratuito, mi spiacerebbe davvero che tutto il lavoro fatto, sia del gruppo che il mio, andasse perduto. gee ed io avevamo pensato di pubblicare comunque tutto ma sarebbe stato come mettersi contro tutti gli altri, proprio per i nostri rapporti così astiosi, e se questo non è stato fatto è stato solo perché allison non ha soldi, sennò sarebbe uscito tutto già da un mese. se avessimo pubblicato tutt’e sei i nostri album, rimasterizzati e riconfezionati, forse southern non sarebbe costretta a chiudere. per me è una tragedia. era stato john loder a mettere in piedi lo studio di registrazione. eravamo amici da tanto tempo, avevamo fatto delle cose assieme molti anni prima che esplodesse il punk, facevamo parte di un gruppo teatrale d’avanguardia. lo studio di registrazione si è poi ingrandito come casa discografica, era un punto di riferimento importante per tutta la scena alternativa e indipendente. ma siamo arrivati alla fine, cazzo, penso che sia davvero terribile. non mi piace che ci siano delle situazioni non chiare all’interno del gruppo, mi sembra proprio brutto che siano saltate fuori dopo trent’anni, comunque ecco come siamo messi adesso.

dicevi prima che nel corso degli anni hai apportato delle modifiche alle registrazioni originali. che specie di modifiche? intendi dire che ci sono delle differenze di missaggio?

no, i dischi non sono mai stati rimissati. intendevo differenze di masterizzazione. è chiaro che in trent’anni il software per le registrazioni digitali è migliorato sempre di più, specialmente nel corso degli ultimi cinque o sei anni. praticamente è quasi come poter rimissare i dischi, sul serio. sono molto soddisfatto di come sono riuscito a trattare meglio il suono, per la prima volta si possono sentire le chitarre com’erano nella realtà e questo è un grosso risultato. va detto che nel primo missaggio che avevo fatto allora, lo riconosco, avevo tenuto le chitarre un po’ troppo basse. ecco, adesso si possono sentire bene. è incredibile, adesso si riesce a tirare fuori tutti quei minimi particolari sonori che prima erano costretti a scomparire. persino il cantato di steve ignorant è più comprensibile, ci sono differenze incredibili.

i crass avevano autogestito tutte le proprie registrazioni. quali difficoltà avevate incontrato allora, quando avete iniziato a registrare i vostri pezzi?

abbiamo registrato tutto con john. erano anni che conoscevo john loder, da molto prima dei crass, anni prima. come dicevo, avevamo messo in piedi un gruppo d’avanguardia verso la fine degli anni sessanta.

ti riferisci ad exit?

sì, john allora aveva solamente un vecchio registratore portatile, all’inizio usavamo quello. è nato tutto da lì. poi abbiamo cominciato a fare un sacco di spettacoli nel circuito universitario, eravamo un gruppo radicale, molto più estremisti dei crass. nel corso degli anni abbiamo raccolto un po’ d’attrezzatura fino a mettere in piedi un piccolo studio di registrazione a quattro piste. credo che exit abbia portato in giro i suoi spettacoli per due o tre anni, era diventato normale utilizzare attrezzature tecniche e inventarci sopra qualcosa. poi il collettivo exit si è sciolto, così io e john ci siamo persi di vista per un paio d’anni. poi è cominciata assieme a steve la storia dei crass, credo dopo circa sei mesi che ce la spassavamo facendo casino a dial house mi è ritornato in mente john, magari aveva ancora la sua attrezzatura. e lui sì, stava ancora mandando avanti lo studio. da lì il gruppo è cresciuto ed è pure cresciuto lo studio, quando ci siamo decisi a registrare john aveva a disposizione un otto tracce. lui era davvero molto abile, è stato il tecnico del suono di exit e il responsabile di tutte le registrazioni dei crass, in tutti questi anni passati insieme ho imparato molto da lui.

sembra quasi che la vostra attività principale di allora fosse scrivere e fare musica. come avete fatto a pubblicare i vostri dischi? vi concentravate attorno alla produzione di ogni singolo disco oppure registravate i vostri pezzi mano a mano che venivano composti, per poi scegliere i migliori e pubblicarli?

un misto delle due cose. fermandosi a guardare indietro sembra che sia stato io a scrivere la maggior parte delle cose che abbiamo fatto. direi che è opera di steve la grande parte dei nostri primissimi pezzi, quelli fatti ai primi concerti e che poi abbiamo raccolto in “the feeding of the 5,000”. il nostro primo disco è praticamente l’intera scaletta dei concerti che facevamo allora. poi, abbiamo pubblicato “stations” perché pensavamo che un secondo album dovevamo proprio farlo: ciascuno si è messo a scrivere pezzi sparsi e progressivamente siamo arrivati tutti a domande comuni del tipo “perché lo facciamo?” e “cosa vogliamo dire davvero?”. “penis envy” è stato concepito come un album femminista e “yes sir, i will” è la nostra risposta diretta alla guerra delle falklands. abbiamo sempre scritto per primi i testi, non c’era senso di fare una canzone se non c’erano le parole. so che ci sono tanti gruppi che prima tirano fuori le melodie e poi ci incollano sopra i testi, noi facevamo proprio tutto il contrario.

avete usato la parola “cristo” in molti vostri dischi, ad esempio “christ – the album”, “christ – the movie” e “christ’s reality asylum”. potresti parlarmi brevemente di quello che la parola “cristo” rappresentava per il gruppo?

non posso rispondere per il gruppo, posso rispondere per me, dirti quello che questo significa per me. il primo pezzo che abbiamo fatto è stato “christ’s reality asylum” ed era tratto da una cosa che avevo scritto tempo addietro, ancora prima che ci fossero i crass. avevo pubblicato un libretto intitolato “christ’s reality asylum and the pomme de printemps”, che sarebbe “il manicomio della realtà di cristo e la mela di primavera” in francese. volevo fortemente pubblicare un disco, disco che poi si è rivelato assai importante. penso che buona parte di quello che ho scritto con i crass trovi delle radici in quel libretto che avevo scritto allora. ci trovi dentro parecchi discorsi che poi coi crass sono stati approfonditi: temi come il potere patriarcale, lo stato, il capitalismo li avevo affrontati proprio in quegli scritti. è stato come succhiare al seno del punk, “christ’s reality asylum” l’avevo scritto all’inizio del 1977 sotto un pesante influsso alcolico, per me è stata una specie di catarsi totale. ecco perché il primo pezzo del nostro primo disco doveva essere quello. sono convinto di aver espresso chiaramente la mia rabbia e il mio pensiero politico in “reality asylum”, ecco perché per me è così importante. penso che siccome ho scritto grande parte di quello che è stato poi pubblicato con i crass, un buon 60% direi, questo si possa interpretare come una mia tendenza a dominare con certe mie idee. questa secondo me potrebbe essere una buona risposta alla tua domanda.

molte vostre registrazioni e scritti sono ancora oggi introvabili, ad esempio le registrazioni del thatchergate, i flexi etc.: c’è mica l’idea di diffondere queste cose, o no?

intendi dire, separatamente dai nostri dischi?

sì. perché non avete pubblicato su cd tutte le cose che avete registrato?

quando ho lavorato al remastering ho preso in mano anche tutta una serie di registrazioni di vario genere, tra cui i pezzi che non avevamo incluso negli lp. quando io e gee si siamo imbarcati in questa operazione di rimasterizzazione e riconfezionamento volevamo che il risultato fosse assolutamente ben fatto. abbiamo raccolto tutto ciò che ci sembrava importante, da registrazioni di nostri dialoghi a varie altre registrazioni che abbiamo recuperato. nel corso dell’ultimo anno abbiamo ascoltato e riascoltato ogni singola registrazione che abbiamo fatto al southern studio, un lavoro enorme. la roba a cui ti riferisci è stata vagliata tutta ed è finita ora nelle nuove versioni rimasterizzate: se verranno pubblicate, o rese disponibile via internet, troverai tutto lì.

ci sono riprese dei vostri concerti, o altri filmati vostri tipo quel documentario della televisione inglese?

non era la televisione inglese, era quella olandese. penso si possa trovare da qualche parte in internet.

sono riuscito a recuperare solo i primi 9 minuti…

davvero? mah, direi che è abbastanza… (ride). non penso che potremmo pubblicare quel documentario, prima di tutto perché non è roba nostra. tutte le cose che abbiamo fatto e di cui siamo proprietari prima o poi verranno pubblicate, l’intenzione è questa. abbiamo intenzione di creare un archivio che la gente possa consultare e scaricare gratuitamente, un archivio con tutte le nostre registrazioni dal vivo, ce ne sono centinaia. la maggior parte sono praticamente inascoltabili, ma vogliamo diffonderle comunque. ci sono tonnellate di roba, ho appena cominciato. purtroppo, con la chiusura di southern ed il casino che c’è coi crass non so che cazzo fare, davvero non so se si riuscirà a realizzare questo progetto. adesso proprio non lo so, ma sarebbe davvero un peccato che non si potesse farlo. vedremo.

in questi video ci metterete anche i filmati che proiettavate durante i vostri concerti?

bene, è proprio per quel materiale che gee ed io abbiamo riaperto la nostra vecchia exitstencil press. è una piccola casa editrice che avevamo messo in piedi negli anni sessanta, avevamo pubblicato alcuni libretti. ci siamo decisi a riprendere l’attività e, per cominciare, pubblicheremo “acts of love”, poi una mia lettura lunghissima del libro “christ’s reality asylum” e altre cose che sto facendo adesso. con exitstencil sicuramente collaboreremo con allison, tutto quello che non è stato esplicitamente pubblicato come crass lo ripubblicheremo noi.

steve ignorant ha recentemente fatto degli spettacoli presentando “the feeding of the 5,000” senza alcuna collaborazione da parte degli altri membri dei crass. cosa ne pensi?

all’inizio la cosa mi ha dato parecchio fastidio. perché cazzo lo fa, mi sono detto, quindi gli ho telefonato e ci siamo fatti una lunga chiacchierata. sulle prime avevo idea di andare giù pesante, dirgli cose del tipo “non mi piace questa storia, è un concerto fatto solo per soldi, non avrai mai la mia autorizzazione, non ti permetterò di fare le mie canzoni” ma poi mi sono detto: cazzo, non me ne frega niente se qualcuno rifà le mie canzoni, perché dovrei prendermela con steve se vuole rifarle? credo sia qualcosa che lui desiderava fortemente fare, è una specie di questione personale. steve è particolarmente orgoglioso di quel disco, ci sono dentro molte canzoni che ha scritto lui. io non sono andato a vederlo, so che c’è andato qualcun altro del gruppo, io proprio non desideravo farlo. per me non c’è problema, nel senso che gli ho detto “divertiti, spero che ti vada bene, ma io non ci voglio entrare”. è ovvio che poi molta gente sia rimasta delusa, questo posso capirlo e condividerlo, è stata un po’ una delusione anche per me, ma conosco steve abbastanza a fondo da poter dire che nelle cose che fa ci mette dentro tutto il cuore e l’anima. so bene che non ci ha guadagnato granché, questo lo dico a tutti quelli che pensano che lui l’abbia fatto per soldi: è fortunato se è riuscito a malapena a ripagarsi le spese. sono convinto che le sue intenzioni fossero oneste, ma è una cosa che io non avrei fatto, mai e poi mai. all'inizio ero davvero incazzato, ma poi mi sono detto oh cazzo, penny, dacci un taglio.

guardando in giro in internet ci sono dei siti che vendono roba dei crass come magliette, spillette etc.: avete mai dato una qualche autorizzazione, come gruppo, a qualcuno di questi rivenditori?

no.

ma ricevete dei soldi da questa gente?

no. so che steve ha messo in commercio delle magliette, ma non mi sono interessato alla cosa e non ne so niente. non so con chi ha preso accordi, credo sia una ditta americana.

dev’essere la machete…

so che steve ha preso degli accordi con qualcuno per far stampare delle magliette. è chiaro che io non sono d’accordo, credo poi neanche gli altri. non so cosa ne pensino gli altri.

ma quando andavate in giro a suonare non avevate un vostro banchetto?

no. noi dicevamo alla gente di stamparsi le magliette da soli. farsi una maglietta è facilissimo, basta ritagliare una sagoma di cartone e poi ci spruzzi sopra con una bomboletta di vernice per auto. a volte facevamo noi dei volantini coi disegni e le scritte da ritagliare, erano le stesse sagome che usavamo eve ed io durante le nostre incursioni pubblicitarie con le bombolette spray nelle stazioni della metropolitana di londra.

ma non vi importa che qualcuno metta in commercio della roba col vostro nome scritto sopra, come una qualsiasi altra merce?

sì, certo che mi importa, solo che non mi è possibile contrastarli, non posso farci nulla. davvero, non si può fare niente di concreto per fermare questa gente. e mi incazzo ancora di più quando vedo che succede lo stesso a marchi del cazzo come versace o dkny, che hanno un sacco di soldi e possono pagare i migliori avvocati e che pure non riescono a fermare un cazzo di niente. come posso fare qualcosa io? mica posso andare da un avvocato. loro lo sanno bene, sanno che possono sfruttarci come e quando vogliono. hai visto sui giornali le foto di quel david beckham del cazzo con addosso una maglietta dei crass? bello, no? uno degli uomini più ricchi della gran bretagna che se ne va in giro con una cazzo di maglietta dei crass. mi viene voglia di ammazzarlo, quello stronzo… (ride)

nel suo libro su di voi, george berger riesce benissimo a inquadrare i crass nella prospettiva del loro tempo. sono passati venticinque anni da quando vi siete sciolti: come vedi oggi il gruppo, come vedi il ruolo che i crass hanno avuto nel periodo in cui sono stati attivi? quali erano i vostri obiettivi, e siete riusciti a raggiungerli?

ebbene no, non siamo riusciti ad arrivare alla rivoluzione totale. non siamo riusciti a ottenere quello che ci sarebbe piaciuto realizzare. penso che noi, parlando molto semplicemente, siamo stati una spina nel fianco molto fastidiosa per il governo thatcher, abbiamo messo a dura prova la loro pazienza ed i loro nervi. a livello più profondo, penso che siamo stati capaci di far sì che migliaia di persone in tutto il mondo siano riuscite a ripensare al significato della propria vita. penso che siamo riusciti a spingere tutta questa gente a capire e a rendersi conto che poteva fare delle scelte. certo, noi siamo stati capaci di ispirare tutto questo. penso che il nostro coinvolgimento nelle sommosse di stop the city, che sono state le prime manifestazioni giovanili nel nostro paese, a londra nei primi anni ottanta, abbia senza dubbio ispirato una nuova generazione di attivisti di strada. chiunque può vederne gli effetti adesso nel movimento no-global, nelle campagne ambientaliste, nei movimenti anticapitalisti. e allora sì, penso che siamo riusciti a creare molti nuovi approcci e molte nuove voci in una grande quantità di argomenti, dal vegetarianesimo al femminismo. molte delle cose che abbiamo inventato sono state fagocitate dal sistema, sono diventate comportamenti normali: alla fine non è un male, almeno significa che la gente può avere accesso alle opinioni più diverse. nell’ultimo periodo temo che saremmo stati in grado di accendere una qualche insurrezione. ancora oggi mi sveglio al mattino e ho voglia di ispirare una rivolta popolare, ma poi non succede niente.

una delle cose che scrive george berger nel suo libro riguarda i vostri contrasti con adam and the ants: secondo te c’era una qualche specie di rivalità tra loro ed il vostro gruppo?

(ride) assolutamente no. l’unica cosa è che steve voleva prendere per il culo adam ant mettendosi un cerotto sul naso qualche volta ai concerti. certo che no. adam è una specie di popstar, no? un altro eroe del rock’n’roll, no? e allora, non c’era alcuna rivalità. lui era soltanto un fantoccio nelle mani dei mass media.

cambiamo discorso. qual’è la situazione attuale a dial house? quali attività vi si svolgono adesso?

mi sono alzato alle sei questa mattina e ho lavorato nell’orto tutto il giorno. ho dato una spuntata alle siepi, ho tagliato l’erba e ho piantato un po’ di verdure. questa è la mia giornata tipo, non è che sto chiuso nella mia stanza a scrivere tutto il giorno. e poi ora non vivo stabilmente a dial house, io e la mia compagna ci siamo trasferiti nel galles un paio d’anni fa, comunque torno qui due o tre giorni tutte le settimane. in questo periodo ci stiamo riorganizzando. negli ultimi sei anni abbiamo passati fasi alterne di contrasti, ripensamenti, riconsiderazioni, un processo che continua tuttora. dial house va comunque avanti: ci sono seminari, incontri, c’è gente che viene a trovarci. non ho proprio idea di cosa potrà succedere ogni giorno: non so in anticipo chi verrà a mangiare, chi verrà a dormire, chi verrà a dare una mano nell’orto. ma è sempre stato così, non è mai stata una comune organizzata, non mi è mai andata giù l’idea di organizzazione: l’idea che sta alla base di dial house è che è una situazione assolutamente libera. non ho mai imposto regole di alcun genere, certo si mangia cucina vegetariana ma a parte questo credo non ci siano altre regole. ho sempre pensato che la gente debba essere libera di decidere dove piantare le radici, anche se queste si trovano a un certo punto della vita a passare per dial house. la nostra casa è un posto senza direzioni. le cose possono succedere spontaneamente, senza farle succedere per forza.

qual è il problema più importante nel mandare avanti un posto come dial house oggi?

i soldi. è uno schifo doverlo dire, ma ammetto che dobbiamo ancora restituire tanti dei soldi che abbiamo ricevuto in prestito. in pratica siamo indebitati in eterno: dobbiamo dei soldi ad amici, meno male, però continuiamo ad invecchiare e a non riuscire a ripagarli. si tratta adesso di decidere come e se andare avanti. negli anni siamo passati attraverso molte diverse fasi: dial house è una comune aperta da più di quarant’anni, al momento non ci abita quasi più nessuno e questo perché non sta accadendo niente. cioè non sta accadendo niente di simile ad una situazione di gruppo come quelle che avevano portato ad exit ed ai crass e a tutte le altre cose che lì dentro sono successe. proprio come adesso tutta la faccenda dei crass è finita sottosopra, anche dial house sta attraversando tempi duri a ritrovare un suo ruolo. va dove stiamo andando tutti, mettila così.

da quel che dici suppongo che mandare avanti dial house adesso sia molto più difficile rispetto a trent’anni fa.

certo, non c’è dubbio. è sempre più difficile. ci si ritrova a dover fronteggiare delle crisi di significati, delle crisi economiche e, a quanto pare, anche delle crisi relazionali. la dial house di oggi si trova proprio al centro di una delle crisi più profonde. quando ci sono venuto a vivere io quarant’anni fa questa era una zona depressa che però è diventata sempre di più pregiata. tutta la campagna qui intorno è stata venduta a gente benestante che vuol costruirsi delle belle ville in mezzo al verde. casa nostra è rimasta per un bel po’ sotto tiro di alcuni speculatori, magari avrai sentito che volevano comprare tutto, sbatterci fuori e poi rivendere, guadagnandoci sopra una bella cifra. la comune in sé è anacronistica, non somiglia a niente di tutto quello che c’è stato costruito intorno in questi ultimi anni, proprietà con enormi cancelli d’acciaio, muri altissimi e telecamere di sicurezza, casa nostra è ancora proprio com’era stata costruita cent’anni fa. per assurdo sembra sempre più di essere in un posto sbagliato nel tempo sbagliato. quella casa non dovrebbe stare lì (ride).

credo che siccome siete stati capaci di tenere in piedi tutto questo per un tempo lunghissimo, per voi dovrebbe essere più facile. mi pare invece che facciate sempre più fatica.

non sono più così giovane. c’è da tenere in mente che al tempo dei crass avrò avuto trenta, trentadue anni. anche oggi molta gente che ha trent’anni magari non ha un posto dove stare e lo sta cercando. credo che questo sia uno dei nostri problemi più seri: io e gee abbiamo entrambi più di sessant’anni. è chiaro che casa nostra non attrae gente giovane: che cazzo ci vengono a fare qui dei ragazzi con due vecchi rompicoglioni come noi? sembra strano, lo so, come atteggiamento magari non sembriamo vecchi, ma lo siamo per accumulo d’esperienza. penso che questo possa costituire una parte del problema. quelli della nostra età si sono già sistemati e hanno già deciso cosa fare nella vita, a me succede il contrario, adesso non so cosa fare. non so dove sistemarmi a vivere, non ho un soldo ma, devo dire, questo mi rende particolarmente felice, anche se mi sento più in pericolo ora che non quando avevo vent’anni. si pensa che invecchiando le cose per noi siano più semplici e si mettano meglio, a me però non è successo così, le cose sono andate male e stanno andando peggio. eppure, sono contento. mi sta crollando tutto attorno, ma sono contento perché da questo sto imparando molto. imparare è sempre importante, certo non avrei mai immaginato di imparare così (ride)…

cambiamo ancora discorso e parliamo un po’ di te. l’anno scorso hai collaborato con i japanther per il loro album “tut tut now shake ya butt”. è una collaborazione piuttosto insolita. com’è nata?

a me non sembra poi così strana. ho incontrato ian e matt circa cinque o sei anni fa, nel corso di una serie di letture pubbliche delle mie poesie. anche loro stavano suonando in giro, e per combinazione ci siamo ritrovati la stessa sera nello stesso posto. ho letto le mie poesie appena prima del loro spettacolo e poi mi sono fermato ad ascoltarli, mi piacevano. mi avevano raccontato a lungo di come avevano costruito il loro set, di come si concentravano fino a spostarsi in una specie di trance, specialmente ian che per esibirsi deve trovarsi un una specie di stato sciamanico. succede esattamente anche a me quando devo leggere le mie poesie, se non riesco a costruirmi attorno una specie di spazio strano mi riesce difficile leggere le mie cose in pubblico, mi prendono paranoie del genere “che cazzo ci sto qui a fare con queste poesie del cazzo?”. mi piaceva parlare con ian e matt di queste cose e quando sono saliti sul palco, eravamo a minsk, in germania, mi sono detto: “cazzo, devo raggiungerli lì sopra e fare qualcosa”. così sono salito anch’io e ho letto un po’ delle mie poesie, credo che loro non si siano neanche accorti di me sul palco. è stato molto bello, ci siamo piaciuti e abbiamo detto: “una volta o l’altra faremo qualcosa insieme”. poi tre anni fa sono stato a new york per due o tre serate con altri poeti sulla bowery, gli ho telefonato e gli ho detto: “perché non venite qui, facciamo qualcosa insieme?”, e loro sono venuti. ero insieme a un sassofonista, e si sono aggiunti loro con batteria e basso. l’anno dopo abbiamo fatto insieme una settimana di spettacoli a new york, una cosa magnifica, tutto esaurito ogni sera, io con le mie poesie e loro con la loro roba. praticamente l’album è uscito da qui, contiene tutti i pezzi che facevamo dal vivo meno ovviamente le coreografie, i dinosauri giganti che stavano in scena e l’atmosfera fuori di testa del locale. avevamo sei serate a nostra disposizione e potevamo fare quello che volevamo, è stato uno spettacolo multimediale fantastico. per l’album abbiamo registrato in tre o quattro posti nel connecticut e nel bronx, abbiamo fatto lo spettacolo ma senza il pubblico, soltanto noi sul palco. ci siamo divertiti tantissimo.

hai sentito il lavoro finito?

certo.

e cosa ne pensi?

mi piace, sul serio.

anche a me, credo sia uno dei più bei dischi dell’anno scorso. è proprio strano.

già (ride).

voglio dire, musica e parole sono state messe assieme proprio bene.

siamo una combinazione strana, eppure insieme funzioniamo bene. mi sono sentito piuttosto onorato del fatto che un paio di ragazzi così giovani desiderasse lavorare con me. io faccio di solito le mie cose con qualche musicista jazz e la gente normalmente le trova difficili. faccio una serata al mese al vortex club di londra, che è un posto importante dove si suona jazz, e spesso la gente non capisce che cazzo ci faccio io lì sul palco. ai musicisti di solito le mie cose piacciono, ma al pubblico… non ho mai visto dei punks tra il pubblico, credo che quel tipo di pubblico mi abbia mollato da tanti anni ormai. anche tanti musicisti jazz non capiscono che cazzo faccio, ma è bellissimo quando riusciamo ad avvicinarci e ad incontrarci, non ci si stacca più. penso che con i japanther abbia funzionato alla grande, loro si sono occupati della musica, io ci ho messo i miei testi. mi sono proprio trovato bene con loro, spero che ci si possa incontrare ancora in futuro.

in tutti questi anni hai suonato in molti gruppi e prodotto un sacco di dischi, hai fatto spettacoli di poesia e scritto tantissimo. cosa stai facendo di creativo adesso?

scrivere è stata la cosa che ho fatto di più nella vita. le cose che più mi piace fare sono scrivere, fare l’amore, lavorare nell’orto, fare escursioni in montagna, sono tutte cose che faccio normalmente, non ce n’è una più importante di un’altra. come ti dicevo prima, siccome le cose sembra stiano per farsi più dure così anche il mio pensiero si sta facendo più duro. credo sia strano, non dovrebbe succede così quando si invecchia. ho cominciato di recente a interessarmi di fisica quantistica, quel genere di cose per cui spendo giornate intere a rimuginare nell’orto. capisci, per me la creatività non è una cosa sola. spero di vivere una vita creativa, spero che tutto ciò che faccio sia creativo, sia che io mi metta a impastare il pane o a fare l’amore, o a fare un disegno o qualsiasi altra cosa. desidero che tutto ciò che faccio sia soddisfacente e creativo, proprio perché credo che la creatività sia l’unico regalo che si possa fare agli altri. ad esempio, a me piace molto cucinare: penso che non ci sia maniera migliore di dimostrare il proprio amore a qualcuno che preparargli qualcosa di buono da mangiare, una cosa buona da mangiare e bella da vedere. mi piace l’idea di preparare bene il cibo, con attenzione e cura.

vuoi raccontarci dei progetti a cui stai lavorando adesso e che stai per pubblicare?

certo. ho giusto finito di sistemare una registrazione di uno di quei miei spettacoli al vortex di cui ti parlavo prima. c’è eve libertine nella prima parte. si intitola “in the beginning”, cioè all’inizio, una lunga composizione poetica con quattro sassofoni, contrabbasso e batteria, cioè una formazione jazz piuttosto insolita. l’idea di base è la creazione della parola, è eva che ha inventato il linguaggio, che ha inventato la comunicazione verbale. poi la seconda parte è una lunga lamentazione che faccio io. perché mai esistono parole orribilmente schifose come tortura, assassinio, stupro? sarebbe un mondo bellissimo se queste parole non esistessero, se non ci fossero queste cose terribili. mi sono messo a leggere il vocabolario e mi sono trascritto tutte le parole orribili, ce ne sono tantissime. questo è uno dei miei progetti attuali, poi sto occupandomi del rimissaggio di una registrazione di uno spettacolo di tre anni fa in cui eve recitava una poesia di jack kerouac con un gruppo jazz. ho in programma la pubblicazione di altri due spettacoli di poesia, sempre con musicisti jazz, poi vorrei fare qualcosa con una cantante classica, un soprano, cose di questo genere. uscirà tutto per exitstencil, quella casa editrice di cui ti ho accennato prima: ci sono già quattro dischi pronti per essere pubblicati, dovrei riuscire a finirli entro fine anno. spero che funzioni, spero che allison non chiuda del tutto, e che vada tutto bene. ho anche sistemato delle vecchie registrazioni del collettivo exit, roba del 1972.

nel suo libro “the trouble with music”, il problema della musica, mat callahan si occupa approfonditamente della musica e del suo ruolo sociale, di quello che è o che meglio dovrebbe essere il suo significato per la gente. a un certo punto fa un’affermazione stupefacente, cioè che se si separasse il capitalismo dalla musica questa ne trarrebbe enorme vantaggio, nel senso che ciò che rimarrebbe sarebbe solo musica fatta di pura gioia. qual è il tuo punto di vista sulla diffusione e la circolazione della musica al giorno d’oggi? sei d’accordo con quanto afferma mat callahan?

direi di sì. quando qualcuno, per fare un esempio, viene a dirmi “faccio lo scrittore professionista” è un modo per dire che non si reputano degli scrittori ma considerano se stessi dei professionisti. credo sia lo stesso coi musicisti. se qualcuno viene a dirmi “faccio il musicista professionista” mi chiedo in realtà di che cazzo stia parlando. secondo me tutte le arti, che si tratti di scrivere o fare musica o dipingere, devono per forza essere motivate da un certo amore, dal desiderio di esprimerlo e dal desiderio di condividerne quell’espressione in qualche modo, e vedendola così i soldi sono proprio l’ultima delle considerazioni che si dovrebbero fare. trovo irritante che degli artisti di definiscano professionisti, non capisco proprio perché lo facciano. direi che in linea di massima concordo con quello che dice questo tizio. cos’altro dire? se vuoi dei soldi fonda una banca, ma meglio di no di questi tempi. va’ a rapinare banche, piuttosto...

qualche anno fa i radiohead hanno pubblicato un disco mettendolo in circolazione in cambio di un’offerta libera. sono stati molto criticati perché, stando a quanto danno detto in tanti, questo può svilire la musica. molti musicisti sono contrari a iniziative come questa...

io invece penso sia una cosa molto bella. se si fa un lavoro e ci sono dei costi, è giusto avere la possibilità di ripagarseli. in questo senso io giustifico il fatto che noi vendevamo i nostri dischi: non potevamo permetterci di darli via gratuitamente, così li abbiamo venduti al prezzo più basso possibile. con internet è un discorso completamente diverso, ma è un argomento che non conosco, non mi ci sono ancora rapportato abbastanza, voglio dire che saranno neanche sei mesi che ho attivato una connessione. mi sono sempre tenuto piuttosto a distanza dalle nuove tecnologie, ho iniziato da poco ad interessarmene. ti dicevo prima dell’archivio delle registrazioni dei crass, c’è questa idea di farlo e vedere quanto verrebbe a costare, se poi qualcuno vuol dare un contributo bene, noi gliene saremo grati, l'idea è appunto che sia la gente a decidere quanto offrire. non è invece possibile fare questo se si pubblicano dei cd veri e propri, ad esempio i nostri cd rimasterizzati dovrebbero essere confezionati in una scatola di cartone assieme a un libro di cento pagine fitte di illustrazioni e testi. questo ha per noi un costo molto elevato che dovremo senza dubbio recuperare. è un’idea brillante. se si sistemano le cose tra noi e southern, questo sarà il genere di cose che faremo insieme.

è sorprendente il numero di persone che sono contrarie a internet...

negli anni ottanta noi siamo stati molto criticati perché vendevamo i dischi a basso prezzo, ma di solito chi ce l’aveva con noi era gente che non riusciva a tenere i prezzi bassi perché vendeva pochi dischi. una delle ragioni per cui noi potevamo tenere i prezzi bassi è che vendevamo tantissimo e recuperavamo le spese molto velocemente. molti sono stati costretti a chiudere. c'è sempre qualcuno che trova da ridire. sarebbe stato ridicolo se avessimo detto: “scusateci tanto, non avremmo dovuto vendere i nostri dischi a un prezzo così basso, da adesso li vendiamo al prezzo normale”, se avessimo venduto dischi a prezzo normale adesso saremmo dei milionari di merda e ci avrebbero comunque criticato per essere dei porci capitalisti del cazzo. dalle critiche della gente non se ne esce mai. c'è della gente che ha usato internet per arrivare ad altra gente proprio secondo i nostri stessi principi di allora. se la tecnologia migliora ed è più abbordabile e semplice, allora credo che la gente la utilizzerà nel modo che ritiene migliore. da questo punto di vista mi piace il fatto che internet offra questa nuova forma di democrazia, mi spiace non averla ancora potuta utilizzare se non in tempi molto recenti.

ho un paio di domande più leggere: continui a interessarti di musica nuova? cos'è che ascolti in questo periodo?

ascolto molto jazz, molta musica classica. non ascolto più punk così spesso, non mi interessa più. ho sentito il disco di antony and the johnsons, quello nuovo, e penso sia molto bello. mi piace come scrive i testi, e mi piace la sua voce. credo sia un disco davvero molto interessante. credo che al giorno d’oggi il jazz sia vicino al cuore e all’anima quanto lo era il punk una volta, ed ora non è più. è per questo che mi piace collaborare con musicisti jazz, è per questo motivo che mi piace ascoltare musica di questo genere.

qual è il disco che preferisci tra quelli pubblicati da crass records?

penso mi piacciano tutti.

anche quelle raccolte di demo?

certo, i “bullshit detector”. erano raccolte favolose, come avrei voluto ripubblicarle. mi piacciono perché sono una testimonianza di quello che davvero faceva la gente. non c’erano gruppi che vanno in uno studio a fare finta di suonare rock’n’roll, era gente che suonava nelle cantine, faceva rumore e ragionava con la propria testa. Penso che siano dischi bellissimi, mi piacerebbe ripetere quell’esperienza.

di quali dischi dei crass sei più soddisfatto?

di tutti.

bene, ho finito, penny. è stato un piacere.

anche per me. ciao.

 

the feeding of the 5,000
[note tratte dalla seconda edizione di "the feeding of the 5,000", crass records 1980]

nel 1978 abbiamo cominciato a chiederci se non era davvero il caso di fare qualcos'altro, oltre al suonare in pub pressoché deserti o davanti a un pubblico inesistente. il roxy club era stato chiuso, londra dormiva, il punk era morto... l'unico concerto che avevamo fatto a londra quell'anno assieme con gli uk subs non aveva assolutamente ricevuto riscontro dalla gente. noi avevamo suonato per primi, con i subs che stavano lì a guardarci, poi suonarono loro e rimanemmo noi a guardare. erano davvero bravi, ed anche noi non eravamo niente male. ma fino a quando potevamo sostenere una situazione simile? poco dopo quel disastroso concerto, pete stennet della small wonder si mise in contatto con noi: aveva sentito un nostro demotape e voleva che facessimo assieme un 45 giri. siccome non riuscivamo a metterci d'accordo tra di noi su quali canzoni scegliere per questo single, ne abbiamo registrate tante.
è così che è nato "the feeding of the 5,000", e già da subito iniziati per noi i problemi. nessuno era disposto a stampare questo disco con il pezzo "asylum" dentro, quindi dopo molte discussioni tra di noi abbiamo deciso di toglierlo. il disco uscì per small wonder senza quella canzone, e venne accolto dalla stampa musicale in maniera estremamente negativa ed offensiva. qualche mese dopo siamo riusciti a stampare "asylum", una volta trovato uno stabilimento che non si facesse troppi problemi. l'abbiamo riscritta e in parte modificata, e l'abbiamo messa in circolazione su un single pubblicato per un'etichetta col nostro nome: crass records. questo nostro lavoro è stato premiato da una visita di scotland yard a casa nostra e da alcune denunce per vilipendio alla religione. le rogne, dunque, sembrava stessero cominciando per davvero.
in quei giorni avevamo appena iniziato a registrare il nostro secondo album "stations of the crass" per small wonder, ma pete e mary si erano stancati dei grossi problemi che la loro etichetta stava incontrando man mano che registrava i primi successi. ci siamo decisi allora a pubblicare il nostro materiale per nostro conto, e abbiamo ricomprato i diritti per "the feeding of the 5,000" da small wonder quando pete e mary decisero di chiudere l'attività. è stato così che abbiamo ripubblicato il nostro disco d'esordio per la nostra etichetta personale, e con "asylum" come primo brano com'era nel nostro iniziale progetto.



  
a/sides
[testo di penny rimbaud tratto dalla presentazione dei cd "a/sides", aprile 1992]

abbiamo fondato l'etichetta crass records nel 1979, più che altro per essere in grado di pubblicare "stations of the crass", il nostro secondo album. "the feeding of the 5,000", pubblicato da small wonder, aveva sino ad allora venduto all'incirca cinquemila copie, quindi preventivammo una tiratura simile per "stations". a due settimane dall'uscita, ne avevamo vendute oltre ventimila copie: improvvisamente, ci si ritrovava con quello che per noi era un sacco di soldi. lo slogan "fatelo da soli" era servito a illudere la gente con molte promesse: proprio allora le stelle del punk se ne stavano dimenticando, per iniziare la traversata dell'atlantico. ci siamo proposti quindi di mantenere almeno una parte di quelle promesse: gli incassi della crass records ne sarebbero stati il mezzo. sin dall'inizio abbiamo deciso di imporre al nostro materiale un prezzo di vendita il più basso possibile. è stata questa la politica che ci ha sempre contraddistinto, dai nostri primissimi concerti con i poison girls all'assoluto rifiuto di commercializzare magliette e spille con il simbolo del gruppo, sino a produrre dei dischi messi poi in vendita ad un prezzo inferiore al reale costo di produzione. nessuno si è arricchito negli anni di attività dell'etichetta. la maggior parte delle uscite è andata in pareggio, ma siamo riusciti talvolta a dividere qualcosa con i vari gruppi.
il profitto non è mai stato il nostro scopo. l'idea era quella di dare un'opportunità a gruppi musicali che altrimenti non sarebbero mai stati in grado di registrare il loro materiale e farlo conoscere alla gente. alcuni gruppi, forti di quest'esperienza, sono riusciti a mettere in piedi attività analoghe: flux of pink indians, conflict, rudimentary peni ed altri. la maggior parte dei gruppi della nostra etichetta li abbiamo conosciuti per strada. nel caso degli zounds e dei mob l'espressione è proprio da prendere alla lettera: il loro furgone ebbe un guasto nelle vicinanze di casa nostra, ed il nostro rapporto iniziale non fu come musicisti ma come pseudo-meccanici! altri li abbiamo conosciuti ai concerti: il nostro primo incontro con i flux of pink indians avvenne dopo che avevano organizzato un boicottaggio di un nostro concerto credendoci dei fascisti!
prima di fondare la crass records avevamo fatto numerosi concerti assieme ai poison girls (che già avevano fondato un'etichetta discografica propria, la xntrix), e fu grazie a loro che incontrammo honey bane, di cui pubblicammo uno dei primi dischi della nostra etichetta. raramente abbiamo prodotto materiale di gente che ci aveva inviato dei nastri dimostrativi, ne abbiamo invece utilizzati moltissimi per pubblicarli nella serie dei vari "bullshit detector". ovviamente ci sono state delle eccezioni: andy t, ad esempio. ricordo bene di essere rimasto colpito da come riusciva a tenere sotto controllo la sua pazzia: non si poteva non registrare le sue performance. altre volte certa gente improvvisamente si metteva in contatto con noi. captain sensible un giorno ci telefonò e chiese: "facciamo qualcosa assieme?". "perché no?" fu la risposta, l'inizio di un'amicizia forte che dura tuttora.
l'etichetta crass records, invece che un'impresa commerciale è stata piuttosto una vetrina ideologica: tutti i musicisti che hanno contribuito con i loro lavori lo hanno fatto perché per loro il messaggio era più importante del mezzo. dal rapporto di fratellanza e collaborazione con i poison girls (la cui visione caustica del femminismo veniva a temperare le nostre posizioni più aggressive) alla sperimentazione senza compromessi di annie anxiety, dal grido acuto dei conflict alle internazionalizzazioni surreali dei cravats, dagli anarchici rivoluzionari nordirlandesi hit parade al canto ristoratore di jane gregory: è stato per noi un privilegio aver avuto l'opportunità di collaborare con talenti così diversi.
credo che una raccolta come questa sia finalmente in grado di affossare il mito stupido che il punk non sia stato che una sciocca e atipica dissonanza alla faccia della musica leggera. pezzi come questi sono la rappresentazione di un periodo storico durante il quale l'industria musicale è stata costretta a mollare la presa, un periodo in cui la gente si è riappropriata di ciò che realmente le apparteneva celebrando la propria vittoria per mezzo di musica e suoni. l'industria musicale ha imparato presto la lezione, ed è riuscita presto a riprendere il controllo: date solo un'occhiata a cosa c'è oggi nelle classifiche di "musica alternativa" e capirete quanto indietro siamo tornati. passerà chissà quanto tempo prima che si riesca a localizzare un altro loro punto debole, chissà quanto tempo dovrà passare prima che si riescano a fare registrazioni della stessa natura di queste che abbiamo raccolto in questo disco. e mentre vi divertite ad ascoltarle, ricordate bene che niente di queste musiche è stato fatto per soldi: questa è musica popolare, musica della gente, per la gente. in una società in cui l'ingordigia e l'interesse economico sono divenuti dei valori di comportamento accettabili, è naturale che ci si volga all'indietro a ricordare i bei tempi andati. il sogno non è finito, comunque: ha soltanto bisogno di nuove strade per esprimersi. davvero, credo che ci riusciremo.
tutto il potere al popolo. non esiste alcuna autorità al di fuori di te stesso.

 

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